04_Martinis 39..62

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Aevum, 86 (2012), fasc. 1
LIVIA DE MARTINIS
q 2012 Vita e Pensiero / Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
I DEMOCRATICI ATENIESI DOPO CHERONEA
ALLA LUCE DEL NUOVO IPERIDE
SUMMARY: This paper considers the state of the democratic party in the years between the battle
of Chaeroneia (338 BC) and Alexander’s invasion of Asia (334 BC), focusing on the relations
among its most important representatives, Demosthenes, Hypereides, and Lycurgus. The discussion centers around Eucrates’ law (336 BC), and Hypereides’ speech Against Diondas (recently
discovered in the so-called Archimedes’ Palimpsest) is compared with Demosthenes’ On the
Crown, which proves to be analogous in language and topics. So the hypothesis of internal
struggles in the Athenian democratic party (between the moderate side lead by Demosthenes
and the radical side lead by Hypereides) is rejected and the year 334 BC is proposed as terminus post quem for the origin of these struggles.
1. Quadro storico
All’indomani della battaglia di Cheronea la scena politica ateniese era dominata
dai sostenitori della lotta politica e militare a oltranza1. Gli Ateniesi, infatti, si
aspettavano che Filippo marciasse sulla loro città 2 e, su esortazione di Demostene
e Iperide, misero in atto diverse misure di emergenza: ripararono al Pireo donne,
bambini e oggetti sacri; stabilirono, per mezzo di un decreto proposto da Iperide,
che la boule´ sedesse in armi 3 e si adoprarono, allo scopo di costituire un nuovo
esercito di opposizione a Filippo, perché gli atimoi e i meteci fossero equiparati,
gli schiavi manomessi e gli esuli richiamati 4; inoltre il demos approvò un decreto
1
Nel complesso questi individui dovettero fare leva sul disagio morale e sull’irrazionale volontà dei molti di riconquistare la perduta posizione di preminenza; cfr. M. FARAGUNA, Atene nell’età di Alessandro, «MAL», 9/2 (1992), 165-447: 251.
2
Lyc. I 39-40.
3
Lyc. I 36-37.
4
Lyc. I 41 e [Plut.] Mor. Vit. X orat. 849a. Sulla proposta di Iperide cfr. M.J. OSBORNE, Naturalization in Athens, I, Brussels 1981, 67-68. In relazione al decreto in questione Iperide subı̀
anche un’accusa di illegalità da parte di Aristogitone, cfr. M.H. HANSEN, Graphe paranomon: la
sovranità del tribunale popolare ad Atene nel IV secolo a.C. e l’azione pubblica contro proposte incostituzionali, Torino 2001 (ed. orig. Odense 1974), nº 27, 36-37: la difesa dell’oratore si
fondò sull’affermazione secondo cui ejpeskovtei ... moi ta; Makedovnwn o{pla. Oujk ejgw; to;
yhvfisma e[graya hJ d’ ejn Cairwneiva/ mavch («gli eserciti della Macedonia avevano fatto scende-
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L. DE MARTINIS
per il restauro delle mura al Pireo 5. Mentre la polis si preparava cosı̀ a sostenere
il possibile assedio di Filippo, durissimi provvedimenti furono presi contro traditori e disertori 6, giungendo addirittura alla condanna di uno degli strateghi, Lisicle,
in seguito all’accusa intentata contro di lui da Licurgo 7.
Attraverso l’analisi delle fonti pubblicistiche, storiografiche e biografiche a nostra disposizione, anche se non sempre facilmente conciliabili fra loro, è possibile
ricostruire un quadro attendibile della situazione. Diodoro ricorda in particolare la
stipula della cosiddetta pace di Demade, conclusa, soprattutto grazie alle trattative
abilmente condotte da Demade stesso 8, a condizioni insperatamente miti per Atene:
Filippo riconsegnò i prigionieri ateniesi senza richiedere alcun riscatto e rese alla
città i corpi dei caduti in battaglia, facendoli scortare da alcuni dignitari macedoni,
tra cui Alessandro; promise di non varcare mai i confini dell’Attica; non impose
nessuna guarnigione alla città e non mise in discussione il regime democratico; accrebbe il territorio cittadino con il cantone di frontiera di Oropo, tolto ai Tebani; lasciò agli Ateniesi le cleruchie di Samo, Lemno, Imbro e Sciro, nonché
l’amministrazione del santuario di Apollo a Delo 9. Da parte sua, Demostene sembra
re un’ombra sui miei occhi. Non sono stato io a proporre il decreto, ma è stata la battaglia di
Cheronea»), [Plut.] Mor. Vit. X orat. 849a; cfr. anche Hyp. frr. 27-39 Jensen e J. ENGELS, Hypereides: Studien zur politischen Biographie des Hypereides. Athen in der Epoche der lykurgischen Reformen und des makedonischen Universalreiches, München 1993, 124 ss.
5
IG II2 244 = Schwenk 3 (C. SCHWENK, Athens in the Age of Alexander. The Dated Laws
and Decrees of the Lykourgan Era 338-322 B.C., Chicago 1985).
6
Possiamo ricordare la celebre orazione di Licurgo Kat’ Aujtoluvkou (C. SCHEIBE - F.
BLASS, Lycurgi Oratio in Leocratem cum ceterarum Lycurgi orationum fragmentis, Teubner
1970 = Lyc. frr. 13-15 Blass): l’Areopagita Autolico venne accusato di viltà (deileiva") per aver,
dopo la battaglia di Cheronea, allontanato dalla città e messo al riparo la sua famiglia, contro
l’espresso ordine del decreto del popolo (Lyc. I 52-53). L’orazione è da riferire proprio al 338
a.C. I giudici condannarono a morte l’accusato. Cfr. anche [Plut.] Mor. Vit. X orat. 843d; Harpocr. s.v. Aujtovluko".
7
Diod. XVI 88, 1-2; [Plut.] Mor. Vit. X orat. 843d. Cfr. Lyc. frr. 77-79 Blass. Perché solo
Lisicle, e non anche i suoi colleghi Carete e Stratocle, sia stato accusato da Licurgo, è stato variamente spiegato: si pensa che proprio a Lisicle fosse toccata la prutaneiva il giorno della sconfitta o che altri oratori avessero assunto l’accusa degli altri generali; cfr. J.T. ROBERTS, Chares,
Lysicles and the Battle of Chaeronea, «Klio», 64 (1982), 367-72 e H. WANKEL, Die athenischen
Strategen der Schlacht bei Cheroneia, «ZPE», 55 (1984), 45-53. Oltretutto si ignorano i capi
d’accusa imputati a Lisicle: Diodoro (XVI 85, 7) si limita a dire che la causa della sconfitta doveva attribuirsi a imperizia dei generali ateniesi. Sembra, comunque, che l’accusa sia stata portata nella forma dell’eijsaggeliva; cfr. M.H. HANSEN, Eisangelia. La sovranità del tribunale
popolare ad Atene nel IV secolo a.C. e l’accusa contro strateghi e politici, Torino 1998 (ed.
orig. Odense 1975), nº 112, 147-48.
8
[Demades] I 9. Cfr. anche P. BRUN, L’orateur De´made. Essai d’histoire et d’historiographie, Bordeaux 2000, 58-59. Su Demade cfr. I. KIRCHNER, Prosopographia Attica, Chicago
1981, nº 3263; T. TALHEIM, s.v. Demades, in RE, IV (1901), 2703-04.
9
Diod. XVI 56, 6-7; XVI 87-88, 2. Cfr. anche Paus. VII 10, 5; Iust. IX 4, 4-5; Pol. V 10, 4.
Sulle clausole della pace cfr. H. BENGSTON, Die Staatsverträge des Altertums, III, Die Verträge der
griechisch-romischen Welt von 338 bis 200 v.Chr., München 1969, n. 402, 1-3. Si può immaginare
che la clemenza di Filippo fosse dovuta al fatto che vedeva gli Ateniesi prepararsi a una resistenza
a oltranza e voleva quindi evitare pene e difficoltà derivanti da un lungo assedio; in questa prospettiva, dunque, la disponibilità macedone a concedere ad Atene condizioni di pace estremamente favorevoli sarebbe stata in gran parte il risultato delle misure di emergenza per la salute pubblica
sollecitate da Iperide e Demostene; cfr. I. WORTHINGTON, Philip II of Macedonia, New Haven-London 2008, 155-56; P. CARLIER, Demostene, Torino 1994 (ed. orig. Paris 1990), 159-60.
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I DEMOCRATICI ATENIESI
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testimoniare, in particolare nell’epitaffio per i caduti da lui pronunciato 10, la diffusione di un sentimento di crescente pessimismo: si cominciò ad acquisire consapevolezza del fatto che la sconfitta sul campo di Cheronea «aveva in quel momento
posto fine alla libertà della Grecia» 11.
In questo clima generale, come sostiene Plutarco, i qorubopoioiv e i
newteristaiv, fautori di una difesa a oltranza, desideravano eleggere stratego Caridemo 12, mentre i bevltistoi, sostenitori di una politica prudente, convinsero il popolo, anche grazie all’appoggio dell’Areopago 13, ad affidare la città al più cauto
Focione 14. Alla guida di Atene, quest’ultimo assunse però un atteggiamento alquanto contraddittorio: da una parte si dichiarò a favore di un allineamento con la politica di Filippo; dall’altra, invece, si oppose all’accettazione del decreto proposto da
Demade, formulato nella prospettiva di adesione alla Lega di Corinto appena fondata da Filippo 15, quasi volesse cercare di ritagliare ad Atene un certo spazio di azione autonoma 16. D’altro canto è innegabile che, nonostante la scelta di affidare la
guida della città a Focione, il popolo ateniese non fosse pentito della politica bellicista messa in atto fino a quel momento e sfociata nella disfatta di Cheronea: a De10
Demosth. LX 23-24. Cfr. N. LORAUX, L’invention d’Athe`nes. Histoire de l’oraison fune`bre
dans la cite´ classique, Paris-La Haye-New York 1981, 123-27; I. WORTHINGTON, The Oratory of
Classical Greece, X. Demosthenes, Speeches 60 and 61, Prologues, Letters, Austin 2006, 21-37.
11
Plut. Dem. 19, 1: eij" ejkeiǹo kairou` sumperaivnousa th;n ejleuqerivan th`" JEllavdo".
L’importanza epocale della battaglia di Cheronea e il suo porre fine alla libertà dei Greci ritornano anche nell’orazione di Licurgo Contro Leocrate (I 49-50). Pausania il Periegeta, inoltre, ricordando la disfatta di Cheronea, la presenta come l’inizio dei mali per tutti i Greci (I 25, 3: to;
ga;r ajtuvchma to; ejn Cairwneiva/ a{pasi toi`" {Ellhsin h\rxe kakou`; «il disastro di Cheronea fu
all’origine delle sventure di tutti i Greci»): il male più grande originatosi da quella sconfitta sarebbe la doulei`a, vale a dire la schiavitù; questa, però, non riguardò gli Ateniesi, che mai avevano rinunciato a difendere la propria libertà, ma quanti si erano mantenuti neutrali o avevano
scelto la via dell’alleanza con i Macedoni; cfr. C. BEARZOT, Storia e storiografia ellenistica in
Pausania il Periegeta, Venezia 1992, 39.
12
Per un primo approccio alla figura di Caridemo cfr. J.S. TRAILL, Persons of Ancient
Athens, XVIII, Toronto 2009, nº 982190; W. HECKEL, Who’s Who in the Age of Alexander the
Great, Malden-Oxford-Carlton 2006, 84. Su questo episodio in particolare cfr. W. WILL, Athen
und Alexander. Untersuchungen zur Geschichte der Stadt von 338 bis 322 v.Ch., München
1983, 10-11 e n. 58. Sul proseguio della carriere di Caridemo, cfr. infra, p. 47 e n. 60.
13
Particolarmente interessante è il comportamento dell’Areopago: in precedenza allineato in
più di un’occasione con Demostene e in futuro in buoni rapporti con i democratici, l’Areopago
sembra in questa occasione manovrato dai filo-macedoni. Per una riflessione sulla contraddizione
esistente tra questo provvedimento filo-focioniano del 338/7 e il comportamento usuale dell’Areopago cfr. C. BEARZOT, Focione tra storia e trasfigurazione ideale, Milano 1985, 138.
14
Plut. Phoc. 16, 4. Sulla tendenziosità con cui Plutarco presenta questo scontro cfr. BEARZOT, Focione, 137-38. A essere tendenziosa è con ogni probabilità la fonte moderata e filofocioniana di Plutarco. Sulle tendenze moralistiche delle fonti moderate cfr. J. DE ROMILLY, Les
mode´re´s athe`niens vers le milieu du IV sie`cle: e`chos et concordances, «REG», 67 (1954), 32754: 337-39.
15
A. MOMIGLIANO, La koinh; eijrhvnh dal 386 al 338 a.C., «RFIC», 12 (1934), 482-514
(= Terzo contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, I, Roma 1966, 393-419);
T.T.B. RYDER, Koine eirene. General Peace and Local Indipendence in Ancient Greece, Oxford
1965.
16
Plut. Phoc. 16, 5. Sulla possibilità che la notizia dell’opposizione di Focione alla clausola
del decreto di Demade sia un falso creato dalla tradizione plutarchea per nobilitare il suo eroe,
cfr. l’ampia discussione di BEARZOT, Focione, 141. Cfr. anche WILL, Athen und Alexander, 18 n.
116.
