FANTASTICI MITI - IC 16 Valpantena

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Scuola Secondaria di I grado
“Augusto Caperle”
Racconti mitici
degli alunni della classe I D
Anno scolastico 2014-2015
Com’è nata la luna
In principio, l’universo durante la notte era buio e cupo, e gli uomini si
chiedevano perché fosse così.
Un giorno il capo del villaggio, un vecchio saggio, buono e rispettoso,
chiamò tutti gli abitanti di Muwa, un paese piccolo ma ben curato e
coltivato, per dire loro che ormai era vicino alla morte e che intendeva
eleggere un nuovo capo, che prendesse il suo posto. Ma doveva essere
chi sapeva cos’era necessario per la vita del popolo.
Suo figlio ci pensò, e si accorse che mancava una cosa importantissima
per la loro vita: la luna. Così andò a dirlo al capo. La luna era l’unica
cosa che avrebbe potuto aiutare, di notte, i cacciatori di animali feroci a
non farsi uccidere.
Allora il padre richiamò tutto il villaggio e disse: “Quando morirò, il
capo sarà mio figlio, perché è colui che ha pensato e capito cosa serviva
per illuminare il nostro mondo.”
Un abitante, però, chiese: “ Ma come faremo ad avere la luna, se non
sappiamo come realizzarla e portarla al cielo, in modo che ci illumini? Il
vecchio rispose: “Dio mi ha promesso che, quando morirò, salirò al cielo.
Io diventerò luna, e salverò tutti voi dalle tenebre della notte.”
1
Dopo poche settimane, il capo del villaggio morì e avvenne come gli
aveva promesso Dio. Salì al cielo e si trasformò in luna. Tutti erano felici
di avere la luna, ma anche tristi, per la perdita del loro capo, saggio e
buono.
Grazie alla luna, però, tutti gli abitanti furono salvi dagli animali feroci
che, di notte, li attaccavano. E Dio decise di donare la luna agli abitanti
di Muwa, per la gentilezza, la bontà e la saggezza del vecchio capo.
(Carlotta B.)
2
L’arcobaleno
Quando il mondo era appena stato creato, Dio si accorse che il cielo
era monotono e triste, così decise di creare qualcosa di più colorato e
speciale: l’arcobaleno!
Subito si mise al lavoro e rubò dal sole i colori più caldi: il rosso,
l’arancione e il giallo. Poi andò nella foresta e prese tutte le tonalità
di verde. Dal mare raccolse il blu, e dai fiori il rosa.
Tutti i colori li mise in una scatolina e, giunto in cielo, li lanciò.
E così creò l’arcobaleno.
(Giulia B.)
3
L’origine del girasole
In un paesino dove pioveva
sempre, abitava un ragazzo di
nome Guglielmo che non aveva
mai visto il sole né il cielo
azzurro; un giorno decise di
andare in un altro villaggio, e
così fece.
Cammina cammina, trovò un villaggio dove in cielo, al posto dei
nuvoloni grigi, vide l’azzurro. Ma vide anche, in mezzo a quella distesa
azzurra, una sfera luminosa, calda e gialla.
Non sapeva cosa fosse, ma c’era qualcosa che lo attraeva, e gli dava un
senso di positività, di allegria e di gentilezza.
Camminando per strada, trovò poi un bambino da solo che piangeva
perché non trovava più sua madre. Il ragazzo, in pena per lui, aiutò il
bimbo e lo portò a casa dalla sua mamma. La donna, grata per quello
che aveva fatto quel buon giovane, gli offrì un riparo per la notte ed il
ragazzo accettò e restò.
In sogno, quella notte, un dio gli parlò e gli disse: “Il sole ti ha dato la
gentilezza e la bontà, per cui io trasformerò questi sentimenti in un
fiore, ma non in una pianta qualsiasi. Tu sarai un fiore che guarda
sempre e comunque il sole: un girasole.“
Guglielmo, senza pensarci due volte, accettò. E da allora, il girasole
guarda sempre e comunque nella stessa direzione: verso il sole.
(Sofia B.)
