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6. La società
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1) Che cos’è la società
L’essere umano è per sua natura un animale sociale, senza la società non potrebbe sopravvivere. Anche quando si isola e cerca di
sfuggire alla società l’individuo porta con sé le idee, le tecniche che
ha appreso dagli altri.
Non avrebbe senso considerare la cultura, e neanche il concetto
stesso di evoluzione, senza presupporre la preesistenza di un sistema di vita associata dotato di proprie regole. L’individuo, dunque, è
impensabile senza la società, ma allo stesso tempo non è il semplice
assembramento di individui a costituire la società.
Gli individui formano una società quando:
In senso generale una società è un sistema sociale ben determinato e dotato di propri tratti distintivi. Tali tratti sono strettamente correlati a variabili linguistiche e culturali; in tal senso è
possibile parlare, ad esempio, di società occidentale o società
orientale. In genere l’aspetto linguistico e
Atteggiamenti: sistemi tenquello culturale, inteso quest’ultimo co- denzialmente stabili di creme sistema di valori e atteggiamenti, denze, sentimenti, valutaziocostituiscono i due elementi alla base ni e tendenze ad agire a fadelle società di fatto. Ogni società esiste vore o contro qualcosa o
qualcuno.
in primo luogo grazie all’esistenza di un
sistema linguistico comune e conseguentemente ad un complesso
di valori e norme culturali condivise che hanno conosciuto una
ben precisa evoluzione nel corso del tempo. In questo senso è an101
6. La società
— rappresentano una collettività stabile, occupano un territorio comune e interagiscono gli uni con gli altri;
— condividono la stessa cultura (lingua, tradizioni, costumi ecc.);
— sono consapevoli di appartenere allo stesso gruppo e si identificano in esso.
che possibile parlare di società globale. Il
progresso tecnologico, infatti, aiuta a superare determinate barriere culturali: la
velocità nella trasmissione delle informazioni e delle comunicazioni, grazie allo
sviluppo delle reti telematiche, apre la via
a una particolare società di fatto a livello
mondiale (villaggio globale), in cui nonostante le differenze linguistiche milioni e
milioni di individui condividono sempre di
più medesimi valori ed approcci al vivere
associativo;
La società si identifica con lo Stato, quando si pone, invece, l’enfasi sulla dimensione normativa. I valori, e gli atteggiamenti culturali,
infatti, non potrebbero acquisire carattere stabile senza l’esistenza di
precise regole e norme di condotta condivise e rispettate dalla totalità di coloro che costituiscono una società.
Società globale: società
senza barriere e distanze
culturali, in cui le informazioni, grazie agli enormi
sviluppi del progresso tecnologico, circolano in tempo reale.
Villaggio globale: definizione del mondo contemporaneo senza barriere e
distanze culturali, del celebre storico canadese dei
media Marshall McLuhan.
Per approfondire
«La realtà sociale che ci circonda non è soltanto il prodotto delle nostre azioni e
delle azioni degli uomini e delle donne nostri contemporanei, ma di una lunga
catena di generazioni. È come se ogni generazione ricevesse in eredità da quelle
che l’hanno preceduta un patrimonio sul quale operare, da trasformare o da
trasmettere poi, selettivamente, alle generazioni successive. Possiamo paragonare la società a un treno sul quale continuano a salire nuovi viaggiatori, prima
o poi destinati a scendere; il treno compie un viaggio molto più lungo del tragitto delle popolazioni di viaggiatori che lo occupano da una stazione all’altra.
Poiché la vita dell’uomo è più breve della vita della società, ogni uomo occupa
un posto temporaneo su un convoglio che viene da lontano e che continuerà il
suo viaggio anche dopo la sua morte».
6. La società
(A. Bagnasco-M. Barbagli-A. Cavalli, Corso di sociologia,
il Mulino, Bologna, 1997)
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2) La struttura sociale
Tutte le società umane presentano una struttura sociale, costituita
da un insieme di parti tra loro interrelate che formano un insieme
organizzato. Una società non è mai un insieme di persone riunite a
casaccio che si trovano per caso ad occupare lo stesso territorio.