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L. DE MARTINIS
mostene, e non a Eschine, fu affidato l’incarico di pronunciare l’epitaffio per i caduti 17; lo stesso Demostene, poi, venne prosciolto dalle numerose accuse intentate
contro di lui dai suoi avversari in occasione dei suoi rendiconti e di processi di carattere pubblico e continuò a essere onorato e prescelto per occuparsi degli affari
dello stato 18. Rimane in ogni caso il fatto che in questa fase Demostene, come dice
Plutarco, «ai decreti che propose non appose il proprio nome, ma, di volta in volta,
quello dei suoi amici, per tener lontani il cattivo augurio e il destino che lo riguardavano» 19.
A partire dall’anno 337/6 a.C., però, dopo la nomina di Filippo a comandante in
capo della Lega di Corinto, la decisione di portare guerra ai Persiani e l’assunzione
dell’impegno, da parte delle singole città greche, di inviare contingenti militari a
questo scopo 20, divenne più visibile ad Atene l’attività dei filo-macedoni. In quest’ottica si possono leggere alcuni decreti promossi da Demade e finalizzati a garantire ad Atene un’influenza presso la corte macedone e a promuovere buoni rapporti
con Filippo 21; nonché la concessione a quest’ultimo di una corona d’oro, in occasione del matrimonio della figlia con Alessandro re dell’Epiro 22. A questa stessa fase, inoltre, sarebbero da ascrivere l’erezione di una statua a Filippo e l’istituzione
di un culto in suo onore 23, se non addirittura la concessione al sovrano macedone
della cittadinanza 24. Fu in questo clima che Eschine avanzò un’accusa di illegalità
contro Ctesifonte, il quale aveva proposto di onorare Demostene per l’attività da lui
svolta con una corona d’oro 25.
Pur nel mutato clima generale, animato dalla vivace attività del fronte filo-mace17
Demosth. XVIII 285-288; Plut. Dem. 21 2; [Plut.] Mor. Vit. X orat. 846a.
Plut. Dem. 21, 1-3. Dopo la sconfitta Demostene fu eletto commissario per gli approvvigionamenti (Demosth. XVIII 248) e fu preposto alla gestione del qewrikovn (Aesch. III 24); fu
inoltre nominato tw` n teicw` n ejpimelhthv" (Aesch. III 27; [Plut.] Mor. Vit. X orat. 846a), proponendo già nel 337 lavori su ampia scala (IG II2 244 = Schwenk 3) e versando a questo scopo
un ingente contributo di cento mine ([Plut.] Mor. Vit. X orat. 846a), che gli valse la proposta
avanzata da Ctesifonte di assegnargli una corona d’oro. Sempre a Demostene si deve la destinazione di diecimila dracme per i fondi sacri e l’intensa attività diplomatica presso gli alleati alla
ricerca di fondi; cfr. [Plut.] Mor. Vit. X orat. 846a.
19
Plut. Dem. 21, 3: toi`" de; yhfivsmasin oujc eJautovn, ajll’ ejn mevrei tw` n fivlwn e{kaston
ejpevgrafen, ejxoiwnizovmeno" to;n i[dion daivmona kai; th;n tuvchn [...].
20
Diod. XVI 89, 1-3.
21
Tra questi decreti si ricordino: la concessione della prossenia ad Alchimaco (IG II2 239) e
a un altro macedone di cui è perduto il nome (IG II2 240 = Tod 181 [= M.N. TOD, A Selection
of Greek Historical Inscriptions, II, Oxford 1948] = Schwenk 7); il decreto per Euticrate di
Olinto (Suid. s.v. Dhmavdh") contro il quale Iperide sollevò una grafh; paranovmwn (Hyp. fr. 76;
[Plut.] Mor. Praecepta gerendae reipublicae 810c.
22
Diod. XVI 92, 1-2.
23
A riferire dell’erezione della statua sono Pausania (Paus. I 9, 4) e una fonte tarda (Clem.
Alex. Protrept. IV 54), quest’ultima accompagnando la notizia con il ricordo dell’istituzione di
un culto in onore di Filippo.
24
Plut. Dem. 22, 4. Non esistono conferme né letterarie né epigrafiche del conferimento a
Filippo della cittadinanza ateniese, il che potrebbe portare a ritenere errata la notizia plutarchea.
L’argomento e silentio non è però cosı̀ decisivo, tenendo conto del naufragio di buona parte della tradizione letteraria e dell’assoluta casualità dei ritrovamenti epigrafici. A proposito di questa
notizia cfr. anche I. KRALLI, Athens and the Hellenistic Kings (338-261 B.C.): The Language of
the Decrees, «CQ», 50 (2000), 113-32.
25
Cfr. infra, p. 56 e n. 102.
18
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I DEMOCRATICI ATENIESI
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done, non mancano testimonianze che attestino anche per questa fase il perdurare
ad Atene dell’attività del fronte anti-macedone: in questo stesso periodo, infatti, si
inquadra il discorso iperideo Contro Filippide, pronunciato per sostenere una
grafh; paranovmwn contro la proposta di incoronare i provedroi dell’assemblea per
aver svolto bene le loro funzioni nel corso di una seduta in cui erano stati votati
onori per alcuni Macedoni 26. Da questo momento, inoltre, Licurgo, rimasto finora
piuttosto defilato, apparve sempre più presente sulla scena politica ateniese 27, a partire dall’ambito giudiziario, dove egli si affermò in qualità di strenuo difensore della città, come attestano, ad esempio, le sopraccitate accuse da lui sostenute
all’indomani di Cheronea contro Lisicle e Autolico; sul piano più propriamente politico, invece, si mise in evidenza solo dopo il 334 a.C., quando si caratterizzò come il ‘‘restauratore’’ della polis ateniese, le cui fondamenta erano state fortemente
indebolite dal contrasto con Filippo 28.
Nel complesso, dunque, si può affermare che nei due anni che separano la pace
di Demade dalla morte di Filippo, il popolo ateniese si distinse per un’azione politica tanto ambivalente da apparire ambigua: fare concessioni alla Macedonia e votare
decreti in onore di sovrani e dignitari macedoni, ma allo stesso tempo evitare di
rinnegare esplicitamente le scelte antimacedoni del passato. Per il primo aspetto di
questa politica gli Ateniesi si affidarono sostanzialmente a Demade e a Focione,
per il secondo a Iperide, Demostene e Licurgo 29, gli ultimi due dei quali mostrarono, per la prima volta, una comunione di intenti che venne poi consolidandosi negli
anni della spedizione di Alessandro.
La morte improvvisa di Filippo rimise in discussione gli equilibri politici appena
raggiunti in Atene. Secondo Diodoro, la notizia della morte del sovrano fu accolta
con favore in città, poiché sembrava mettere a rischio l’egemonia macedone sulla
Grecia 30: l’inaspettata morte di Filippo permise ai democratici di intravedere la possibilità della riscossa e a Demostene in particolare di tornare a primeggiare nella
politica ateniese 31.
26
Hyp. fr. 4; Iperide giudica illegale la proposta di Filippide: non può invocare lo stato di
necessità come ragione che indusse il popolo a votare onori ai Macedoni. In generale sull’orazione cfr. G. BARTOLINI, Iperide. Rassegna di problemi e di studi (1912-1972), Padova 1977, 7679; ENGELS, Hypereides: Studien zur politischen Biographie, 143-47; I. WORTHINGTON - C. COOPER - E.M. HARRIS, Dinarchus, Hyperides & Lycurgus, Austin 2001, 80-86.
27
TRAILL, PAA, XI (2002), nº 611335; HECKEL, Who’s Who, 152-53. L’unico studio monografico completo su Licurgo resta F. DURRBACH, L’orateur Lycurgue, Paris 1890. A essersi recentemente occupato di Licurgo e della sua attività è stato Brun in diversi suoi lavori (P. BRUN,
Lycurgue d’Athe`nes: la construction d’un paradigme historique, in Grecs et Romains aux prises
avec l’histoire: repre´sentations, re´cits et ide´ologie. Colloque de Nantes et Angers, II, Rennes
2003, 493-507; ID., Lycurgue vieillard ide´al et la vieillesse au pouvoir à Athe`nes 338-323, in
L’anciennete´ chez les Anciens. E´tudes rassemble´es par Be´atrice Bakhouche, I, Montpellier 2003,
99-112; ID., Lycurgue d’Athe`nes: un le´gislateur?, in Le le´gislateur et la loi dans l’Antiquite´:
hommage à Françoise Ruze´. Actes du colloque de Caen, 15-17 mai 2003, Caen 2005, 187-99).
28
Per una sintesi dettagliata del programma di Licurgo con la principale bibliografia di riferimento cfr. FARAGUNA, Atene nell’età di Alessandro.
29
CARLIER, Demostene, 164.
30
Diod. XVII 3, 2.
31
Plut. Dem. 21 4. La continua influenza di Demostene sulla scena politica ateniese e l’opposizione ad Alessandro tra il 336 e il 335 mostra che Filippo II aveva di fatto fallito nei suoi
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Di fatto Atene diede inizio a un’attività diplomatica finalizzata a cercare alleati
contro la Macedonia 32, senza arrivare però a un’azione concertata o alla sottoscrizione di una qualche alleanza formale. Tale attività anti-macedone ateniese era favorita da ciò che in quello stesso periodo stava accadendo in Asia: la
stabilizzazione dell’impero achemenide a seguito dell’ascesa al trono nel giugno del
336 di Dario III Codomano, che, eliminato Bagoa, ottenne il riconoscimento della
propria autorità 33. Fin dall’inizio del suo regno, infatti, Dario, preoccupato dell’aggressività macedone verso la Persia, cercò di provocare, attraverso ricchi finanziamenti, una sollevazione anti-macedone in Grecia 34.
Contemporaneamente, Spartani, Etoli, Acarnani e Tebani si rifiutarono di riconoscere l’autorità di Alessandro, che i Macedoni avevano acclamato re 35. Dal momento che quest’ultimo si dimostrò inaspettatamente capace di gestire la situazione,
non solo in Grecia ma anche nelle regioni settentrionali, inducendo all’obbedienza
gli uni con la persuasione, gli altri con la paura 36, Atene confermò la sua scelta a
favore di una linea di condotta prudente: tutti i beni sparsi nella campagna furono
portati in città, ogni cura venne dedicata al restauro delle mura e, soprattutto, una
delegazione venne mandata ad Alessandro per chiedere il suo perdono per non
avergli conferito subito l’egemonia 37. Quanto a quest’ultima ambasceria, sembra
che tra i suoi membri figurasse lo stesso Demostene, il quale, però, giunto al Citerone, avrebbe fatto ritorno ad Atene 38, sia che temesse le conseguenze della sua politica contraria alla Macedonia, sia che volesse mantenersi irreprensibile agli occhi
del re di Persia, dal quale sperava di ricevere molto denaro per svolgere una politica contraria ai Macedoni 39.
La situazione si complicò ulteriormente nel 335 a.C.: Tebe, che aveva l’appogtentativi diplomatici di convincere gli Ateniesi dell’importanza di una pace comune (che in realtà
era una semplice accettazione del dominio della Macedonia); cfr. T.T.B. RYDER, The Diplomatic
Skills of Philip II, in Ventures into Greek History, ed. I. WORTHINGTON, Oxford 1994, 228-57. Interessante è ricordare il tono ostile che Demostene riserva nei suoi discorsi al giovane re non appena questi ottiene il potere; cfr. Plut. Alex. 11, 6. A questa rinnovata presenza di Demostene
sulla scena politica ateniese possiamo ricondurre anche il suo tentativo di stringere rapporti diplomatici con Attalo con lo scopo di condurre un’azione comune e di istigare altre città a lavorare per la libertà (Diod. XVII 3, 2; XVII 5, 1): nei fatti la loro collaborazione non ebbe alcun
esito, soprattutto a causa della mancata disponibilità da parte di Attalo di mezzi effettivi per suscitare una ribellione, e Attalo venne presto fatto assassinare da Alessandro (Diod. XVII 5, 2).
32
Plut. Dem. 23 1.
33
P. BRIANT, Histoire de l’empire perse: de Cyrus à Alexandre, Paris 1998, 789-833. Questi
eventi sono narrati dallo stesso Diodoro (XVII 5, 3 - XVII 7, 10). Per una riflessione sulle implicazioni di questo rafforzamento dell’impero achemenide nella politica ateniese cfr. anche CARLIER, Demostene, 167-68.
34
Diod. XVII 7, 1: Darei`o" ga;r paralabw;n th;n basileivan pro; me;n th`" Filivppou
teleuth`" ejfilotimeit̀o to;n mevllonta povlemon eij" th;n Makedonivan ajpostrevyai [...] («Dario,
divenuto Re, prima della morte di Filippo cercava di stornare sulla Macedonia la guerra imminente»).
35
Diod. XVII 3, 3-5.
36
Diod. XVII 3, 6; Plut. Alex. 11, 1-6; Arr. Anab. I 1, 4-6 e 11.
37
Diod. XVII 4, 5-9; Iust. II 3, 5; Arr. Anab. I 1, 1-3.
38
Plut. Dem. 23 3. Eschine (Aesch. III 161) non spiega perché Demostene torna indietro,
ma sprezzantemente commenta che il suo avversario «non si dimostrava utile né in guerra né in
pace» (ou[t’ ejn eijrhvnh/ ou[t’ ejn polevmw/ crhvs imon eJauto;n parevcwn).
39
Plut. Dem. 10, 4-5.
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I DEMOCRATICI ATENIESI
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gio del Gran Re e che era sempre più decisa a non riconoscere l’egemonia di Alessandro, chiese aiuto ad Arcadi, Argivi ed Elei e negoziò a lungo con gli Ateniesi.
