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 Trattamento del dolore episodico intenso
Il dolore oncologico è causato da vari fattori o eventi (infiltrazione di struttura ossea e/o
nervosa, viscere cavo, conseguenza di chirurgia, chemio- o radioterapia, effetto di patologie
concomitanti correlate quali sindromi paraneoplastiche, herpes zoster e così via), ma il più
delle volte non ha andamento costante: non è raro infatti che il dolore di base, malgrado un
buon controllo con farmaci oppioidi, sia accompagnato da riacutizzazioni sporadiche di
elevata intensità. Tale evenienza viene denominata dolore episodico intenso (altrimenti
detto breakthrough cancer pain): una definizione, questa, introdotta da Portenoy e Hagen nel
1990, che nel corso del decennio successivo è stata riproposta con qualche lieve modifica
formale pur mantenendo sempre un significato concettuale in sintonia con quello originario. Il
dolore episodico intenso può essere spontaneo o incidentale, ossia provocato da un atto
volontario come un movimento, da un atto non intenzionale come un colpo di tosse o da un
intervento terapeutico, come il bendaggio di una ferita. Ogni episodio può avere una durata
fino a 60 minuti, ma di solito si protrae per 15-30 minuti, con un tempo medio alla massima
intensità di 3-15 minuti e una frequenza da 2-3 volte la settimana fino a 3-6 volte al giorno.
Aspetti fisiologici e clinici
La genesi del dolore episodico intenso si riconduce alla fisiopatologia del dolore oncologico
e contempla sia la fenomenologia di invasività locale e metastatica sia la produzione e
liberazione da parte delle stesse cellule neoplastiche di mediatori: ne deriva una stimolazione
dei nocicettori periferici a cui fa seguito la sensibilizzazione dei neuroni nocicettivi secondari del
midollo spinale, con aumento della loro attività spontanea e della responsività ai fattori
meccanici e termici. Naturalmente ogni individuo può vivere un’esperienza differente in
rapporto alla natura istologica e alla localizzazione del tumore. È però fuori discussione
che il dolore episodico intenso, inserendosi già nel contesto di un quadro di compromissione
clinica, determina un impatto gravoso sulla qualità di vita del paziente: in un’indagine condotta
in Europa nel 2009 da Breivik et al., per esempio, la prevalenza del dolore episodico
intenso era del 50-90% nei pazienti oncologici ospedalizzati e del 63% di quelli in trattamento
analgesico, mentre il dolore oncologico era stato definito angoscioso dal 67% dei pazienti,
aspetto intollerabile del tumore dal 36% e dal 32% così intenso da desiderare di morire.
Approcci terapeutici del dolore episodico intenso
Relativamente all’orientamento pratico il dolore episodico intenso richiede un approccio
mirato e non in una prospettiva di semplice complementarietà alla terapia analgesica. La vera
questione, però, è che anche in questo caso è giustificato parlare di sottovalutazione del
dolore. Dall’indagine poc’anzi citata erano emersi risultati subottimali per quanto riguarda sia il
trattamento sia i risultati: il 25% dei pazienti con dolore moderato-severo era stato trattato
con un solo oppioide del terzo gradino, il 15% con un solo oppioide del secondo gradino, il 6%
con un farmaco non oppioide e il 6% aveva ricevuto oppioidi del secondo e del terzo gradino,
con o senza un farmaco non oppioide. Tra quelli con dolore severo-molto severo, il 24% è
stato trattato con un solo oppioide del terzo gradino, il 9% con un solo oppioide del secondo
gradino, l’11% con un solo farmaco non oppioide e il 9% ha ricevuto oppioidi del secondo e del
terzo gradino, con o senza un farmaco non oppioide. Tra le ragioni principali spiccano tuttora
una valutazione inadeguata dell’intensità del dolore e il timore degli effetti collaterali
degli oppioidi utilizzati nel terzo step della scala analgesica.
Il trattamento: dal passato all’ultima “novità”
Storicamente morfina solfato a rilascio immediato e ossicodone a rilascio immediato hanno
rappresentato il fulcro del trattamento del dolore episodico intenso. Ha perciò acquistato
crescente interesse fentanyl, un oppioide agonista del recettore µ, caratterizzato da un rapido
effetto anestetico e analgesico e somministrabile per via transmucosale. La recente novità
in questo ambito è rappresentata da una nuova formulazione di fentanyl in compresse
sublinguali, che assicurano una biodisponibilità del 70% e un sollievo dal dolore a partire da 6
minuti dall’assunzione, mai raggiunto in precedenza dalle altre formulazioni orali
transmucosali.
Il ruolo del farmacista
Il farmacista è un riferimento privilegiato del paziente oncologico e della sua famiglia. Egli
dispone di competenze fondamentali nella gestione corretta dei farmaci, di cui conosce
prerogative cinetiche, meccanismo d’azione e rischi di interazioni.
Può inoltre acquisire rapidamente informazioni essenziali sulle abitudini di vita, sulle esigenze e
sui tratti personologici e caratteriali del paziente e al tempo stesso è informato sulle strutture
sanitarie disponibili sul territorio. È in altre parole un professionista “trasversale”, in grado di
fungere da mediatore tra il mondo clinico e la quotidianità del paziente. La sua pronta
reperibilità e disponibilità lo rendono perciò un prezioso consulente, che ha tutte le carte in
regola per poter svolgere un delicato compito di informazione ed educazione sanitaria e
al tempo stesso per sensibilizzare il paziente a valutare più attentamente il suo stato di salute.
Bibliografia
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