In ogni società esistono dei modelli di comportamento che si ripetono con regolarità e costituiscono le fondamenta di quel grande
edificio che è la società. La struttura sociale corrisponde quindi a
una grande rete organizzata di relazioni sociali e di componenti stabili nel tempo. Le componenti principali sono gli status, i ruoli, i
gruppi e le istituzioni.
I singoli individui sono le cellule, le unità elementari della società; la sociologia, tuttavia, più che privilegiare l’aspetto fisiologico e
psicologico dell’uomo, si occupa principalmente delle sue interazioni con gli altri e dell’individuo in quanto membro di determinati
gruppi sociali.
Nella società le persone si differenziano l’una dall’altra, non solo
per le loro caratteristiche individuali (età, sesso, religione ecc.), ma
anche in base all’appartenenza a determinati gruppi sociali. Quando
parliamo di gruppo, intendiamo un insieme di individui che interagiscono gli uni con gli altri in modo ordinato per il perseguimento di
fini comuni. A seconda del gruppo di appartenenza viene attribuita
alle persone una posizione sociale superiore o inferiore. Un libero
professionista non solo è considerato diverso da un operaio, ma si
pensa che egli occupi una posizione più elevata nella società. Allo
stesso tempo, però, un dottore è considerato allo stesso livello di un
libero professionista, quindi ognuno di noi impara sin da piccolo a
inserire le persone in una scala gerarchica di classificazione sociale,
che va dall’alto in basso e viceversa, in base al possesso e l’uso di
beni e servizi, al potere e alla valutazione sociale acquisiti. Ogni in103
6. La società
3) Status e ruoli
dividuo, infatti, occupa nella società una determinata posizione in
base anche alla valutazione sociale che ne danno gli altri. Tale posizione è lo status (uomo, vecchio, insegnante, bambino e così via)
ed è vincolata da un insieme di modelli comportamentali attesi che
costituiscono il ruolo sociale. Status e ruolo rappresentano, perciò,
due aspetti complementari.
Un individuo può avere vari status contemporaneamente, ma di
solito quello riguardante il suo tipo di lavoro è predominante.
Gli status possono essere di due tipi:
6. La società
— ascritti, cioè assegnati dalla nascita agli individui indipendentemente dalla loro volontà e abilità, come l’età, il sesso e la nazionalità, sono legati, quindi, a criteri di valutazione (in questo caso
la nascita) presenti nella società;
— acquisiti, quelli che, invece, dipendono dalla volontà dell’individuo e sono conquistati attraverso la capacità, la competizione e lo
sforzo, come il matrimonio, la posizione economica, religiosa ecc.
Il ruolo sociale è, come abbiamo già anticipato, il complesso delle azioni che la gente si aspetta da un individuo in base allo status
che occupa all’interno della società. Ad esempio, la dirigenza scolastica è uno status, vincolato da precise norme sociali che stabiliscono come deve comportarsi chi ha il ruolo di dirigente scolastico.
Molta parte della nostra condotta sociale è influenzata dalle aspettative altrui. In una famiglia patriarcale, moglie e figli saranno, ad
esempio, portati ad agire in un determinato modo e soprattutto nutriranno un certo tipo di aspettative nei confronti del padre. Quest’ultimo, a sua volta, si aspetterà che anch’essi agiscano in un certo modo
e con regolarità. Il caso della famiglia patriarcale è ovviamente estensibile a numerosissimi altri. L’uomo, quindi, in quanto persona è principalmente una creazione storica, che può essere studiata e compresa
più facilmente nei ruoli che impersona e che fa propri. Questi ruoli
sono delimitati dal genere di società in cui gli è capitato di nascere e
in cui diviene adulto raggiungendo la propria maturità. Ciò che pensiamo di noi stessi è influenzato in modo decisivo da come ci vedono
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gli altri: i loro atteggiamenti di approvazione e disapprovazione ci guidano, infatti, nell’apprendimento del nostro ruolo sociale.
Il concetto di ruolo non implica naturalmente l’equazione tra
persona e ruolo, poiché una singola persona può assolvere molti
ruoli differenti. Un dirigente industriale avrà comportamenti e ruoli
diversi a seconda delle circostanze in cui si trova. In ufficio agirà in
modo completamente diverso di come si comporterà a casa giocando con i figli. L’uomo può essere definito come un insieme di ruoli
che di volta in volta vengono attuati in base alle più diverse circostanze.