La portata di questo tentativo di rivolta, il più consistente dopo Cheronea, è testimoniata dal proclama che i Tebani indirizzarono ai Greci, invitandoli a cacciare il
tiranno dalla Grecia 40: non si trattò della ribellione di una singola polis, ma del tentativo dei Tebani di ergersi a difensori della libertà della Grecia, arrogandosi il ruolo che al tempo della pace di Antalcida (386 a.C.) aveva avuto Sparta 41.
Demostene, in un primo momento, si mostrò estremamente solidale con Tebe, non
mancando mai di incoraggiare gli altri Greci alla rivolta 42: ad Atene, per vincere le
esitazioni di parte dei cittadini, approfittando della lunga assenza del sovrano macedone, impegnato a sedare le rivolte nei territori settentrionali 43, arrivò a presentare
all’Assemblea un sedicente testimone oculare della morte di Alessandro 44. Se il demos ateniese si espresse a favore del sostegno di Tebe, nei fatti la città sembra essersi limitata all’invio di armi, che poté garantire anche grazie al contributo fornito
dal Re di Persia per il tramite di Demostene 45. In pratica gli Ateniesi vollero attendere gli sviluppi della guerra prima di compromettersi completamente con l’invio
di truppe a sostegno della rivolta di Tebe: come il resto dei Greci, insomma, «... informati della gravità dei pericoli che correvano i Tebani, erano afflitti dalle sventure
che incombevano su di loro, ma non osavano aiutare la città perché si era votata a
una sicura rovina con sconsideratezza e imprudenza» 46. All’ultimo momento, insomma, per quanto la città si fosse formalmente compromessa e si fosse spinta
molto in là sulla strada della rivolta, prevalse la linea dei più cauti, cioè Focione 47
e Demade 48: all’apparire di Alessandro in Beozia, furono messi in forse tutti gli
aiuti destinati ai Tebani 49 e, come dice Plutarco, «l’audacia degli Ateniesi venne
meno e Demostene si spense» 50. Questo nuovo ‘‘mutamento di rotta’’ evitò ad Atene la durissima punizione di cui fu invece vittima Tebe e può essere spiegato facendo riferimento a due elementi fondamentali, uno dovuto a fattori contingenti e
40
Diod. XVII 9, 5.
Da parte sua Alessandro cercò di ridurre l’episodio a un semplice caso di violazione della
pace generale instaurata con gli accordi della Lega di Corinto.
42
[Plut.] Mor. Vit. X orat. 847c.
43
Arr. Anab. I 7, 2.
44
Iust. XI 2, 8. Sui libri di Giustino dedicati ad Alessandro cfr. J.C. YARDLEY (translation
and appendices) - W. HECKEL (commentary), Justin, Epitome of the Philippic History of Pompeius Trogus, Books 11-12: Alexander the Great, Oxford 1997.
45
Diod. XVII 8, 4-5; Plut. Dem. 23, 1 e 20, 4. In effetti Demostene ricevette del denaro dal
re di Persia: trecento talenti secondo Dinarco (Din. I 10 e 18-21); settanta secondo Eschine
(Aesch. III 239), mentre trecento sarebbero stati quelli offerti e rifiutati dal popolo ateniese.
46
Diod. XVII 10, 1: oiJ d’ {Ellhne" punqanovmenoi to; mevgeqo" tw` n peri; tou;" Qhbaivou~
kinduvnwn ejdusfovroun ejpi; tai`~ prosdokwmevnai~ peri; aujtw` n sumforai`", ouj mh;n bohqeiǹ g’
ejtovlmwn th`/ povlei dia; to; propetw` ~ kai; ajbouvlw~ eij~ oJmologoumevnhn ajpwvleian eJauth`n
dedwkevnai («I Greci, informati dei gravi pericoli che correvano i Tebani, erano afflitti per le
sventure che li minacciavano, ma non osavano aiutare la città, perché, in modo avventato e imprudente, si era votata a una sicura rovina»).
47
Plut. Phoc. 17, 1.
48
Arr. Anab. I 10, 3.
49
Diod. XVII 9, 1.
50
Plut. Dem. 23, 2: ejxekevkopto mevn hJ qrasuvth" tw` n Aqhnaiv
j
wn, kai; oJ Dhmosqevnh"
ajpesbhvkei.
41
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46
L. DE MARTINIS
uno legato alla memoria storica ateniese: da un lato, in caso di intervento militare
Atene avrebbe rischiato di vedersi bloccato l’accesso del Mar Nero da Alessandro,
la cui flotta controllava i porti dell’Ellesponto, e di rimanere cosı̀ priva delle derrate
di grano da cui dipendeva la sua sopravvivenza 51; dall’altro si può pensare che gli
Ateniesi fossero guardinghi rispetto a un aperto sostegno alla città beotica, dal momento che il riavvicinamento tra Atene e Tebe datava solo dagli ultimi quattro anni,
vale a dire da quel 339 in cui Demostene si era adoperato per far sı̀ che Tebe rompesse l’alleanza con Filippo e si schierasse al fianco di Atene nella lotta contro il
Macedone 52.
In ogni caso, all’indomani della distruzione di Tebe da parte di Alessandro, il
popolo ateniese decise, su proposta di Demade, di inviare al Macedone dieci ambasciatori, scelti fra quanti erano a lui più graditi 53, perché portassero al re le congratulazioni per la spedizione contro gli Illiri e i Triballi e per la punizione inflitta a
Tebe 54. Alessandro rispose con benevolenza all’ambasceria 55, salvo poi richiedere,
con una lettera inviata al popolo ateniese, la consegna di dieci oratori ateniesi che
avevano svolto una politica a lui ostile, compresi Demostene, Licurgo e Iperide 56.
Convocata l’assemblea, Demade, o secondo altri Focione 57, riuscı̀ a ottenere che
Atene decidesse di non consegnare i suddetti oratori, ma di inviare ad Alessandro
una legazione con un decreto nel quale la città si impegnava a infliggere loro una
pena secondo le leggi se avessero meritato una punizione 58. La legazione inviata ad
51
R.J. LANE FOX, Alessandro Magno, Torino 1981 (ed. orig. London 1973), 84-85.
La figura di Demostene come sostenitore di un’alleanza tra Atene e Tebe si profila solo alla
vigilia di Cheronea, quando oltretutto il suo atteggiamento sembra essere determinato da una situazione di necessità per Atene (G.L. CAWKWELL, Demosthenes’ Policy after the Peace of Philocrates,
II, «CQ», 13, 1963, 200-13: 206-08), piuttosto che da un atteggiamento apertamente filo-tebano. A
dirlo a chiare lettere filo-tebano è il solo Eschine (II 106), ma la sua dichiarazione si colloca nel
343 e si riferisce all’anno 346 quando, durante l’ambasceria portata a Pella a Filippo, Demostene,
in qualità di prosseno dei Tebani, si era espresso contrariamente a Eschine in merito alla volontà
di portare Filippo contro Tebe. Nelle proprie orazioni, anche in quelle pronunciate tra il 344 e il
341, Demostene non si presenta mai come filo-tebano e l’unico accenno che troviamo in merito al
suo essersi adoprato per evitare una frattura fra Atene e Tebe (Demosth. XVIII 161-162) è databile
al 331 a.C., quando l’oratore sembra semplicemente voler rigettare le accuse mossegli dai suoi avversari e presentarsi ex post come un campione del panellenismo greco; cfr. CAWKWELL, Demosthenes’ Policy, 207; contra cfr. W. JAEGER, Demosthenes. The Origin and Growth of His Policy,
Cambridge 1938, 161 e 251 n. 20, laddove afferma che Demosth. V 15 e 18 e 24 mostrano che
l’oratore ricerca un accordo tra Tebe e Atene.
53
Arr. Anab. I 10, 3; cfr. anche Plut. Dem. 23, 3, dove si trova un riferimento piuttosto vago a un’ambasceria ateniese presso Alessandro all’indomani della distruzione di Tebe.
54
Arr. Anab. I 10, 3.
55
Arr. Anab. I 10, 4
56
Per quanto riguarda la complessa tradizione sulle liste degli oratori e le problematiche a
esse connesse cfr. FARAGUNA, Atene nell’età di Alessandro, 230-32; J. ENGELS, Hypereides: Studien zur politischen Biographie, 162-78. Per una dettagliata revisione bibliografia sull’argomento
cfr. anche F. LANDUCCI, I mercenari nella politica ateniese nell’età di Alessandro. I. Soldati e ufficiali mercenari ateniesi al servizio della Persia, «AncSoc.», 25 (1994), 33-61: 39 n. 32.
57
Plut. Phoc. 17, 6-7; solo questa fonte riporta tale versione dei fatti. Secondo Diod. XVII
15, 2 Focione avrebbe chiesto agli uomini politici reclamati da Alessandro di sacrificarsi per il
bene della città. Per un’analisi del comportamento di Focione cfr. H.J. GEHRKE, Phokion, München 1976, 66-77; BEARZOT, Focione, 157-58.
58
Diod. XVII 15. Il confronto con Aesch. III 161 e Arr. Anab. I 10, 5 mostra che Alessandro, sul piano formale, giustificò la richiesta di consegna con la necessità di deferire gli oratori
52
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I DEMOCRATICI ATENIESI
47
Alessandro ottenne il risultato sperato 59: a essere condannato all’esilio fu il solo Caridemo 60 e gli Ateniesi non furono puniti né per aver interrotto la celebrazione dei
riti misterici in segno di lutto all’apprendere la notizia della distruzione di Tebe 61
né per aver concesso assistenza a quelli che si erano rifugiati presso di loro 62. Addirittura parte della tradizione riferisce che Alessandro non solo prosciolse Atene da
ogni accusa, ma consigliò persino alla città di seguire da vicino lo svolgersi dei fatti per essere pronta ad assumere l’egemonia in Grecia qualora fosse capitato qualcosa a lui 63.
Da questo quadro relativo a quanto accadde ad Atene tra la battaglia di Cheronea e la partenza di Alessandro per l’Asia emerge che nel complesso la polis attica,
per quanto con andamento altalenante e con l’affermazione sulla scena politica di
esponenti ora della fazione anti-macedone ora di quella filo-macedone, scelse sempre e comunque la via della prudenza, rimanendo, per usare il giudizio di Pausania,
«tranquilla», sia negli ultimi anni del regno di Filippo sia nei primi di quello di
Alessandro 64. Proprio questa hJsuciva permise alla città di riprendersi dalla sconfitta
di Cheronea (e, quando se ne presentò l’occasione, dopo la morte di Alessandro nel
democratici al sinedrio di Corinto, come era stato fatto per i Tebani, probabilmente con l’accusa
di medı̀smo. Il decreto di Demade si pose come un’abile scappatoia, laddove esso dichiara la disponibilità degli Ateniesi a giudicare essi stessi i personaggi in questione; cfr. L. BRACCESI, Le
trattative tra Alessandro e gli Ateniesi dopo la distruzione di Tebe, «Vichiana», 4 (1967), 7583.
59
L’atteggiamento conciliante di Alessandro si spiega forse con le assicurazioni dategli da
Demade. Questi garantisce che Demostene e i suoi amici si sarebbero mantenuti ormai calmi: si
erano talmente screditati per il fallimento della loro politica, da essere già finiti come oratori;
([Demade] fr. 42 Blass, Teubner 1888). Tuttavia varie ipotesi sono state avanzate per spiegare la
clemenza di Alessandro e tutte la interpretano come fondata su un semplice calcolo del Macedone: Carlier sottolinea che se Alessandro non avesse ridimensionato le proprie esigenze, avrebbe
dovuto intraprendere l’assedio lungo e incerto di una città marittima sostenuta finanziariamente
dai Persiani (CARLIER, Demostene, 169); Braccesi pone l’accento sul fatto che se Alessandro non
avesse accettato la liberazione degli oratori avrebbe dovuto affrontare la guerra in Asia lasciandosi alle spalle un’Atene inquieta e ostile (BRACCESI, Le trattative tra Alessandro e gli Ateniesi,
75-83). A questo proposito Bosworth osserva che se Alessandro davvero non avesse voluto lasciare nulla di sospetto dietro di sé in vista della spedizione d’Asia avrebbe fatto bene a insistere
nella sua richiesta, cfr. A.B. BOSWORTH, A Historical Commentary on Arrian’s History of Alexander I. Commentary on books I-III, Oxford 1980, 96.
60
È ipotizzabile che la scelta di Alessandro di inserire il nome di Caridemo nella lista dei
politici ateniesi di cui chiese la consegna nel 335 dipendesse dal fatto che nei circa quindici anni
compresi tra la sua decisione di entrare nella vita politica ateniese nel 352 e il tentativo di reazione democratica alla vittoria di Filippo a Cheronea Caridemo aveva seguito una rigida e coerente politica anti-macedone (cfr. LANDUCCI, I mercenari nella politica ateniese, I, 50). In
quest’ottica si è anche supposto che l’accanimento contro Caridemo potesse dipendere dal suo
essersi reso responsabile di azioni di pirateria contro la Macedonia; cfr. BOSWORTH, A Historical
Commentary on Arrian’s History of Alexander, 96; J.E. ATKINSON, A Commentary on Q. Curtius
Rufus’ Historiae Alexandri Magni. Books 3 and 4, Amsterdam 1980, 462-63.
61
Plut. Alex. 13, 1-3; Arr. Anab. I 10, 2. Il riferimento è ai misteri eleusini, che si celebravano dal 15 al 23 del mese di Boedromione (settembre-ottobre). Questo riferimento ci permette
di collocare la presa di Tebe nel settembre-ottobre del 335. Per il calendario dei misteri cfr. J.D.
MIKALSON, The Sacred and Civil Calendar of the Athenian Year, Princeton 1975, 58-59.
62
Plut. Alex. 13, 1-3; Arr. Anab. I 10, 9. Gli Ateniesi accolsero gli esuli Tebani contro il divieto del consiglio federale, cfr. Diod. XVII 14, 3.