4
L’origine della luna
Un contadino e sua moglie
ebbero un figlio, di nome Lunario.
Il giovane era bellissimo, con
lunghi capelli biondi ed inanellati,
con occhi verdi come i boschi.
Purtroppo, egli era di una vanità
che non si era mai, mai vista
prima. Oltre ad essere vanitoso, era anche superbo, e teneva un
atteggiamento mellifluo.
Sua madre, una donna molto buona e gentile, pregava ogni giorno la
dea Madre perché il figlio diventasse più buono e gentile verso la gente
che incontrava.
Una notte la madre chiese alla dea: “Oh, dea Madre! Aiutami tu, con
questo figlio ignobile ed antipatico”.
La dea le rispose dicendole: “ Ebbene sì, ti aiuterò! C’è un solo modo
per far sì che diventi più buono: darti in sacrificio.” Così la madre
accettò e chiese alla dea ciò che doveva fare.
La dea rispose: “Domani a mezzanotte, presentati al tempio della Luna.
Arrivata là, entra. Sull’altare troverai una pozione, dovrai dunque
immergere il pugnale nella pozione, poi andare alla luce ed immergere
il pugnale per terra.
La donna lo fece e, magicamente, si trasformò nella luna che brilla nel
cielo. Il figlio, venuto a sapere del sacrificio della madre alla dea, da
allora si comportò bene, diventò buono e generoso. E la madre restò
lassù in cielo, a sorvegliarlo dall’alto.
(Elisa C.)
5
L’origine della
stella alpina
Vi fu un tempo nel quale visse
una bellissima coppia di sposi,
entrambi biondi e dagli occhi
azzurri. Non avevano figli ed
erano amanti della natura. A
loro piaceva girare il mondo e
fare molti viaggi.
Un giorno, decisero di scalare il monte Vita; volevano raggiungere la
vetta più alta, sulla quale viveva la dea della vita: Nisol.
I due giovani, il giorno prima di partire, andarono al tempio dedicato a
quella divinità e si consultarono sull’idea di affrontare il viaggio, ma
furono distolti dal messaggero della dea. Nessuno aveva mai tentato di
scalare quel monte impervio, perché era troppo pericoloso. Inoltre, la
dea non voleva farsi vedere e non voleva che scovassero il suo
nascondiglio.
I giovani tornarono a casa sconsolati, ma il ragazzo non si arrese e
convinse la moglie a disubbidire a Nisol ed a partire ugualmente per il
monte Vita. E così fecero. La mattina seguente, prima di partire,
attaccarono all’esterno degli zaini dei vetrini che, con il sole, avrebbero
luccicato come degli specchi: volevano che Nisol li potesse vedere lungo
il cammino. La dea potè, così, tenerli continuamente sotto controllo.
Nisol fece capitare loro una serie di sventure, ma loro avevano sempre
una soluzione per tutto e riuscirono a superarle. La dea, allora, lanciò
loro delle sfide praticamente impossibili da superare, essendo convinta
che, non riuscendo a superarle, sarebbero tornati indietro, ma non fu
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così. I due sposi non cedettero alla stanchezza e proseguirono il loro
cammino. Trovarono anche punti più pericolosi sul percorso, ma erano
bravissimi soprattutto nelle situazioni più difficili e quindi quei sentierini
esposti per loro non erano un problema. Nisol, che pensava sarebbero
tornati indietro, si arrabbiò talmente tanto quando scoprì che erano
riusciti ad oltrepassare quei punti critici, che scatenò un putiferio.
Procurò una grande nevicata, che li avrebbe convinti a tornare indietro.
La moglie era tanto stanca, e implorò il marito di abbandonare
l’impresa, ma lui n on aveva intenzione di fermarsi e così non lasciò
scelta alla ragazza: dovette seguirlo.
C’era molto freddo, i viveri stavano finendo, la moglie non ce la fece più
e morì. Il marito proseguì, lasciandola lì sotto la candida neve.
Quando fu quasi in cima, Nisol lo fermò trasformandolo in un bel fiore:
la stella alpina. Gli diede quel nome perché i vetrini che si era attaccato
allo zaino, lo facevano brillare come una stella, ed è per questo che la
dea della vita si ispirò a quel nome.
