notizie dal ser.t di aosta

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IL TRATTAMENTO DEL GIOCATORE
D’AZZARDO PATOLOGICO
AL SER.D. DI AOSTA
DOTT.SSA MARCELLA GILLI
ASSISTENTE SOCIALE SER.D. AUSL VALLE D’AOSTA
Tel. 0165-544650
Fax . 0165-544652
e-mail: [email protected]
Il Ser.D. di Aosta ha iniziato ad accogliere i pazienti con problematiche legate al gioco d’azzardo
nel 2007. I primi pazienti sono arrivati al servizio in svariati modi: chi attraverso canali presenti su
internet, chi da comunità terapeutiche a cui è stato chiesto consiglio sul da farsi, chi associando il
gioco d’azzardo con le altre dipendenze.
I primi pazienti afferiti al Ser.D. sono stati gli anziani spinti dalle conseguenze economiche in cui
l’attività di gioco li relegava. Molti, giungevano con bisogni primari da soddisfare, come la spesa
quotidiana. Pochi sono stati i giovani che hanno richiesto aiuto attraverso i familiari: la loro
caratteristica è quella della difficoltà di aggancio al servizio. L’idea che il gioco non sia un problema è
molto più radicata nei giovani che – pur dedicando molte ore al gioco – non riescono ad osservare
ancora conseguenze negative per la loro vita e non soffrono ancora profondamente dal punto di vista
psicologico.
Finora il Ser.D. ha avuto in carico 61 pazienti con un’età media di 52 anni nel primo triennio, tale
dato si è poi abbassato nel 2011 con un’età media di 45 anni per i maschi e 40 per le femmine. I dati
del 2012 sono significativi e preoccupanti, poiché indicano che i casi nuovi accolti sono stati 23: più
del doppio a quelli registrati in un periodo temporale di un anno, per gli anni pregressi.
Osservando i giocatori, ascoltandoli nei colloqui, è emersa da essi un’esigenza di entrare all’interno di
un percorso costruito con attività e colloqui costanti nel tempo. Il giocatore non tollera lunghi tempi
d’attesa fra un colloquio e l’altro e gli interventi debbono essere serrati. Dobbiamo dire che il giocatore
è il paziente che mai si lamenta d’avere più colloqui settimanali.
Su questa ed altre osservazioni sul paziente è stato costruito il Gruppo di Lavoro Gap formato da un
referente assistente sociale (l’idea è quella che un referente abbia capacità di connettere risorse,
strumenti, costruire la rete territoriale di sostegno), un educatore, uno psicologo, un consulente
medico e un consulente psichiatra. Nel tempo – poi – tale gruppo si è incrementato ancora di un altro
educatore e un’assistente sociale con l’intento di allargare l’attività anche ad altre dipendenze
comportamentali.
La fase di accoglienza è stata costruita con l’idea che l’aggancio dovesse essere veloce (pena la
perdita del paziente); per tale motivo gli appuntamenti vengono fissati entro 3-4 giorni dal primo
contatto. Il primo colloquio di accoglienza viene fissato con l’assistente sociale che apre la cartella
informatica e cartacea. Tale colloquio si svolge sempre alla presenza di un familiare in modo che
vengano evidenziate sia le difficoltà del giocatore, sia quelle del familiare. Vengono spiegate le
procedure e le attività per il trattamento GAP e viene subito proposto un contratto di gestione
controllata sul denaro, veicolo fondamentale dell’azzardo. Si chiede al familiare di controllare il conto
del giocatore, le sue spese quotidiane, gli strumenti atti al prelievo di denaro. Il familiare funge, in un
primo momento, da amministratore di sostegno ma, non volendo emarginare totalmente da
quest’ambito il giocatore, viene chiesto che la gestione economica familiare venga condivisa
attraverso una scheda da compilare insieme. Quest’intervento permette subito di privare in tutto o in
parte il giocatore dello strumento attraverso il quale egli alimenta l’azzardo, senza escluderlo dalla
famiglia. Una seconda utilità consiste nel poter verificare cosa succede al giocatore senza attività di
gioco. Spesso si osserva che la depressione aumenta e si rende necessario l’intervento
farmacologico. All’interno dell’ambito sociale si effettuano valutazioni anche in merito ad una
possibilità di consulenza familiare con tecniche di mediazione, volta alla riorganizzazione e
ricostruzione delle relazioni familiari.
Nel secondo colloquio di accoglienza il paziente incontra l’educatore che sonda le modalità
dell’attività di gioco, valuta un possibile ingresso nel gruppo di auto-aiuto per giocatori, raccoglie la
storia della dipendenza e la ricostruzione di uno spazio ludico sano, per gettare le basi del futuro
trattamento. Il terzo colloquio è quello psicologico, nel quale s’inizia a fare una psicodiagnosi e,
successivamente, a valutare la possibilità di proporre un sostegno/psicoterapia individuale.
La fase di accoglienza termina entro 10 giorni con una proposta di percorso al giocatore e alla sua
famiglia.
Il gruppo di lavoro integra gli interventi psico – socio - educativi attraverso verifiche settimanali di
quanto emerge nei diversi ambiti, in modo da poter approfondire i contenuti con gli strumenti specifici
di ogni professione.