63
Plut. Alex. 13, 2.
64
Paus. I 25, 3.
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48
L. DE MARTINIS
323, di affrontare con forze rinnovate un nuovo conflitto con la Macedonia 65): per
questa ragione Demostene, pur tradizionalmente anti-macedone, non la contestò e
anzi tentò di assecondarla, mentre quanti tra i democratici vollero opporvisi, come
Iperide, finirono per condannarsi all’emarginazione 66.
2. La legge di Eucrate
Al panorama offertoci dalle fonti storiografiche e letterarie si deve aggiungere un
documento epigrafico di grande valore e ampiamente discusso, vale a dire la cosiddetta legge di Eucrate, datata con sicurezza, sulla base delle informazioni contenute nel prescritto, al maggio del 336 67. Il valore di tale documento è tanto più
grande se si tiene conto che nessuna traccia è rimasta di suddetta legge nella tradizione letteraria e che essa ci era del tutto sconosciuta prima del ritrovamento
dell’iscrizione, la cui editio princeps risale al 1952 68.
Il testo del provvedimento legislativo si articola in due clausole principali 69: nella prima si prevede che venga considerato privo di colpa l’uccisore di chi cerca di
stabilire la tirannide e di abolire la democrazia ad Atene 70; nella seconda si prevede
65
F.W. MITCHEL, Athens in the Age of Alexander, «G&R», 12 (1965), 189-204: 202-04. Il
termine hJsuciva indica il ripiegamento cui una forza politica è costretta quando non può liberamente dispiegare le sue potenzialità ed è obbligata ad assumere un atteggiamento forzatamente
attendista. L’hJsuciva cui il Periegeta fa riferimento in questo contesto corrisponde storicamente
al periodo di ripiegamento e contemporaneamente (e conseguentemente) di rafforzamento politico, istituzionale, militare ed economico della cosiddetta età di Licurgo, in cui l’uomo politico ha
l’appoggio, o il tacito consenso, di uomini di diverso orientamento politico. Sull’ambivalenza
che il termine hJsuciva può assumere nel lessico politico e sul suo valore in questo contesto cfr.
BEARZOT, Storia e storiografia ellenistica in Pausania, 40-41.
66
WILL, Athen und Alexander, 136 e 140-41.
67
R&O 79, ll. 1-2 (= P.J. RHODES - R. OSBORNE, Greek Historical Inscriptions 404-323
B.C., Oxford 2003, nº 79, ll. 1-2): durante l’arcontato di Frinico (337/6), nel corso della nona
pritania, della tribù Leontide.
68
L’editio princeps è del 1952, mentre la più recente pubblicazione è in R&O 79 (=
Schwenk 6). Come pubblicazioni fondamentali sulla legge di Eucrate o lex de tirannide cfr.
B.D. MERITT, Greek Inscriptions, «Hesperia», 15 (1952), 355-59; J. POUILLOUX, Choix d’inscriptions greques, Paris 1960, 121-24; M. OSTWALD, The Athenian Legislation against Tyranny and
Subversion, «TAPA», 86 (1955), 103-28; C. MOSSÉ, A propos de la loi d’Eucrate`s sur la tyrannie, «Eirene», 8 (1970), 71-78; M. SORDI, Il decreto di Eucrate e la liceità del tirannicidio,
«GFF», 9 (1986), 59-63 (= in Scritti di storia greca, Milano 2003, 427-32); J. ENGELS, Das Eukratesgesetz und der Prozes der Kompetenzerweiterung des Areopages in der Eubulos- und Lykurgära, «ZPE», 74 (1988), 181-209; A.J.L. BLANSHARD, Depicting Democracy: an Exploration
of Art and Text in the Law of Eukrates, «JHS», 124 (1994), 1-15; G. SQUILLACE, Un appello alla
lotta contro il tiranno: il decreto di Eucrate, «Messana», 19 (1994), 117-41; E. BIANCHI, The
Law of Eukrates (336 B.C.): a «Democratic Trick»?, «SHHA», 23 (2005), 313-30.
69
R&O 79, ll. 7-22.
70
R&O 79, ll. 7-11. Queste prime righe stabiliscono la sacro sanctitas e la conseguente non
perseguibilità del tirannicida: ejavn ti" ejpanasth`/ tw` / dhvmw// ejpi; turannivdi ... o}" a]n to;n touvtwn ti
poihvsanta ajpokteivnh/, e[s io" e]stw. L’esortazione all’uccisione del tiranno e l’assicurazione dell’impunità per il colpevole assumono un peso particolare nella lotta contro la Macedonia e nell’identificazione, corrente per gli Ateniesi e per gli altri Greci anti-macedoni, di Filippo con un
tiranno. In effetti, sulla base delle testimonianze a nostra disposizione, è possibile dimostrare che
le attività di Filippo (e poi di Alessandro) avevano fatto temere in diversi momenti il sovverti-
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I DEMOCRATICI ATENIESI
49
la privazione dei diritti e la sottrazione della proprietà (la decima parte della quale
deve essere consacrata alla divinità) per quell’Areopagita (e per i suoi discendenti)
che, in caso di abbattimento della democrazia e di instaurazione della tirannide, sedesse in Consiglio e deliberasse riguardo a qualsivoglia questione 71.
Al di là della complessità delle problematiche legate a una simile legge nel contesto dell’Atene della seconda metà del IV secolo, testimoniata dalla molteplicità e
dal carattere spesso antitetico delle spiegazioni fornitene, a interessarci in questo
contesto, e a essere imprescindibile per la piena comprensione del documento, è
l’individuazione della parte politica ateniese che propose tale legge. A essere indicato come proponente del decreto è un certo Eucrate, personaggio alquanto oscuro,
sicuramente non un esponente di punta di quel partito democratico di cui sembra
far parte dato che fu condannato a morte dopo la presa del potere da parte di Antipatro 72: cosı̀, se il suo orientamento democratico appare certo, è oggetto di discussione se il decreto da lui proposto rispecchi l’orientamento dell’intero fronte
democratico o piuttosto di una sua ala radicale 73. Alcuni, infatti, hanno pensato di
poter interpretare la legge come espressione di una frangia del partito democratico
più estremista di quella di Demostene 74 e strettamente collegata alle classi più pomento della democrazia e l’imposizione della tirannide ad Atene: senza dubbio nel 343/2 avevano suscitato apprensione negli Ateniesi la conquista da parte di Filippo dell’Eubea, l’abbattimento della democrazia a Eretria e l’imposizione di regimi tirannici a Eretria e Oreo; cfr. Demosth.
I 5; VI 21, 24, 25; VIII 36; IX 17, 27, 33, 58, 62; X 4, 8; XVIII 66, 71, 79; cfr. anche OSTWALD, The Athenian Legislation against Tyranny, 103-28 e SQUILLACE, Un appello alla lotta contro il tiranno, 117-41. Il discorso pseudo-demostenico Sul trattato con Alessandro, sulla
paternità e sulla datazione del quale esistono ampie discussioni, aveva poi accusato il re macedone di aver restaurato la tirannide a Messene ([Demosth.] XVII 3-4) e di aver abbattuto la democrazia a Pellene ([Demosth.] XVII 10), arrivando persino a definirlo espressamente un tiranno
([Demosth.] XVII 4, 12, 29) e manifestare il timore per l’imposizione di una tirannide anche ad
Atene ([Demosth.] XVII 14); sul discorso Sul trattato con Alessandro, tramandato nel corpus
demostenico, cfr. W. WILL, Zur Datierung der Rede Ps. Demosthenes XVII, «RhM», 125
(1982), 202-13; ID., Athen und Alexander, 67-70; M. SORDI, L’orazione pseudodemostenica ‘‘Sui
patti con Alessandro’’ e l’atteggiamento dei Greci prima di Isso, in Alessandro Magno tra storia e mito, a c. di EAD., Milano 1984, 23-30; E. CULASSO GASTALDI, Sul trattato con Alessandro.
Polis, monarchia macedonica e memoria demostenica, Padova 1984. Iperide, infine, nel discorso
Contro Filippide, pronunciato poco prima o poco dopo la battaglia di Cheronea, aveva definito
tiranni i Macedoni e aveva accusato Filippide di aver promosso ad Atene gli interessi di suddetti
tiranni con lo scopo di gettare la città nella schiavitù; cfr. supra, n. 26.
71
R&O 79, ll. 11-22. Queste righe aggiungono alla preesistente legislazione contro la tirannide una clausola specifica relativa all’Areopago che si origina dall’idea, tipicamente ateniese,
che quando non c’è democrazia nessun organo dello stato può funzionare legittimamente, cfr.
SORDI, Il decreto di Eucrate, 59-63.
72
R&O 79, ll. 4-5. Eucrate è altrimenti conosciuto solo da una generica allusione contenuta
nello Pseudo Luciano (Demosth. Enc. 31), che ci informa del fatto che quando Antipatro prese
il controllo di Atene nel 322 a.C., Eucrate venne condannato a morte assieme a Imereo di Falero, Aristonico di Maratona, Iperide e Demostene. Cfr. anche TRAILL, PAA, VII (1998), nº
437770.
73
Meritt (MERITT, Greek Inscriptions, 355-59) e Ostwald (OSTWALD, The Athenian Legislation
against Tyranny, 103-28) ritengono che appartenesse al partito democratico e che nel 336 si muovesse all’interno del gruppo di Demostene; Rhodes e Osborne (R&O 79, l. 391) ritengono invece
che a quest’epoca fosse un oppositore di Demostene e che con questo decreto volesse mettere in
guardia Demostene e i suoi dal percepire il revival dell’Areopago come anti-democratico.
74
R. SEALEY, On Penalizing Areopagites, «AJPh», 79 (1959), 71-73; OSTWALD, The Athenian Legislation against Tyranny, 103-28.
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50
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vere di Atene 75: i membri di questa fazione radicale non avrebbero gradito (e
avrebbero trovato sospetto) l’intervento dell’Areopago nella sostituzione di Caridemo con Focione nel ruolo di stratego cui era demandata la difesa della città 76, gesto
che avrebbe tradito la vicinanza dell’Areopago al partito della pace 77. In quest’ottica Sealey 78 ha addirittura presentato la legge come espressamente anti-demostenica,
frutto, però, non di un atteggiamento filo-macedone, quanto piuttosto di un atteggiamento radicalmente anti-macedone, ostile a ogni compromesso con la potenza
egemone: la legge di Eucrate, dunque, sarebbe nata in ambiente democratico come
reazione all’azione combinata di Demostene e dell’Areopago, che sarebbe parsa in
diverse circostanze contraria agli ideali della democrazia; e sarebbe stata concepita
come segno di disapprovazione dell’assegnazione da parte di Demostene, attraverso
un decreto, della possibilità per l’Areopago di punire quei cittadini che agissero
contro la legge (Din. I 62), e come condanna alla tacita approvazione data da Demostene alle esecuzioni sommarie messe in atto dall’Areopago nel dopo Cheronea,
quando un decreto permetteva al Consiglio di mettere a morte, senza regolare processo, chiunque si allontanasse dalla città in situazioni di pericolo 79.
Nel complesso, dunque, se con la legge di Eucrate si completa il quadro che le
fonti possono offrirci dell’Atene del IV secolo, essa contribuisce a suscitare un importante interrogativo relativo all’articolazione interna del partito democratico: negli
anni compresi tra la sconfitta di Cheronea e la partenza di Alessandro per l’Asia
esisteva già quella frattura interna al partito democratico che si palesò definitivamente nel 323 e che vide la differenziazione di un’ala moderata, all’interno della
quale operava Demostene, e un’ala radicale, all’interno della quale si collocavano
Iperide e, qualora accettassimo l’interpretazione della legge proposta da Sealey, Eucrate?
75
È risaputo che gli affari della democrazia ateniese nell’ultima metà del IV secolo erano
prevalentemente nelle mani dei cittadini più abbienti; cfr. A.H.M. JONES, The Athens of Demosthenes, Cambridge 1952, 20-24; ID., The Athenian Democracy and its Critics, «CHJ», 11
(1953), 1-26; J.A.O. LARSEN, The Judgment of Antiquity on Democracy, «CPh», 49 (1954), 114. Sul problema dei ‘‘partiti’’ e del loro retroscena socioeconomico cfr. S. PERLMAN, The Politicians in the Athenian Democracy in the Fourth Century B.C., «Athenaeum», 41 (1963), 327-55;
ID., Political Leadership in Athens in the Fourth Century B.C., «La Parola del Passato», 22
(1967), 161-76; J. PECIRKA, The Crisis of the Athenian Polis in the Forth Century B.C., «Eirene», 14 (1976), 5-29: 15 ss.; F. LANDUCCI, ‘Partiti’ e fazioni ad Atene e in Macedonia all’alba
dell’Ellenismo, in ‘Partiti’ e fazioni nell’esperienza politica greca, a c. di C. BEARZOT - F. LANDUCCI, Milano 2008 (CSA, 6), 239-63.
76
Plut. Phoc. 16, 3.
77
Per quanto non esistano altri momenti in cui l’Areopago abbia agito contro i desideri degli anti-macedoni, atti come l’intervento a favore di Focione avrebbero potuto rendere diverse
persone sospettose in merito all’Areopago stesso e quindi giustificare e spiegare una legislazione
come quella della legge di Eucrate, cfr. OSTWALD, The Athenian Legislation against Tyranny,
126. Questa stessa tesi è sviluppata con ampiezza da Engels (ENGELS, Das Eukratesgesetz, 195204). Sulla stessa linea cfr. anche F. LANDUCCI, Demostene e il processo arpalico, in Processi e
politica nel mondo antico, a c. di M. SORDI, Milano 1996 (CISA, 22), 93-106: 100-01.