Ancora oggi, quando andiamo a camminare in alta montagna,
possiamo trovare questo fiore sul prato o anche tra la roccia,
accompagnato da un ciuffo d’erba.
(Cecilia F.)
7
L’origine delle strisce delle zebre
Tanto tempo fa Gio, un animale bianco simile a un cavallo ma un po’
più piccolo, era diventato invidioso di un cavallo con le macchie nere.
Ogni giorno lo pedinava per scoprire come fosse riuscito ad avere
quelle macchie sul proprio corpo. Il cavallo scappava, ma non sapeva
da che cosa.
Un giorno, mentre Gio stava spiando il cavallo, il dio Giove disse:
“Metto anche questo animale senza strisce nella gabbia, per fare una
bella collezione”. Subito dopo, il cavallo si accorse che il suo amico
non c’era più, allora si mise in cammino per cercarlo.
Non lo trovò, così chiese a Giove, il quale non gli era simpatico, se per
caso l’avesse visto. Giove gli rispose che non sapeva di cosa stesse
parlando. Il cavallo però sapeva che Giove faceva la raccolta di
animali rari e si insospettì. Si intrufolò in casa di Giove e, visto Gio, lo
lib e rò .
Temendo che Giove l’avrebbe ripreso, lo pitturò con strisce nere per
non farlo riconoscere. Così nacque un nuovo animale: la zebra.
(Giulio G.)
8
La l una
In una fredda serata d’inverno,
tanto tempo fa, un lupo, solo sulla
cima di una vetta, ululava. Però gli
ululati del lupo erano così dolci che
la principessa della notte li sentì, e
si meravigliò. Voleva uscire per
vedere chi emetteva quei bei suoni,
ma non poteva, perché la luce delle
stelle l’avrebbe uccisa. Quindi si
mise a pensare come avrebbe potuto fare. Passarono molti giorni e la
principessa non poteva togliersi dalla testa quella bella ninnananna,
che ogni notte continuava a sentire.
Finalmente le venne un’idea. Visto che lei non poteva vedere la luce,
pensò che se lei fosse diventata la luce stessa, più forte e più
intensa,le altre luci non avrebbero potuto consumarla. Così la notte
seguente compì un incantesimo: siccome le stelle erano praticamente
delle piccole palline, lei si trasformò in una grande sfera, e racchiuse
in sé tutta la luce della terra. Passò tutta la notte ad ascoltare quel
bel canto, dall’alto del cielo.
La principessa felice all’alba rientrò a palazzo e trovò suo padre, il re,
ad attenderla. Furioso, si era accorto dell’incantesimo che la figlia
aveva escogitato. Decise di punirla: le disse che se le piaceva tanto
ascoltare quel lupo sarebbe rimasta per sempre quella grossa palla, e
ogni notte avrebbe dovuto illuminare per il resto della sua vita le buie
notti.
Durante il giorno la giovane, nelle sue sembianze umane, restava
chiusa a chiave dai suoi genitori nella propria camera, aspettando
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con ansia l’arrivo della sera. Al tramontare del sole lei usciva dalla
sua finestra e saliva nel cielo, grazie a scalini di nuvole. Da quel
giorno, la principessa cambiò nome e volle che tutti la chiamassero
Lu n a .
(Anna G.)
10
Il giaguaro
In un’era molto lontana, viveva uno splendido animale dal manto color
miele e dotato di grande forza e velocità. Il giaguaro era un abile
arrampicatore, temuto da tutti perché estremamente feroce e pericoloso:
infatti uccideva le sue prede mordendo loro la testa e provocando così la
morte immediata.
In una notte stellata, mentre si aggirava nei pressi del fiume che
attraversava la sua fitta foresta, udì le urla di un animale in pericolo e
pensò di cogliere l’occasione per divorare l’ennesima vittima.