4) I gruppi
Il concetto di gruppo ha rappresentato, e rappresenta tuttora,
uno dei più importanti e più studiati nella letteratura sociologica.
Possiamo definire il gruppo un insieme di individui che interagiscono fra loro e condividono norme, interessi e valori comuni. In altri
termini, un gruppo è composto da persone i cui status e ruoli sono
strettamente interconnessi.
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6. La società
I gruppi possono essere suddivisi in:
— primari, caratterizzati da forme di interazione particolarmente
intense e intime tra i membri. Sono di solito gruppi poco estesi
e svolgono un ruolo estremamente significativo nella formazione della personalità dell’individuo. La
famiglia si presenta come il gruppo pri- Socializzazione primaria:
processo di formazione
mario più importante, in quanto ha un delle competenze sociali di
ruolo chiave nell’introdurre l’individuo base, che si realizza prevaverso quel delicatissimo processo che lentemente all’interno della
famiglia.
sociologi e psicologi sociali definiscono
Interazione sociale: prodi socializzazione primaria. Tale cesso in cui due o più inprocesso avviene nei primi mesi di vita dividui in relazione fra loro
e rappresenta soltanto una prima fase agiscono reagendo alle
dello sviluppo dell’interazione sociale azioni degli altri.
attraverso cui gli individui si formano e apprendono i modelli
di comportamento della società in cui vivono. La fase successiva è detta socializzazione secondaria e prosegue per tutto il
ciclo di vita;
— secondari, costituiti da numerosi indiSocializzazione secondaria:
vidui che generalmente hanno scarsi processo di formazione delle
contatti tra di loro, come può, ad competenze specifiche e neesempio, avvenire tra i lavoratori di cessarie allo svolgimento
un’azienda o tra gli iscritti a un partito. dei ruoli adulti, che si attua
prevalentemente al di fuori
In questo caso, si parla sempre di della famiglia (scuola, chiegruppo in quanto i membri condivido- sa, gruppo dei pari ecc.).
no un lavoro comune e di conseguen- Interazione faccia a faccia:
za un medesimo senso di appartenen- interazione che avviene tra
due o più soggetti l’uno in
za. Tuttavia, le dinamiche di interazio- presenza dell’altro.
ne che contraddistinguono questo genere di gruppi sono sostanzialmente diverse rispetto a quelle che
caratterizzano i gruppi di tipo primario. Le interazioni faccia a
faccia sono limitate, i componenti si rivolgono l’uno all’altro in
base a ruoli specifici, ad esempio impiegato, dirigente, capoufficio ecc. All’interno dei gruppi secondari ci sono sempre dei
gruppi primari più piccoli, che si formano quando gli appartenenti a un determinato gruppo secondario si conoscono e cominciano a interagire sempre più intensamente. Nelle società
preindustriali la maggior parte della vita sociale si svolgeva all’interno di gruppi primari, come la parentela o il villaggio; in quelle
moderne, invece, la maggior parte delle interazioni si svolge all’interno di gruppi secondari, determinando una vita sociale molto più anonima e impersonale.
6. La società
Il criterio di appartenenza a un gruppo può essere definito o meno da precise regole e a seconda dei casi abbiamo:
— gruppi formali, costituiti da un insieme di individui che normalmente condividono un qualche interesse di tipo strumentale,
legato a finalità produttive o al raggiungimento di un obiettivo
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specifico esterno al gruppo. Il criterio di appartenenza in questo
caso prevede regole precise riguardo ai requisiti, alle procedure
per l’ammissione e ai comportamenti da assumere per essere accettati all’interno del gruppo.
In questo genere di gruppi le norme comportamentali sono assai
più formalizzate e i valori di base del gruppo coincidono quasi
sempre con il raggiungimento dell’obiettivo che il gruppo si è
prefissato. Ad esempio, un team creato appositamente per la realizzazione di un progetto è un gruppo formale, dove i membri
condividono le rispettive conoscenze e abilità per la risoluzione
di un determinato problema;
La leadership. Nella trattazione dei gruppi non è possibile prescindere dall’analisi della leadership, un aspetto estremamente complesso, ma nel contempo fondamentale per una comprensione più ampia dello stesso concetto di gruppo. La leadership è il rapporto tra
una persona che guida e un gruppo di individui guidati, nel quale
chi guida esercita un’influenza maggiore di quella che riceve dagli
altri membri del gruppo. Il leader è quindi una persona che, grazie
alle sue doti personali, riesce a influenzare gli altri.