78
SEALEY, On Penalising Areopagites, 73.
79
Lyc. I 52-53; Aesch. III 252. Il fatto che la disapprovazione per tali esecuzioni fosse ancora forte diversi anni dopo che erano state messe in atto dimostra che esse avevano di fatto
scioccato la sensibilità democratica ateniese.
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I DEMOCRATICI ATENIESI
51
3. L’orazione Contro Dionda
A esserci d’aiuto per porre un tassello in più alla ricostruzione della scena politica
ateniese, in particolare per quel che riguarda il partito democratico, tra la battaglia
di Cheronea e la partenza di Alessandro per l’Asia è l’orazione iperidea Contro
Dionda, rivelatasi un utilissimo documento storico soprattutto ora che, al pochissimo che di essa era già noto, si è aggiunta la recente scoperta del ‘‘nuovo Iperide’’ contenuto nel cosiddetto Palinsesto di Archimede 80.
Il Palinsesto di Archimede è un codice palinsesto del XII secolo recante a livello di scrittura superiore un libro di preghiere (euchologion) e composto da fogli originariamente appartenenti a più di sei differenti manoscritti 81. Sottoposto a tecniche
di lettura all’avanguardia 82, tale palinsesto ha restituito, tra le altre cose, cinque bifogli di epoca bizantina che contengono ampie sezioni di due orazioni giudiziarie
di Iperide 83: le linee sopravvissute appartengono alla parte iniziale della Contro Ti80
Il palinsesto è salito agli onori della cronaca nel 1998, quando è stato battuto all’asta dalla Christie’s di New York per 2.200.000 dollari. L’asta pubblica fu annunciata anche sul New
York Times: M.W. BROWNE, Ancient Archimedes Text Turns Up, and It’s for Sale, «The New
York Times», 27 ottobre 1998. Prezzo di base era 800.000 dollari. A contendersi il codice erano
due acquirenti, egualmente determinati: Evangelos Venizelos, Ministro della Cultura della Grecia, che aveva pubblicamente dichiarato che era un dovere morale, storico e scientifico per la
Grecia acquistare il manoscritto e che aveva inviato all’asta il Console Generale greco a New
York, Manessis; e Simon Finch, di Londra, commerciante di libri antichi. Ad aggiudicarsi il pezzo fu il commerciante londinese e il giorno successivo il suo nome figurò sulla prima pagina
del New York Times: M.W. BROWNE, Archimedes Text Sold for $2 million, «The New York Times», 30 ottobre 1998. Rimase però sconosciuto il nome di colui per conto del quale Simon
Finch aveva acquistato il codice: il commerciante, infatti, si limitò a dichiarare che non l’aveva
acquistato né per un’università né per una biblioteca, ma per un privato, per un cittadino americano il cui nome non intendeva rivelare. Gary Vikan, il direttore del Walters Art Museum a Baltimora, nel Maryland, il giorno successivo all’asta incaricò William Noel, responsabile di
manoscritti e libri antichi, di trovare per conto di chi Finch aveva acquistato il Palinsesto di Archimede e di chiedergli se era disposto a concederlo al Museo per un’esposizione: l’acquirente
del Palinsesto era il libraio-antiquario Sam Fogg, che il 19 gennaio 1999 depositò il Palinsesto
al Walters, dove si avviò immediatamente un progetto di studio e dove la conservazione del codice è affidata ad Abigail Quandt, Sovrintendente alla conservazione di libri rari e manoscritti
del Walters Art Museum.
81
R. NETZ - W. NOEL, The Archimedes Codex: revealing the Secrets of the World’s greatest
Palimpsest, London 2007 e http://www.archimedespalimpsest.net per la storia del palinsesto e
del progetto di studio.
82
R.L. EASTON - W. NOEL, The Multispectral Imaging of the Archimedes Palimpsest, «Gazette du livre médiévale», 45 (2004), 39-49; NETZ - NOEL, The Archimedes Codex, 201-06. Le
immagini multispettrali del Palinsesto sono state realizzate da W. Christens-Barry, R. Easton e
K. Knox.
83
Si tratta dei bifogli 135/138, 136/137, 144/145, 173/176, 174/175. La scoperta risale al
2002 e si deve a Natalie Tchernetska; prima di lei già Heiberg, il primo editore dei testi di Archimede contenuti nel Palinsesto, aveva notato che alcuni fogli del codice contenevano anche testi diversi da quelli del matematico, trascrivendo in particolare due righe del materiale oggi
riconosciuto come iperideo di cui non riuscı̀ però a identificare l’appartenenza («Il più giovane
rimase lontano per cosı̀ tanto tempo che lo sorelle non lo riconobbero»; J. HEIBERG, Eine neue
Archimedeshandschrift, 235-303: 236). La decifrazione dei testi iperidei è stata affidata a un
gruppo di classicisti esperti di oratoria greca e specificamente di Iperide, di paleografia greca e
di critica testuale, nonché di procedure legali dell’Atene del IV secolo: N. Tchernetska (Trinity
College Cambridge), Laszlo Horvàth (Università di Budapest), Chris Carey (University College
London), Patricia Easterling (Newnham College Cambridge), Judson Herman (Allegheny Colle-
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52
L. DE MARTINIS
mandro 84 e alla parte finale della Contro Dionda 85, entrambe già attestate da alcuni
frammenti. La scoperta è in sé di notevolissimo valore: getta nuova luce sulla sopravvivenza di Iperide nella tarda antichità 86 e permette di comprendere meglio e
ge, Meadville, PA), Eric Handley (Trinity College Cambridge), Colin Austen (Trinity College
Cambridge). Per una chiara sintesi della distribuzione del nuovo materiale iperideo all’interno
del codice palinsesto cfr. C. CAREY et al., Fragments of Hyperides’ Against Diondas from the
Archimedes Palimpsest, «ZPE», 165 (2008), 1-19: 1-2. Per questioni paleografiche legate ai fogli
iperidei cfr. G. UCCIARDELLO, Hyperides in the Archimedes Palimpsest: Palaeography and Textual Transmission, «BICS», 52 (2009), 229-54. L’intera trascrizione del testo iperideo restituitoci
dal Palinsesto è disponibile anche on line ai seguenti indirizzi: http://hypereidoc.elte.hu, che riporta il testo con tutti i testimonia e l’apparato critico; e http://www.archimedespalimpsest.org,
che accompagna il testo con molte immagini digitalizzate dei singoli fogli del codice.
84
È conservata dal bifoglio 135/138, sia sul recto sia sul verso, per un totale di 64 righe.
Siamo in grado di definire l’orazione di appartenenza perché le linee 20-23 dei fogli 138r-135v
corrispondono a un frammento iperideo (Hyp. Fr. 165) citato dalla Suda (Sud. P 847) sotto
paidavrion con attribuzione alla Contro Timandro (a fronte dell’emendazione di prov" con
katav). A proposito del titolo dell’orazione, Todd suggerisce come alternativa Per Academo, tenendo conto di Hyp. 3. Le prime 32 righe restituite dal bifoglio 138r-135v sono pubblicate con
note testuali e paleografiche, seguite dalla traduzione inglese e da alcuni commenti esegetici in
N. TCHERNETZKA, New Fragments of Hyperides from the Archimedes Palimpsest, «ZPE», 154
(2005), 1-6; nella stessa pubblicazione (p. 5) è abbozzata la trascrizione delle righe 12-21 dei fogli 138v-135r. La totalità delle righe del bifoglio 135/138 trova poi pubblicazione, con trascrizione del testo greco (rettificata in alcune sue parti per quanto riguarda le sezioni già
pubblicate), brevi note e traduzione inglese, in N. TCHERNETZKA - E.W. HANDLEY - C. AUSTIN –
L. HORVÀTH, New Readings in the fragment of Hyperides’ Against Timandros from the Archimedes Palimpsest, «ZPE», 162 (2007), 1-4. Ulteriori rettifiche alla lettura e trascrizione del testo
sono in W. LUPPE, Zwei Textvorschläge zu Hypereides’ Rede Pro;" Tivmandron im neu
entzifferten Palimpsest-Codex, «ZPE», 167 (2008), 5. Per un commento dell’orazione cfr. D.
WHITEHEAD, Hypereides’ Timandros: Observations and Suggestions, «BICS», 52 (2009), 135-48.
Per uno studio delle principali questioni giuridiche e legali legate all’orazione iperidea cfr. G.
THÜR, Zur Phasis in der neu entdeckten Rede Hypereides’ gegen Timandros, «Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte», 125 (2008), 645-63; L. RUBINSTEIN, Legal Argumentation
in Hypereides ‘Against Timandros’, «BICS», 52 (2009), 149-59.
85
È conservata dai bifogli 136/137, 144/145, 173/176, 174/175. Una ricostruzione del caso,
anche se precedente ai nuovi ritrovamenti del Palinsesto di Archimede, si trova nel catalogo di
Hansen: cfr. HANSEN, Graphe` paranomon, nº 26. Successiva al ritrovamento dei nuovi frammenti
della stessa nel Palinsesto di Archimede è la seguente pubblicazione del testo, che reca la trascrizione del testo greco, un breve apparato di note e la traduzione inglese: CAREY et al., Fragments of Hyperides’ Against Diondas. Come pubblicazioni fondamentali sull’orazione e sulle
principali problematiche a essa connesse cfr. L. HORVÀTH, Dating Hyperides’ Against Diondas,
«ZPE», 166 (2008), 27-34; S.C. TODD, Hypereides Against Diondas, Demosthenes On the
Crown, and the Rhetoric of Political Failure, «BICS», 52 (2009), 161-74; J. HERRMAN, Hypereides’ Against Diondas and the Rethoric of Revolt, ibid., 175-86; L. HORVÀTH, Hyperidea, ibid.,
187-222; P.J. RHODES, Hyperides’ Against Diondas: two Problems, ibid., 223-28.
86
Sulla questione della sopravvivenza di Iperide nella tarda antichità numerose sono le discussioni, sorte anche a partire dalla dichiarazione dell’umanista Johann Alexander Brassicanus,
che, nella prefazione di un’edizione di Salviano, affermò di aver preso visione nella biblioteca
del re d’Ungheria Mattia Corvino di un’edizione completa di Iperide con ricchi scholia («integrum Hyperidem cum locupletissimis scholiis»); cfr. A.J. BRASSICANUS (ed.), De vero iudicio et
providentia Dei, Paris 1575, 10; su questa testimonianza cfr. L. CANFORA, Il viaggio di Aristea,
Roma-Bari 1996, 78. A favore della sopravvivenza di Iperide in epoca bizantina e della possibilità di ascrivere questo nuovo ritrovamento a quell’epoca sono anche alcune notazioni paleografiche; cfr. a questo proposito J. IRIGOIN, Les manuscrits d’historiens grecs et byzantins à 32
lignes, in Studia codicologica, ed. K. TREU, Berlin 1977, 237-45 (= J. IRIGOIN, La tradition des
textes grecs. Pour une critique historique, Paris 2003, 295-309). A esprimersi, invece, a più riprese contro l’esistenza di un’edizione completa di Iperide risalente all’epoca bizantina è stato
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I DEMOCRATICI ATENIESI
53
dall’interno la storia, la politica e l’amministrazione giudiziaria dell’Atene del IV
secolo 87. Prima di questo ritrovamento Iperide era conosciuto esclusivamente grazie
a poco meno di un centinaio di brevi citazioni in altri autori, alcune consistenti in
una sola parola e comunque mai superiori alle poche righe, e soprattutto attraverso
i preziosi ritrovamenti papiracei avutisi in Egitto nel corso del XIX secolo 88; nulla
avevamo, invece, per tradizione manoscritta. Di fatto, il nuovo materiale in nostro
possesso grazie al ritrovamento del palinsesto incrementa le dimensioni del corpus
iperideo circa del 20% 89.
Per quanto riguarda la Contro Timandro, orazione scritta da Iperide in qualità di
logografo, le nuove sezioni restituiteci dal Palinsesto di Archimede ci permettono anzitutto una reinterpretazione del caso giudiziario: se in passato si è creduto che si
trattasse di un’orazione scritta per una causa contro una cortigiana 90, ora è chiaro che
Wilson, cfr. N.G. WILSON, Some Notable Manuscripts Misattributed or Immaginary, «GRBS»,
16 (1975), 95-101: 99-100; ID., Scholars of Byzantium, London 1983, 95; ID., Photius, the Bibliotheca: a Selection Translated with Notes, London 1994, 4-5, dove lo studioso mostra di dubitare della dichiarazione di Fozio di aver letto numerosi discorsi di Iperide (Photius,
Bibliotheca, codex 266). In merito alla questione dell’esistenza di un manoscritto di Iperide in
epoca bizantina cfr. anche L. HORVÀTH, The Lost Manuscript of Hyperides, «ActAntHung», 38
(1998), 165-73; e P.E. EASTERLING, Fata Libellorum: Hyperides and the Trasmission of Attic
Oratory, «ActAntHung», 48 (2008), 11-17.
87
William Noel, il curatore di manoscritti e libri rari del Walters Art Museum, parlando della scoperta dei testi di Iperide nel Palinsesto di Archimede disse: «This helps to fill in critical
moments in ancient classical Greece»; «Hyperides is one of the great foundational figures of
Greek democracy and the golden age of Athenian democracy, the foundational democracy of all
democracy»; cfr. F.R. LEE, A Layered Look Reveals Ancient Greek Texts, «The New York Times», 26 novembre 2007.