In un baleno fu addosso alla sua piccola preda, che lottava
disperatamente contro la corrente del fiume cercando di arrampicarsi
sugli argini. Il giaguaro spalancò le fauci per stritolare la testa della
piccola vittima quando, per un breve istante, ne incrociò lo sguardo. Gli
occhi pieni di terrore del cucciolo di zebra riflettevano le stelle lucenti del
cielo. Il giaguaro ne restò abbagliato, prese con delicatezza la testa della
zebra, la trascinò il salvo e poi scappò.
Il giorno seguente, al suo risveglio, vide che tutto il suo manto era
ricoperto di macchie, evidenti come le stelle del cielo. Decise che mai più
avrebbe cacciato nelle notti stellate.
(Eleonora L.)
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La nascita della luna
Un tempo in cielo non c’era la luna, ma solo il sole e le stelle.
In una città, abitava una ragazza che era molto bella e tutti la
ammiravano e dicevano che era più bella di Afrodite, la dea della
bellezza.
Afrodite, però, sentì questi complimenti e si offese. Così, un
pomeriggio, quando Luna, questa bella ragazza, ritornò a casa, le
lanciò un incantesimo: “ Pian piano ti discioglierai e andrai in cielo. E
lì rimarrai per sempre.”
A queste parole, Afrodite scomparve e Luna si trasformò nella luna
che conosciamo noi, ma non perse i suoi ammiratori: anche oggi,
molte persone ammirano la sua bellezza.
(Aurora M.)
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L’origine dell’arcobaleno
In un tempo lontanissimo, in luogo profondo e oscuro della Terra,
viveva il dio dell’acqua: Acquos.
Si sentiva molto solo, in quelle viscere buie e fredde, dove non
arrivava nemmeno un raggio di sole.
Stanco di quella solitudine e triste, cominciò a scavare tra le rocce, fin
quando un giorno appare un piccolissimo puntino luminoso che lo
scaldò e lo avvolse in un tepore magico.
Fu una sensazione stupenda, che gli diede motivo per proseguire e
scoprire cosa fosse. Scavò per anni prima di riuscire ad arrivare alla
luce vera e immensa del mondo esterno. Cadde nel vuoto come una
cascata d’acqua e fu avvolto dalla luce e dal calore della dea Sole.
Si innamorò all’istante, ma lei era già corteggiata da molti altri dei:
doveva essere conquistata e stupita.
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Così il dio Acquos decise di donarle qualcosa che potesse meravigliare
l’intera natura, e rendere la dea Sole ancora più bella. Qualcosa che
solo dalla loro unione poteva nascere.
Cascò di nuovo tra le sue braccia luminose e calde e, come per incanto,
la baciò con una corona formata dai colori di tutte le gemme più
profonde che si trovano nelle profondità della terra e che solo lui
conosceva. Gliele donò, per adornarla di colori incantevoli. La bellezza
di questi colori doveva rappresentare il loro amore e, quindi, si poteva
manifestare solo con la loro unione.
Ancora oggi, se sei fortunato, puoi vedere questo magnifico
spettacolo, che stupisce sempre le persone lasciandole a bocca aperta
per la sua bellezza: l’arcobaleno.
(Nicola M.)
14
La nascita della luna
Un giorno, in Africa, degli uomini volevano andare a cacciare nella
notte buia.
Notarono che c’era troppo buio e non sapevano come fare, così presero
due pezzi di legno e fecero il fuoco. Lo misero dentro una lanterna e
andarono a caccia.
Visto che non potevano accendere sempre il fuoco, perché ci mettevano
tanto, chiamarono il dio della luce e gli spiegarono il loro problema.
Il giorno seguente, quello chiamò tutti gli abitanti del villaggio e disse
che sapeva come ottenere un po’ di luce per la notte.
Aveva inventato un cerchio tondo simile al sole, pieno di luce; lo mise
nel cielo mentre era notte, però così sembrava sempre giorno e gli
abitanti si lamentarono.
Allora, quel cerchio lo divise a metà e poi ancora a metà. E solo alcune
parti potevano brillare nella notte. Era nata la luna.
(Chiara M.)
15
Come nacquero le stelle
C’era un giorno il sole che voleva degli amici e decise di creare le
stelle. Pensò di usare la sua luce per formare la prima stella.