La scelta di attivare in modo complementare sia interventi di consulenza familiare, sia interventi
psicologici individuali a favore di uno stesso soggetto risulta essere molto importante: da una lato vi è
una riflessione con il familiare che permette di tradurre il disagio da gioco d’azzardo, in modo da non
causare agiti disfunzionali nel nucleo. Vengono ridiscussi ruoli, regole e il giocatore può sentirsi
alleggerito dal peso dei pregiudizi familiari: tutti i membri si ridefiniscono e si mettono in discussione.
D’altra parte – attraverso uno spazio psicologico individuale – il paziente può lavorare su ciò che è più
intollerabile, ciò che la famiglia non è pronta ad affrontare.
Un altro grande ambito è sicuramente quello che si svolge all’interno del gruppo di auto-aiuto,
gestito dall’educatore che funge da facilitatore. Attraverso questo lavoro il paziente può accettare il
proprio disagio guardandolo dal di dentro, attraverso i suoi meccanismi e le sue conseguenze. Uno
degli strumenti nati durante il percorso all’interno dei gruppi per giocatori è l’utilizzo della scrittura. L’
interesse per la scrittura è sorto inizialmente dalla lettura di storie e fiabe alle quali veniva connesso il
significato del messaggio insito nel contenuto. Pian piano gli stessi pazienti hanno iniziato a scrivere le
loro storie e a volerle raccontare in gruppo. Per ognuno quindi è iniziato un percorso di scrittura dove
loro stessi raccontano le fasi e le progressioni del loro percorso terapeutico. Tali letture vengono poi
riprese anche nei colloqui psicologici e approfondite collegando un significato più personale. L’utilizzo
dello strumento della scrittura risulta avere un effetto catartico, non privo di un’elaborazione
approfondita importante.
Il paziente quindi può usufruire un trattamento ambulatoriale tridimensionale: individuale profondo, familiare e di controllo, fra i pari; che nuovamente si collega all’individuale-profondo.
Per ciò che concerne l’ambito educativo l’operatore interviene anche sui casi in cui il Ser.D. ha
attivato le procedure per il ricorso all’amministratore di sostegno. Quando l’amministratore di sostegno
viene nominato, l’educatore supporta il rapporto che s’instaura fra il giocatore e l’amministratore.
Questo si rende necessario in quanto spesso l’amministratore di sostegno non conosce il linguaggio
della dipendenza e della patologia da gioco d’azzardo e di conseguenza con difficoltà si relaziona col
paziente. Una maggiore rigidità o poco controllo potrebbero inficiare definitivamente il rapporto di
fiducia fra amministratore e amministrato e così compromettere anche il percorso terapeutico
riabilitativo. L’educatore – dunque – si pone da intermediario fra amministratore e amministrato
traducendo le istanze di uno e dell’altro e mettendo maggiormente in contatto le due parti. L’operatore,
inoltre, assiste, per una prima fase dell’amministrazione di sostegno, il paziente durante la gestione
economica ordinaria al fine di contenere/prevenire la ricaduta; mentre in una seconda fase concorda
col paziente obiettivi volti ad una maggiore autonomia e gestione del denaro.
GLI STRUMENTI: Il Gruppo di Lavoro si è via via costruito ed ha acquisito da altri servizi
strumenti da utilizzare con il giocatore e la sua famiglia. Dal punto di vista sociale si è già parlato della
scheda della gestione economica ‘presa a prestito’ dal Dott. Bellio, si è poi costruita una scheda
riepilogativa dei debiti del giocatore sia verso privati, sia verso enti, con scadenze di pagamento. La
riflessione sulla situazione debitoria permette – insieme alla famiglia – di fare un primo passo verso
una trasparenza necessaria alla cura. In questo modo talvolta emergono anche debiti legati al mondo
dell’usura. All’interno della consulenza familiare viene poi utilizzato il genogramma. Nella consulenza
familiare si sono rivelati come fondamentali i ‘compiti a casa’ da dare alle famiglie. Queste attività
permettono al nucleo di sperimentarsi nell’autonomia, nella ricostruzione dei legami familiari evitando
di continuare a posizionare il giocatore come ‘paziente designato’. Il giocatore e la sua famiglia
richiedono – più di ogni altra tipologia d’utenza – orientamenti e consigli di cura e si attengono più di
altri ai ‘compiti’. Attraverso questo strumento l’attenzione viene spostata sui ruoli familiari, sulle risorse
di ciascuno. Quando la famiglia subisce un’impasse, in cui sembra non vi siano più argomentazioni, o
vi è una fase ‘depressiva’ l’aiuto dei cartelloni dove sono stati sottolineati ruoli, compiti, legami, diventa
lo spunto per rivedere tutto il lavoro svolto e portare alla luce ambiti ancora inesplorati.
Per ciò che concerne la parte educativa l’operatore si serve di una scheda chiamata scheda sistemica
evolutiva: una griglia che incrocia l’età del paziente (dalla nascita fino ad oggi) con alcuni ambiti di
vita; la famiglia d’origine e acquisita, la dipendenza, la storia scolastica e professionale, la vita
affettiva. Con la ricostruzione della sua storia il paziente ha la possibilità di fermarsi e far riemergere
eventi rimossi, parti della vita in cui in apparenza non vi è un ricordo chiaro. Al termine della
compilazione della scheda con matite colorate vengono poi – insieme al paziente – fatte delle
connessioni fra gli eventi problematici e il sintomo. Soprattutto questo lavoro s’integra molto bene con
la parte psicologica più approfondita.
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