88
Il numero delle orazioni composte da Iperide rimane imprecisabile. Le fonti antiche risultano discordi: il lessico Suda gliene attribuisce 56 (Suda (Y) 294), mentre Pseudo-Plutarco indica la cifra di 77 orazioni, di cui solo 52 autentiche (FGrHistC 1026 F 46 d = Ps. Plut. Vit. X
orat. 849 d.). Gli studiosi moderni sono riusciti a elencare 65 discorsi, oltre all’unica orazione
integra, la Per Eussenippo, e alle sei (Contro Demostene, Per Licofrone, Per Eussenippo, Contro Filippide, Contro Atenogene, Epitafio) quasi interamente ricostruibili grazie ai ritrovamenti
papiracei, per cui avremmo un totale di 71 orazioni (di queste, per testimonianza dei grammatici,
5 risultano spurie: Per Arpalo, Contro Demea, Per un cittadino naturalizzato, Contro Doroteo,
Contro Patrocle). I frammenti delle orazioni perdute sono circa 280 nella raccolta di Jensen: essi
consistono per la maggior parte in singole parole segnalate per varie ragioni da grammatici e lessicografi; altri sono costituiti da proverbi, sentenze, esempi di figure retoriche. Sostanzialmente
Iperide può dirsi ‘‘figlio dell’Egitto’’ (cfr. D. WHITEHEAD, Hypereides, The Forensic Speeches.
Introduction, Translation, and Commentary, Oxford 2000, 3), dal momento che quasi tutto ciò
che oggi è in nostro possesso è comparso in Egitto nell’arco di un mezzo secolo di straordinarie
scoperte, che hanno riportato alla luce quattro papiri: oggi tre sono conservati al British Museum
di Londra e uno al Louvre di Parigi (P. Lit. Lond. 132 = Brit. Mus. Inv. 108+115; P. Lit. Lond.
133 = Brit. Mus. Inv. 98; P. Lit. Lond. 134 = Brit. Mus. Inv. 134; Mus. Louvre 9331 e 10438);
per la storia dei ritrovamenti dei papiri iperidei cfr. K. PREISENDANZ, Papyrusfunde und Papyrusforschung, Leipzig 1933, 98-9 e 155 e 218.
89
J. HERRMAN, The New Hyperides in the Archimedes Palimpsest, www. Archimedespalimpsest.org, 2005-2006.
90
Frr. 164-165; cfr. anche BARTOLINI, Iperide, rassegna di problemi e di studi, 116. L’interpretazione errata di questi frammenti e l’attribuzione degli stessi a un’ipotetica orazione Contro
Timandra dipese fondamentalmente da un ulteriore errore di attribuzione: Hemsterhuis attribuı̀
Fr. 165, kaqavper oJ th`" Timavndra" kathgorw` n wJ" peporneukuiva" th;n lekanivda kai; tou;"
ojlivsbou" kai; th;n yivaqon kai; pollhvn tina toiauvthn dusfhmivan eJtairw` n kathvrase tou`
dikasthrivou ... («come fece quell’uomo che, accusando Timandra di aver condotto una vita li-
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54
L. DE MARTINIS
si tratta di un discorso accusatorio nei confronti di un tutore, Timandro appunto, in
merito a una questione di tutela e di successione 91. Oltre alle informazioni legate al
caso giudiziario 92, le nuove sezioni dell’orazione giunte in nostro possesso ci restituiscono una legge, precedentemente sconosciuta, atta a impedire la separazione degli
orfani nati dalla stessa unione 93. Sempre in merito alle nostre conoscenze di diritto attico, poi, dobbiamo notare anche l’indicazione concernente le norme che regolavano
la vendita degli schiavi e che sancivano la necessità del rispetto dei legami e dell’unità familiare: i mercanti erano tenuti a vendere assieme fratelli orfani o la madre col
figlio, nonostante questo potesse implicare una perdita a livello finanziario 94.
Per quanto riguarda, invece, la Contro Dionda, su cui si concentrerà il nostro
interesse, il ritrovamento di nuove sezioni del testo, oltretutto piuttosto consistenti,
ci permette di approfondire diversi aspetti legati alla vita politica dell’Atene del IV
secolo e di proporre alcune osservazioni in merito alle modalità d’azione del partito
democratico. Inoltre ci restituisce alcuni dati storici prima sconosciuti: il numero di
navi ateniesi a Salamina e all’Artemisio, nel contesto delle guerre persiane, e la
quantità di soldati forniti da Atene alla Lega di Corinto del 337 95.
L’orazione, scritta e pronunciata in prima persona da Iperide, costituisce la difesa all’accusa di graphe paranomon intentata da Dionda 96 ai danni di Iperide, colpe-
cenziosa, infangò il tribunale sciorinando descrizioni della sua bacinella, dei suoi falli di cuoio,
della sua stuoia e di molti altre cose sgradevoli relative alle etere...»), a Iperide, nonostante si
trattasse di un frammento di Demetrio (Demetr. Peri Hermeneias 302).
91
Riguardo ai provvedimenti legislativi legati a tali ambiti cfr. A.R.W. HARRISON, Il diritto
ad Atene. La famiglia e la proprietà, I, Alessandria 2001, 103-70, (ed. orig. Oxford 1968); D.
MACDOWELL, The Law in Classical Athens, London 1978, 92-95; A. BISCARDI, Diritto greco antico, Milano 1982, 114 e 117-29; G. THÜR, Recht im antiken Griechenland, in U. MANTHE, Die
Rechtskulturen der Antike, München 2003, 191-238.
92
Ricostruendo per sommi capi il caso giudiziario possiamo dire che Timandro fu tutore legale di quattro fratelli, due maschi e due femmine, rimasti orfani di entrambi i genitori e che
contro di lui venne intentata da parte di Academo, il minore dei fratelli maschi, una dike epitropes, in cui gli si contestava di non aver seguito la procedura corretta per l’appalto del patrimonio del suo pupillo, tralasciando tutte le disposizioni della legge ateniese. Non sappiamo quale
delle due parti abbia avuto ragione davanti al tribunale ateniese, se il pupillo Academo o il tutore Timandro. Quello che sappiamo è che per Timandro fu chiesta la pena di morte, in relazione
sia alla cattiva gestione del patrimonio sia ai maltrattamenti inflitti alla più giovane delle sorelle:
per ottenere questa condanna Iperide dedicò un’ampia sezione del suo discorso a illustrare il cattivo carattere di Timandro stesso.
93
Hyp. In Timandrum, ll. 49-53. Non siamo in grado di dire, a partire dall’orazione, se il
divieto di separare fratelli orfani riguardasse solo i maschi o anche le femmine. I maschi teoricamente non avrebbero potuto allontanarsi dall’oikos di cui erano eredi, ma è anche vero che l’eccezione era sempre ammessa: se l’avesse richiesto il bene o l’interesse del ragazzo, sarebbe stato
possibile far adottare il fratello più giovane da un altro oikos, permettendone cosı̀ il trasferimento. Per quanto riguarda le femmine esse sarebbero state sottoposte alla norma che ne impediva
la separazione reciproca e dai fratelli, ma con la possibilità dell’allontanamento ai fini della o in
seguito alla contrazione di un legittimo matrimonio. A questo proposito possiamo citare anche
un caso a noi noto da Isae. 6, 13: Pistosseno di Lemno avrebbe concesso in sposa, per clausola
testamentaria, la figlia Callippe a Euctemone di Atene; secondo i presupposti del discorso di
Iseo, è da escludere che Callippe fosse epikleros, dunque doveva essere stata separata dal fratello. Cfr. THÜR, Zur phasis in der neu, 652.
94
Hyp. In Timandrum, l. 35.
95
HORVÀTH, Hyperidea, 211-22.
96
TRAILL, PAA, VI (1997), nº 371150.
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I DEMOCRATICI ATENIESI
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vole, assieme a Demomele 97, di aver proposto, subito dopo Cheronea, l’assegnazione di onori a Demostene per la politica anti-macedone da lui sostenuta.
Prima della scoperta del codice palinsesto la nostra conoscenza del caso giudiziario di Dionda si limitava a tre allusioni presenti in tre contesti diversi e indipendenti l’uno dall’altro. La prima si trova nel discorso demostenico Sulla corona,
laddove si dice che Dionda venne sconfitto in una contesa giudiziaria sorta in seguito all’accusa di graphe paranomon da lui intentata ai danni di coloro che avevano proposto l’assegnazione di onori a Demostene 98; poco più avanti nella stessa
orazione un’altra allusione sembra ricordare come proponenti di quegli stessi onori
Iperide e Demomele 99. La seconda, più esplicita, si ritrova nella vita di Iperide dello Pseudo-Plutarco: «[Iperide] propose anche onori per Demostene e quando il decreto venne contestato da Dionda per illegalità venne assolto» 100. La terza
allusione, la più interessante ai fini della nostra discussione, è un passaggio di Eusebio in cui l’autore, citando Porfirio in merito al plagio letterario, lega la Contro
Dionda e un altro perduto discorso di Iperide al lavoro di Demostene: «Dal momento che, dice (Porfirio), avete collettivamente deciso, non so come, di svelare il
nome dei ladri, io da parte mia denuncio il bell’Iperide per aver rubato molte cose
a Demostene, sia nel discorso Contro Dionda sia in quello concernente gli onori di
Eubulo (Hyp. fr. 23). Il fatto che uno di loro prese del materiale dall’altro è chiaro;
ma dal momento che essi furono contemporanei, dev’essere tuo compito, Apollonio, individuare il ladro a partire dalla traccia della datazione. Io, da parte mia, sospetto che il ladro sia Iperide. Ma, dal momento che è incerto chi sia realmente,
ammiro Demostene, se egli trasse da Iperide e lo corresse laddove era più appropriato farlo; ma critico Iperide, se egli trasse da Demostene e lo mutò al peggio» 101.
Proprio a partire da questo giudizio di Porfirio siamo sollecitati a un confronto
tra il testo della Contro Dionda e quello dell’orazione Sulla corona. Se qualcosa
già abbiamo detto del discorso iperideo, per quanto riguarda quello demostenico
possiamo ricordare, sinteticamente, che rappresenta l’intervento di Demostene, in
qualità di synegoros, in difesa di Ctesifonte, attaccato da Eschine con una graphe
97
TRAILL, PAA, V (1996), nº 317410.
Demosth. XVIII 222.
99
Demosth. XVIII 223.
100
[Plut.], Mor. Vit. X orat. 848f: e[graye kai; Dhmosqevnei timav", kai; tou` yhfivsmato"
uJpo; Diwvnda paranovmwn grafevnto" ajpevfuge.
101
Euseb. Praep. Evang. X 3, 14-15; G. DINDORF, Eusebius Caesariensis Opera, Lipsiae
1847. Cfr. Porfirio, fr. 408 ll. 73-85: ejpei; de; tou;" klevpta" e[doxen oujk oi\d’ o{pw" uJmiǹ fhsivn
eij" to; mevson ajgageiǹ, mhnuvw kaujto;" JUpereivdhn to;n kalo;n polla; para; Dhmosqevnou"
keklofovta e]n te tw` / Pro;" Diwvndan lovgw/ kajn tw` / Peri; tw` n Eujbouvlou dwrew` n. Kai; o{ti me;n oJ
e{tero" para; tou` eJtevrou metevqhke provdhlon: sugcronouvntwn d’ aujtw` n, uJmw` n me;n a]n ei[h
e[rgon, fhsivn, w\ jApollwvnie, ejk tw` n crovnwn ajnicneu`sai to;n klevpthn. jEgw; de; uJpopteuvw
me;n to;n uJfh/rhmevnon ei\nai to;n JUpereivdhn: ajdhvlou de; o[nto" oJpovtero", a[gamai me;n
Dhmosqevnhn, eij labw;n para; JUpereivdou pro;" devon diwvrqwse: mevmfomai de; to;n JUpereivdhn,
eij labw;n para; Dhmosqevnou" pro;" to; cei`ron dievstreye, A. SMITH, Porphyrii philosophi fragmenta, Stuttgart-Leipzig 1993. Riconosciuto l’interesse dell’osservazione di Porfirio, è bene però
osservare che fondamentale rimane una questione di carattere cronologico: Porfirio non tiene minimamente conto del fatto che il processo contro Dionda ebbe luogo prima che Demostene pronunciasse la sua orazione Sulla corona; cfr. TODD, Hypereides ‘Against Diondas’, Demosthenes,
164.
98
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paranomon 102 per aver proposto l’assegnazione di onori a Demostene stesso immediatamente dopo la morte di Filippo 103.
Innanzitutto, prima di addentrarci nei due testi oratori, possiamo notare che entrambe le cause furono discusse diversi anni dopo il momento effettivo in cui erano
state mosse le accuse contro i proponenti degli onori a Demostene che ne stavano
alla base: la Contro Dionda giunse dinanzi al tribunale dopo la distruzione di Tebe
ad opera di Alessandro 104 (settembre 335) e dopo la proposta di Demade di inviare
la trireme Paralo ad Alessandro per la spedizione in Asia 105 (gennaio 334), quindi
non prima della seconda metà del 335/4 o del 334/3 106; la causa Sulla corona fu
giudicata, per ragioni non meglio precisabili, solo nel 330/329 a.C. 107.