Lo aiutò la luna: gli diede più luce, ma chiese al sole di far luccicare le
stelle solo di notte. Il sole accettò.
La prima stella chiese al sole di far venire altre stelle, per avere più
amici. E il sole diventò ancora più felice, perché con tante stelle aveva
più amici. Così, creò un sacco di stelle.
Da quel giorno, ci sono tante stelle nel cielo.
(Aseosa O.)
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L’origine della proboscide dell’elefante
Un tempo gli elefanti
non
avevano
la
proboscide ma un “naso”
molto più corto.
Un bel giorno nella tribù
degli elefanti nacquero
due elefantini. I due
crebbero insieme, belli e
forti; quando arrivarono
alla giovinezza erano diventati due elefanti grandissimi.
Un giorno uno dei due lanciò una sfida all’altro: chi avesse avuto più
coraggio, tanto da mettere la testa nel fiume dei piragna e ne fosse
uscito senza neanche un graffio avrebbe sposato la principessaelefante.
Incominciarono la sfida e misero la testa nell’acqua. Due piragna, i
più forti, addentarono i loro nasi, allora i due elefanti cominciarono a
tirare, tirare e tirare finché, dopo una buona mezz’ora, riuscirono a
tirare fuori le teste dall’acqua e ci rimasero malissimo quando videro i
propri cambiamenti riflessi nell’acqua. Ora avevano due nasi
lunghissimi! Pensarono: “Chissà se qualcuno ci vorrà ancora. Siamo
così diversi!?”
Così tornarono al villaggio a teste basse e tutti li guardarono
meravigliati. Allora il primo elefante disse: “ Lo so che siamo diversi,
ma accettateci comunque, per favore!”
Loro non avevano capito, ma erano diventati ancora più belli e così
tutte le elefantesse, comprese le due principesse, andarono intorno a
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loro per dirglielo. Dopo la spiegazione, i due elefanti sposarono le due
principesse e da loro nacquero un sacco di piccoli elefanti con la
proboscide che, giunti all’età adulta, si sposarono tra loro. Così iniziò
la stirpe degli elefanti con la proboscide.
(Matilde P.)
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La nascita dell’arcobaleno
Era da poco passato mezzogiorno, quando Micaela riprese a lavorare
dopo aver finito di mangiare insieme ai suoi genitori. Stavano
lavorando un campo di mais che apparteneva a sua nonna. Era una
bellissima giornata con un sole splendente e nemmeno una nuvola in
cielo.
Micaela era molto felice di aiutare la sua mamma a lavorare la terra.
Nel frattempo, nell’alto dei cieli, il Dio della pioggia decise di bagnare
la terra dell’antica Dacia con un bell’acquazzone, quindi ordinò alle
nuvole di affacciarsi nel cielo.
Micaela alzò lo sguardo e vide che da una parte c’era il sole e
dall’altra delle nuvole minacciose. Decise allora di dire a sua mamma
che era meglio incamminarsi verso casa, perché presto la pioggia
sarebbe arrivata. Sua mamma le rispose che il sole avrebbe mandato
via le nuvole, ma questa volta non fu così.
In men che non si dica la tempesta arrivò insieme alla grandine. Tutto
il cielo diventò scuro.
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Purtroppo non avevano un posto in cui ripararsi dalla tempesta.
Micaela insieme ai suoi genitori cominciò così a correre per la via di
casa, riparandosi dalla pioggia con quello che avevano portato: due
sacche in cui avevano depositato il pranzo.
Micaela era molto spaventata perché non aveva mai visto una
tempesta così forte. Continuando a correre verso casa, sperava solo
che tutto finisse presto, nel suo cuore cominciò ad odiare fortemente
la p io g gi a .
Il Dio, vedendo l’odio della ragazza verso di lui, decise di fermare
tutto facendole un bel regalo: una bella striscia con tanti colori vivi e
accesi, l’ arcobaleno; facendo così, pensava che Micaela non avrebbe
più odiato la pioggia.
Felicissima che la pioggia si fosse placata, la fanciulla alzò la testa e
vide l’arcobaleno. Pensò che i colori fossero bellissimi e che era la
prima volta che vedeva una cosa così bella. Pensò anche che, se ogni
volta che la pioggia si placava veniva fuori l’arcobaleno, poi tanto
male non era. Smise così di odiare la pioggia. E così fu creato
l’arcobaleno.
(Erika P.)
20
Le strisce delle zebre
Tanto tempo fa, nelle praterie, c’erano solo i cavalli.
Ne esistevano di due colori: bianco e nero. I cavalli bianchi erano
molto vanitosi: credevano di essere più belli ed apprezzati degli altri.
Quelli neri, invece, erano assai modesti e dovevano sopportare tutte
le prese in giro da parte dei cavalli bianchi.
Un giorno Dio se ne accorse ed esclamò: “I cavalli bianchi sono
troppo presuntuosi, bisogna dar loro una lezione!”
Il mattino seguente i cavalli bianchi si accorsero di avere il manto a
strisce bianche e nere, ma quando andarono da Dio per ricevere
spiegazioni, Lui rispose soltanto: “Scusatevi con i cavalli neri,
smettete di essere presuntuosi e tutto tornerà come prima.”
Alcuni lo ascoltarono e tornarono di colore bianco, ma altri, che erano
troppo orgogliosi per scusarsi, preferirono restare così.
Da quel momento nacquero le zebre con le loro strisce; per la
vergogna galopparono per giorni e giorni fino ad arrivare nella
savana, dove ancora oggi vivono.
(Caterina S.)
21
L’origine della luna
In un tempo molto antico, la
luna non esisteva; solo il sole
illuminava la terra, però
esclusivamente di giorno.
Per questo di notte c’era il buio
più assoluto, più scuro della pece.
Gli uomini quindi, calato il sole,
affrontavano
alcune
o re
insidiose: i coccodrilli iniziavano ad addentrarsi nelle abitazioni degli
antichi abitanti della Terra, gli elefanti abbattevano le costruzioni e
perciò ogni mese morivano almeno un centinaio di persone.
Il sole, resosi conto che la terra era in grave pericolo di notte, decise
di intervenire; staccando una parte di sé il sole creò la luna che
facilitò la sopravvivenza umana.
Gli uomini così non dovevano più combattere alla cieca le fiere;
invece la luna portò loro un vantaggio: potevano difendersi
uccidendo gli animali che li attaccavano e, nello stesso tempo, si
guadagnavano dell’abbondante cibo.
(Cesare Z.)
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Come nacque la luna
In un tempo antico la notte si
riempiva di stelle, però mancava
qualcosa: la Luna!
In un piccolo popolo dell’Africa
viveva un uomo famoso per il suo
grande cuore. Il suo nome era Altair.
Un giorno egli si innamorò di una
fanciulla di nome Kalay e Altair cominciò a seguirla di nascosto,
giorno e notte. Continuò per mesi, mesi e mesi. Poi, stanco di seguirla,
andò da una vecchia veggente e le chiese: “Questa fanciulla si
innamorerà di me?”. La veggente, dispiaciuta, gli rispose: “No!”
Altair, disperato, chiese se c’era qualche modo per farla innamorare
di lui, e la veggente rispose: “Sì, però dovrai portarmi dall’altra parte
dell’isola e farmi bere l’acqua dell’eterna salute. Fatto questo, devi
prendere un filo d’oro.”
Il giorno seguente Altair si preparò e andò nella casa della veggente,
e la portò alla fonte. Fatta bere l’acqua dell’eterna salute, riportò la
veggente a casa. Tornato a casa anche lui, gli venne in mente che
avrebbe dovuto prendere il filo d’oro, però non gli diede importanza.
Allora la veggente lo maledisse, in modo che nessuno potesse
innamorarsi di lui. Altair, sicuro di sé,andò da Kalay e dichiarò il suo
amore, però lei scappò. Altair, in lacrime, prese il suo cuore e lo donò
al cielo. E siccome era un cuore puro, iniziò a brillare. E così è nata la
Lu n a .
(Hegoi Z.)
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