102
Eschine impugnò il decreto di Ctesifonte in quanto incostituzionale (Aesch. III 9-48) e
intentò contro Ctesifonte stesso un’accusa di grafh; paranovmwn, facendo leva su due irregolarità
di procedura: la legge vietava di incoronare un magistrato prima della presentazione del rendiconto e quando il decreto preliminare di Ctesifonte fu approvato Demostene era soggetto a revisione contabile come membro della commissione per il fondo dello spettacolo e come
commissario alle fortificazioni (Aesch. III 9-31 e 203); un’altra legge, poi, vietava la proclamazione dell’incoronazione in teatro, con la sola eccezione delle corone assegnate agli Ateniesi da
altri stati e consacrate ad Atena (Aesch. III 32-48 e 204). Per le leggi che Ctesifonte avrebbe infranto cfr. P.J. RHODES, The Athenian Boule, Oxford 1972, 1-16; per le basi giuridiche delle argomentazioni portate in causa cfr. W. GWATKIN, JR., The Legal Arguments in Aeschines’ Against
Ktesiphon and Demosthenes’ On the Crown, «Hesperia», 26 (1957), 129-41. Inoltre Demostene
non era degno di essere incoronato (Aesch. III 49-200 e 205): era disertore (Aesch. III 148,
152, 155, 159, 175, 181, 244, 253) e corrotto (Aesch. III 58, 69, 81, 85, 91, 94, 101, 103, 104,
105, 113, 129, 146, 149, 156, 173, 209, 212, 214, 221, 232, 239, 240, 244, 257, 259). Nel complesso, dunque, Eschine attacca soprattutto le motivazioni del decreto di Ctesifonte, contestando
cosı̀ quella che era stata l’intera politica di Demostene. Per una ricostruzione precisa e dettagliata
del caso è possibile servirsi del catalogo di Hansen: cfr. HANSEN, Graphe` paranomon, nº 30, 4547. Cfr. anche H. WANKEL, Demosthenes. Rede für Ktesiphon über den Kranz, Heidelberg 1976.
Da notare che [Plut.], Mor. Vit. X orat. 846a lega l’accusa di illegalità mossa ai danni di Ctesifonte al nome non solo di Eschine, ma anche di Diodoto.
103
Eschine propose come pena una multa per una somma tale che Ctesifonte per pagarla
avrebbe dovuto indebitarsi con lo Stato e divenire quindi atimos (Demosth. XVIII 15). Ctesifonte venne assolto, ma Demostene non poté essere incoronato perché il decreto era ormai decaduto
(Demosth. XXIII 92-93).
104
Hyp. In Diondam, p. 5, ll. 25-27: kai; nu`n ge, w\ a[ndre" Aqhnai`
j
oi, poll.oi;. Qh.b.aivwn.
ajkrow` ntai ejn t.w`.i. di.kasthrivw.i sc. o.lh;n a[gonte" (wJ" oujk a]n ejboulovmhn) («e ora, Ateniesi,
molti dei Tebani si presentano come uditori in tribunale per passare il tempo (cosa che io non
avrei voluto)»). Il riferimento è agli esuli tebani che gli Ateniesi avevano accolto in città all’indomani della caduta di Tebe.
105
Hyp. In Diondam, p. 7, ll. 20-25: [Kai;º ga;r nu`n ta; me;n a[lla ejªavºsw th`" ajselgeiva"
aujtou`, e[lege. de; eJn th`i prwv.hn ejkklhsivai deiǹ hJma` " th;n Pavralon pevmyanta" wJ"
Alexav
j
ndron mevmfesqai aujtw` /, o{ti uJstavtoi" uJmiǹ eJpevsteilen peri; tw` n trihvrwn («e ora tralascerò le altre testimonianze della sua impudenza, ma disse nella recente assemblea che noi dovevamo, inviata la Paralo da Alessandro, lamentarci perché eravamo stati gli ultimi cui egli si era
rivolto per le navi»). Il riferimento è alla richiesta da parte di Alessandro alla Lega di Corinto di
supporto militare in vista della spedizione in Asia. La proposta di Demade è collocata in uno
spazio temporale definito con l’espressione «prwvhn», recentemente/l’altro giorno, che rimane
però decisamente troppo generica per essere realmente d’aiuto a una datazione più precisa.
106
Rhodes suggerisce che il discorso rifletta il periodo immediatamente successivo alla vittoria
di Alessandro al Granico (maggio/giugno 334), mentre Horvàth preferisce gennaio/marzo 334, prima
della partenza di Alessandro per l’Asia. CAREY et al., Fragments of Hyperides’ Against Diondas, 3
n. 15; sulla proposta di Horvàth cfr. ID., Dating Hyperides’ Against Diondas, 27-34, e ancora, Hyperidea, 187-97; sulla proposta di Rhodes cfr. ID., Hyperides’ Against Diondas, 223-26.
107
In merito alla discussione ritardata della causa sono state offerte due differenti spiegazio-
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I DEMOCRATICI ATENIESI
57
Al di là di queste osservazioni preliminari, ciò che maggiormente interessa è notare i punti di contatto esistenti tra i due testi oratori, in relazione sia alle tematiche
chiamate in causa sia alle scelte linguistiche.
Il discorso iperideo e quello demostenico, infatti, pur nella specificità dei casi
giudiziari all’interno dei quali si inquadrano, si caratterizzano per la presenza dei
medesimi riferimenti alla politica ateniese e in particolare al rapporto fra Atene e la
Macedonia. In entrambi si discute di modalità ed effetti dell’alleanza fra Atene e
Tebe ai danni della Macedonia 108, si presentano le truppe ateniesi in marcia verso
la Beozia 109, si ricordano le guerre persiane e il ruolo in esse giocato da Atene 110,
si riconduce alla tuvch la sconfitta di Cheronea 111, si narra la presa di Elatea da parte di Filippo II poco prima di Cheronea 112 e si elencano i traditori nelle città greche 113.
La vicinanza tra i due testi non si limita a questo: non solo vengono richiamati i
medesimi argomenti, ma anche a livello di scelte linguistiche si possono riscontrare
significative corrispondenze 114. Tra queste quelle maggiormente degne di nota si
trovano in quella che per noi rappresenta la prima pagina del codice palinsesto che
ci restituisce l’orazione iperidea 115: in particolare la prima frase mostra forti corrispondenze lessicali con il racconto demostenico relativo all’entusiasmo tebano nell’accogliere l’armata ateniese nel 338 116. Poco oltre, laddove si ricorda la decisione
ni, rispettivamente da Cawkwell (G.L. CAWKWELL, The Crowning of Demosthenes, «CQ», 19,
1969, 163-80) e Burke (E.M. BURKE, Contra Leocratem and De corona: Political collaboration?,
«Phoenix», 31, 1977, 330-40). Cawkwell ritiene che sia stato Eschine a portare il caso dinnanzi
alla corte in quell’anno in virtù del recente fallimento di Demostene in relazione alla campagna
di Agide III; Burke, da parte sua, suggerisce che sia stato Demostene a scegliere il 330 come
momento della discussione finale della causa, aggiungendo anche l’impressione che l’oratore abbia lavorato a quattro mani con Licurgo, che poco prima aveva discusso una causa contro Leocrate. Per un esame più approfondito delle due ipotesi cfr. E.M. HARRIS, Aeschines and Athenian
Politics, New York-Oxford 1995, 173-74.
108
Hyp. In Diondam, p. 1, l. 1; p. 2, l. 22; p. 4, ll. 9-12; p. 5, ll. 1-24; Demosth. XVIII
174-243.
109
Hyp. In Diondam, p. 1, ll. 1-2; Demosth. XVIII 177.
110
Hyp. In Diondam, p. 1, ll. 12-28; Demosth. XVIII 208.
111
Hyp. In Diondam, p. 2, ll. 2-8; Demosth. XVIII 192-194, 300.
112
Hyp. In Diondam, p. 5, ll. 19-20; Demosth. XVIII 230.
113
Hyp. In Diondam, p. 7, l. 5; Demosth. XVIII 295.
114
A questo proposito cfr. TODD, Hypereides ‘Against Diondas’, 161-74, che avvia la sua
analisi dalle acquisizioni di CAREY et al., Fragments of Hyperides’ Against Diondas, 1-19.
115
Hyp. In Diondam, p. 1, ll. 1-31.
116
Hyp. In Diondam, p. 1, ll. 1-6: ejpeidh; tau`ta hjkouvsate par’ hJmw` n, jEleusivnoqen eij"
Qhvba" ejporeuvesqe: ou{tw". de; pro;" ajllhvlou" oijkeivw". k.ai; filanqrwvpw" dietevqhte, w{st’
ejkeiǹoi me;n eijselhluqovte" aujtoi; eij" th;n povlin kai; eij" ta;" oijk.i.va.". ej.p.i.; pai`da" kai; gunai`ka"
to; stratovpedon uJ.mw` n uJpedevxanto («dopo aver ascoltato queste cose da noi, da Eleusi vi metteste in viaggio verso Tebe: eravate cosı̀ amichevolmente e benevolmente disposti gli uni verso
gli altri, che quelli, presentatisi essi stessi in città e nelle loro case, in presenza di figli e mogli,
accolsero il nostro esercito»). Demosth. XVIII 215: ou{tw" oijkeivw" uJma`" ejdevconto w{st’ e[xw
tw` n oJplitw` n kai; tw` n iJppevwn o[ntwn eij" ta;" oijkiva" kai; to; a{stu devxesqai th;n stratiavn, ejpi;
pai`da" kai; gunai`ka" («vi accolsero cosı̀ calorosamente che, mentre le nostre truppe di fanteria
e di cavalleria erano fuori città, introdussero il nostro esercito nelle loro case, presso figli e mogli»). La corrispondenza tra questi passi ha reso possibile chiarire il senso di affermazioni che,
in Demostene, risultano ambigue: il genitivo assoluto demostenico tw` n oJplitw` n kai; tw` n iJppevwn
o[ntwn potrebbe riferirsi sia alla sola armata tebana, sia alla sola armata ateniese, sia a entrambe
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L. DE MARTINIS
dell’assemblea tebana di rompere l’alleanza con Filippo e di unirsi ad Atene, non
abbiamo più una corrispondenza prettamente linguistica, quanto piuttosto il ricorso
alla medesima struttura sintattica della disgiuntiva: entrambi gli oratori presentano
la decisione tebana come frutto di una scelta. La medesima costruzione sintattica,
però, coesiste in questo caso con una differenza a livello di struttura narrativa: Demostene, infatti, parla di una scelta di fronte alle due alternative poste dagli ambasciatori macedoni (o la neutralità o un’opposizione attiva ad Atene), Iperide a tre 117.
Se la discrasia a livello narrativo sembra contraddire la somiglianza sintattica tra i
due passi, in realtà essa si limita a servire l’intenzione retorica di Demostene, volta
a sottolineare il senso di tradimento dell’interesse ateniese e il suo personale successo di uomo politico nel saperlo evitare 118.
La constatazione di tali corrispondenze, soprattutto tematiche, ma, come abbiamo notato, anche linguistiche, consente di supporre l’esistenza di una stretta collaborazione fra Iperide e Demostene, non solo a livello di intenti, e quindi di
orientamento politico, ma anche a livello di composizione. È probabile che i due
oratori e politici ateniesi si siano dedicati assieme allo studio di una strategia difensiva per i due casi giudiziari in cui si trovarono coinvolti a vario titolo e che lo abbiano fatto non appena Dionda accusò Iperide, senza attendere che la causa fosse
effettivamente portata in tribunale. In questa direzione portano corrispondenze tematiche e linguistiche, quelle, per intenderci, che stavano alla base anche delle osservazioni di Porfirio 119.
Detto questo, però, non possiamo ignorare che tra la Contro Dionda e la Sulla
corona esistono anche alcune differenze che vanno oltre i meri dettagli narrativi e
la semplice distribuzione interna del materiale. Per citare almeno un esempio, rimanendo legati all’argomento dell’alleanza con Tebe, l’approvazione della scelta ateniese non avviene ‘‘analogamente’’ in entrambi gli oratori 120: Iperide ritiene che a
quell’epoca tutti (gli Ateniesi e gli altri Greci) pensassero che fosse una buona cosa, mentre Demostene giudica la mossa determinata dall’assenza di un’alternativa
(non solo nessuno suggerisce nulla di meglio, ma di fatto nessuno suggerisce nulla) 121. Al di là dell’esempio specifico, comunque, sono riscontrabili differenze più
le forze insieme; il corrispondente passo iperideo (Hyp. In Diondam, p.1, ll. 1-6), in cui il participio eijselhluqovte" non può che riferirsi ai Tebani, consente di escludere la prima di queste
tre opzioni. Cfr. CAREY et al., Fragments of Hyperides’ Against Diondas, 15.
117
Hyp. In Diondam, p. 1, ll. 13-20, in part. 13-15: ajnagkai`on ga;r h\n tou;" Qhbaivou"
triva me;n poih`sai, h] meta; Filivppou genevsqai, h] meq j hJmw` n, h] mhdev meq j eJtevrwn («era infatti
necessario che i Tebani facessero tre cose, o stare con Filippo, o stare con noi, o con nessuno
dei due»); Demosth. XVIII 213: to; d jou\n kefavlaion, hjxivoun w|n me;n eu\ pepovnqesan uJpo;
Filivppou cavrin aujtou;" ajpodou`nai, w|n d j uJf j uJmw` n hjdivkhnto divkhn labeiǹ, oJpotevrw"
bouvlontai, h] dievnta" aujtou;" ejf j uJma` " h] sunembalovnta" eij" th;n Attikhv
j
n («In breve, sostenevano che i Tebani avrebbero dovuto ripagare Filippo dei benefici che aveva arrecato loro e vendicarsi di quanto avevano subito da voi, o concedendo a Filippo di marciare contro di voi
attraverso la Beozia, oppure invadendo l’Attica insieme a lui, come preferivano»).
118
TODD, Hypereides ‘Against Diondas’, 167.
119
Cfr. supra, n. 102.
120
Carey ricorre all’avverbio «similarly»; cfr. ID., Fragments of Hyperides’ Against Diondas, 15.
121
CAREY et al., Fragments of Hyperides’ Against Diondas, 15, con riferimento a Hyp. In
Diondam, p. 1, ll. 21-26: hJdevw" d j a]n e[gwge puqoivmhn kai; aujtou` tou` kathgovrou povtera
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I DEMOCRATICI ATENIESI
59
consistenti: da una parte Iperide descrive dettagliatamente i faziosi attacchi portati
contro i capi politici ateniesi dopo il 338 e si lamenta delle restrizioni alla libertà di
Atene all’epoca di Alessandro; dall’altra Demostene evita di trattare degli anni successivi a Cheronea 122. Tali differenze possono essere imputate sia a diverse tattiche
retoriche, sia soprattutto al differente contesto in cui le orazioni sono pronunciate.
Il caso di Ctesifonte venne giudicato in tribunale dopo la sconfitta subita da Agide
a Megalopoli e dopo le prime decisive vittorie di Alessandro sui Persiani, e questi
recenti sviluppi non possono non aver influenzato Demostene 123: egli nell’orazione
Sulla corona presenta se stesso come un ideale difensore del popolo ateniese e, con
il proposito di tralasciare gli esiti negativi della propria politica, concentra l’attenzione sul momento precedente al 338, quando i Greci combattevano insieme sotto
la sua leadership. Dal canto suo Iperide, che non deve difendere la sua carriera politica e che è di fatto in prima persona coinvolto nel caso giudiziario, concentra la
sua attenzione sulla situazione corrente di Atene, sulla realtà del dopo Cheronea,
con l’intento di evidenziare ciò che Atene ha perso e di screditare il suo avversario
Dionda accusandolo di fatto delle disavventure ateniesi.
*
Concludendo, dunque, al di là delle differenze tra i due testi oratori, dovute alla
specificità dei casi giudiziari cui sono legati e ai differenti contesti in cui si inseriscono, sembra di poter affermare, sulla base di una serie di elementi convergenti, che tra il 336 e il 334 Iperide e Demostene lavorarono l’uno accanto all’altro
sia per costruire una difesa utile contro le accuse di illegalità mosse da Dionda a
Iperide, sia per difendere Ctesifonte dalle accuse di Eschine.
In effetti, già prima della scoperta dei nuovi frammenti della Contro Dionda nel
Palinsesto di Archimede era stato ipotizzato che Demostene avesse parlato come synegoros in difesa di Iperide e che i due avessero studiato assieme una strategia da
mettere in atto in tribunale 124: oggi, dopo le nuove scoperte relative al testo iperideo, ancora non siamo in grado di dire se Demostene sia intervenuto effettivamente
k(ai;) th`/ povlei kai; toi`" {Ellhsin ejdovkei kata; tou;" kairou;" ejkeivnou~ sumfevrein hJ Qhbaivwn
summaciva h] ou[. Eij de; tou`to para; pavntwn oJmologeit̀ai, tivne" ai[tioi touvtwn gegevnhntai;
(«Mi sarebbe piaciuto chiedere anche al mio stesso accusatore se, alla città e ai Greci, l’alleanza
dei Tebani sembrasse, in quell’occasione, utile o no. E se su questo tutti concordano, chi sono
stati i responsabili di ciò che è accaduto?») e Demosth. XVIII 190: eij ga;r e[sq j o{ ti ti" nu`n
eJovraken, o{ sunhvnegken a]n tovte pracqevn, tou`t j ejgwv fhmi deiǹ ejme; mh; laqeiǹ. Eij de; mhvt j
e[sti mhvt j h\n mhvt j a]n eijpeiǹ e[coi mhdei;" mhdevpw kai; thvmeron, tiv to;n suvmboulon ejcrh`n
poieiǹ; ouj tw` n fainomevnwn kai; ejnovntwn ta; kravtisq j eJlevsqai; («Se infatti qualcuno ha scoperto qualcosa che sarebbe stato utile fare in quell’occasione, io dico che avrei dovuto accorgermene. Ma se non c’è, non c’era e nemmeno oggi qualcuno potrebbe indicarlo, cosa avrebbe
dovuto fare il politico accorto? Non avrebbe forse dovuto scegliere la migliore fra le soluzioni
che gli si presentavano?».) Cfr. TODD, Hypereides ‘Against Diondas’, 167-68.
122
HERRMAN, Against Diondas, 179 e 184.
123
Cosı̀, ad esempio, Iperide ha potuto riferirsi alle Termopili come a un’onorevole sconfitta
spartana, ma quest’argomento non poteva essere recuperato da Demostene nel 329, cosı̀ poco
dopo la sconfitta di Agide; HERRMAN, Against Diondas, 185.
124
L. RUBINSTEIN, Litigation and Corporation: Supporting Speakers in the Courts of Classical Athens, Stuttgart 2000 («Historia Einzelschriften», 147), 224 n. 89.
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L. DE MARTINIS
in qualità di synegoros nel processo che vedeva coinvolto Iperide, ma sicuramente
possiamo sostenere l’ipotesi di una stretta collaborazione fra i due oratori nella costruzione di una strategia difensiva 125.
Attenendoci dunque a quanto ci dicono le fonti e facendo in particolare riferimento al materiale iperideo della Contro Dionda, possiamo dire che non pare ipotizzabile, per gli anni immediatamente successivi a Cheronea e almeno fino al 334
a.C., l’esistenza di un contrasto tra un’ala moderata e un’ala radicale del partito democratico. Volerla postulare significa retrodatare, contro o comunque nonostante
l’evidenza delle fonti, una realtà che emerge solo più tardi e che si concretizza in
modo lampante negli anni del processo arpalico e della guerra lamiaca: nei discorsi
di Iperide compresi tra Cheronea e il 334 si possono trovare solo tracce di quello
spirito di rivolta che sarà poi esplicito nella sua produzione successiva al 325. Non
c’è a quest’altezza cronologica una effettiva distanza ideologica che lo separi, lo
differenzi, lo metta in contrasto con Demostene, di cui Iperide sembra difendere
sempre e comunque le scelte politiche.
La testimonianza offertaci dalla Contro Dionda, quindi, smentisce l’ipotesi secondo cui la legge di Eucrate del maggio del 336 sarebbe stata l’esito di una frattura interna al partito democratico proprio tra il moderato Demostene e il radicale
Iperide e, in particolare, rende difficile considerarla come l’espressione di un’ala radicale del partito democratico che non avrebbe apprezzato l’allineamento dell’Areopago con le scelte troppo moderate di Demostene di questi anni.
Cercando di riflettere in modo nuovo sulla legge di Eucrate, è opportuno considerarne i due elementi costitutivi: la proclamazione della sacrosanctitas del tirannicida e la clausola specificamente relativa all’Areopago.
Leggendo il testo legislativo in una prospettiva totalmente orientata alla politica
interna, si è indotti a concentrarsi sostanzialmente sulla parte relativa all’Areopago
e quindi sulla clausola che prevedeva la privazione dei diritti politici e la sottrazione della proprietà per quell’Areopagita che sedesse in consiglio anche in caso di
abbattimento della democrazia. In un’ottica di questo genere la legge sembrerebbe
riflettere una percezione della precarietà della costituzione democratica 126, che però
in questo momento non sembra aver corso alcun pericolo reale 127 ed era già piena-
125
HERRMAN, Against Diondas, 179.
BLANSHARD, Depicting Democracy, 5. In effetti fin dal periodo arcaico la legislazione ateniese è costellata di provvedimenti destinati a impedire lo stabilimento della tirannide e il sovvertimento del regime democratico. L’evidenza di tutto ciò è messa in luce in OSTWALD, The
Athenian Legislation against Tyranny, 103-28, che ripercorre la legislazione ateniese dal tempo
di Dracone; cfr. anche RHODES, A Commentary on the Aristotelian Athenaion Politeia, 220-21, e
BIANCHI, The Law of Eukrates, 323-24. In relazione al mancato spazio che la tirannide ebbe nel
IV secolo ad Atene cfr. K.A. MORGAN, The Tyranny of the Audience in Plato and Isocrates, in
Popular tyranny: sovereignity and its discontents in ancient Greece, ed. K.A. MORGAN, Austin
2003, 181-213; J. OBER, Tyrant killing as therapeutic stasis: a political debate in images and
texts, in Popular tyranny, 215-50.
127
Gli anni trenta del IV secolo videro una notevole ripresa del culto di Democrazia: nel
333/2 venne eretta una statua di Democrazia nella boule´ (RAUBITSCHEK, Demokratia, 238-43) e
nei due anni successivi i generali ateniesi sacrificarono a Democrazia (IG II2 1496). Cfr. J.E. ATKINSON, Macedon and Athenian Politics in the Period 338 to 323 B.C., «AClass», 24 (1981),
37-48.
126
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I DEMOCRATICI ATENIESI
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mente tutelata a livello legislativo 128. In tal caso, la legge di Eucrate sarebbe da ricondurre a una cerchia democratica (demostenica?), in piena consonanza con il programma di restaurazione messo in atto negli anni successivi da Licurgo, allo scopo
di risollevare il morale di Atene all’indomani di Cheronea e di riportare la città a
una posizione analoga a quella che la polis rivestiva prima dell’affermazione di Filippo.
Un’apertura dello sguardo alla politica estera, però, ci induce a soffermare la nostra attenzione anche sulla prima clausola del provvedimento legislativo presentato
da Eucrate, vale a dire quella legata alla sacrosanctitas del tirannicida. In questa
prospettiva è importante considerare la datazione della legge, che, come si è detto
in precedenza, si colloca nel maggio del 336 a.C., cioè all’indomani del matrimonio
di Filippo con Cleopatra e del conseguente allontanamento da Pella di Alessandro e
Olimpiade, in quello che è un momento di grave crisi dell’establishment dinastico
macedone, crisi che arrivò allo zenith pochi mesi dopo, con la morte di Filippo
stesso 129. Ci si potrebbe quindi domandare se, dietro le mosse di un’Atene vinta ma
non doma che approva la legge proposta da Eucrate, non si possa leggere la volontà di offrire un rifugio a un eventuale nemico di Filippo, sulla scia di una linea politica che Atene aveva già molte volte seguito nel passato e che consisteva
nell’inserirsi nelle crisi dinastiche degli Argeadi, attraverso l’appoggio a pretendenti
al trono, più o meno legittimi, piuttosto che ai detentori effettivi del potere 130.
Di fatto, dunque, la legge di Eucrate consente un duplice livello di lettura, a seconda che la si consideri nell’ottica della politica interna o della politica estera di
Atene. In particolare, poi, sembrerebbe estremamente attenta ad analizzare la situazione dinastica della Macedonia, nella piena convinzione che la figura del sovrano
avesse un ruolo fondamentale nella gestione dei rapporti del nuovo egemone con la
Grecia.
La polivalenza di questa legge si sarebbe originata in seno al partito democratico, figure chiave del quale sono per questa fase non più soltanto Demostene e Iperide, ma anche Licurgo, che, con l’inizio della sua gestione delle finanze ateniesi,
diventa un indiscusso fattore di equilibrio: egli, infatti, favorisce il mantenimento
della coesione interna al partito, da una parte collocandosi su posizioni molto vicine
a quelle di Demostene, come attesta la consonanza tra l’orazione demostenica Sulla
128
In modo particolare l’esistenza del nomos eisangeltikos, che prescrive la denuncia all’assemblea nei casi di tradimento e corruzione politica, sarebbe di per sé una ragione sufficiente
per ritenere non necessaria la legge contro la tirannide del 336 a.C. Cfr. BIANCHI, The Law of
Eukrates, 324-25; OSTWALD, The Athenian Legislation against Tyranny, 119-23.
129
Anche se l’uccisione di Filippo maturò certamente in ambienti macedoni (Arr. Anab. I
25, 1-2), non mancò il sospetto di interferenze straniere (Arr. Anab. II 14, 5): Alessandro accusò
Dario di avere organizzato l’uccisione di Filippo e dichiarò di averne le prove dalle lettere. Lo
stesso Alessandro accusò poi Dario di rapporti con gli Spartani e con altri Elleni.
130
Già alla morte di Perdicca III nel 360/59 gli Ateniesi sostennero, contro il legittimo erede
Aminta, Argeo: gli Ateniesi speravano che quest’ultimo, ottenuto il potere, permettesse loro di
riguadagnare il possesso della colonia di Anfipoli in Tracia, persa nel 427 a.C. Sul tentativo di
Atene di influenzare la successione al trono di Macedonia, cfr. WORTHINGTON, Philip II of Macedonia, 21; J. HESKEL, Philip II and Argaios: a Pretender’s Story, in Transitions to Empire: Essays in Honor of E. Badian, eds. R.W. WALLACE - E.M. HARRIS, Norman 1996, 37-56.
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L. DE MARTINIS
corona e quella licurghea Contro Leocrate 131, dall’altra facendosi promotore di
provvedimenti e azioni giudiziarie improntate a una certa durezza, in conformità sia
allo spirito che sta alla base della legge di Eucrate, sia alle posizioni strenuamente
anti-macedoni di Iperide. Quanto a quest’ultimo, invece, la sua posizione sulla scena politica ateniese appare via via più sfumata, tanto che il suo nome scompare dalle fonti, come se si arrivasse a una sua progressiva emarginazione. Tale
emarginazione, però, deve essere abbassata dopo la partenza di Alessandro per l’Asia e le prime vittorie del Macedone, quando Licurgo e Demostene sembrano convincersi della definitiva stabilizzazione del regno di Alessandro e della necessità
per Atene di trovarsi uno spazio di affermazione indipendente dal suo rapporto con
la Macedonia. La Contro Dionda del 334 a.C., infatti, ci appare come l’ultimo testimonium della vicinanza ideologica e pragmatica tra Demostene e Iperide e segna
un più che probabile terminus post quem per la frattura interna al partito democratico ateniese.
131
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