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6. La società
— gruppi informali, caratterizzati dall’esistenza di rapporti fondati
su criteri taciti e quindi poco definiti, in quanto l’obiettivo da
raggiungere non è la produzione di qualcosa di esterno ai membri appartenenti al gruppo, ma la soddisfazione dei loro stessi bisogni (amicizia, divertimento, socializzazione ecc.). Una particolare proprietà dei gruppi informali consiste nel fatto che non
hanno confini ben definiti e questo aspetto diventa spesso una
condizione fondamentale della loro stabilità: i membri possono
anche distaccarsi dal gruppo per un periodo, coltivando altri interessi, e poi riprendere i contatti in nuove circostanze. Molto
spesso i gruppi informali nascono dagli stessi gruppi formali. In
un’azienda o altra grossa organizzazione è probabile che tra alcuni membri si stabilisca un’intesa più forte che porti alla creazione di gruppi informali.
Per comprendere appieno la leadership è necessario soffermarsi su:
— caratteristiche personali del leader come individuo;
— immagini che i seguaci hanno di lui/lei e motivi che li spingono
a seguirlo/a;
— ruoli che questi assolve come leader;
— contesti strutturali e ruoli sia del leader, sia delle persone guidate.
Per essere definiti leader è necessario desiderare che il proprio
punto di vista venga accettato. Ogni gruppo ha sempre un leader,
anche se non sempre i leader detengono posizioni formali di potere.
Il rapporto tra leader e gruppo varia a seconda delle dimensioni
del gruppo.
Nei gruppi di piccole dimensioni, cioè quelli costituiti da un numero ristretto di appartenenti tale da garantire loro rapporti reciproci
intensi, si possono verificare due tipi di leadership:
— strumentale: quando il leader organizza e dirige le attività per
conseguire degli obiettivi e degli scopi che interessano tutto il
gruppo;
— espressiva: quando il leader si preoccupa di ridurre al minimo i
conflitti e mantenere l’armonia e la cooperazione all’interno del
gruppo.
6. La società
Di solito in un gruppo di formazione recente ambedue i tipi di
leadership vengono attribuiti alla stessa persona, perché chi piace
e riscuote simpatia è portato anche a dominare le attività del gruppo. Questo tipo di situazione, però, non regge a lungo, perché i
leader strumentali diventano ben presto meno amati, in quanto
esercitano una forma di potere sul gruppo. È raro, quindi, che dopo i primi tempi i due tipi di leader coincidano con la stessa persona, il più delle volte sono due e si appoggiano a vicenda creando
una leadership a due.
Il rapporto tra leader e gruppo diventa più complesso all’interno
di gruppi istituzionalizzati, cioè quelli in cui norme e valori che ne
hanno determinato l’origine sono ormai consolidati e razionalizzati.
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Tutte le istituzioni stabili comportano la presenza dei leader, in
quanto sono costellazioni di ruoli disposti secondo una certa graduazione di autorità, in modo tale che i diversi membri guardino a colui
che occupa il ruolo di capo come alla persona che garantisce, esternamente e internamente, la stessa costellazione di ruoli sui quali si
regge l’intera istituzione. I tipi di leader istituzionalizzati variano in
rapporto alle istituzioni che guidano. Il padre patriarcale, il parroco,
il dirigente d’azienda o il sindaco svolgono tutti ruoli più o meno
corrispondenti alle aspettative rivolte a essi dalla società in quanto
capi. Ciò che tuttavia accomuna queste differenti situazioni è, da un
lato, la relazione che si instaura tra leader e gruppo e, dall’altro, l’importanza capitale assunta dal concetto stesso di ruolo. Il ruolo assunto da un leader all’interno di un determinato gruppo è fondamentale
ai fini delle immagini che gli altri membri del gruppo hanno del proprio capo e ai fini della loro condotta.
Se la costruzione di un ruolo non fosse così importante, non si
spiegherebbe perché alcuni leader che hanno successo in determinati contesti, falliscono in altri. Allo stesso modo non si riuscirebbe a
comprendere perché gli stessi individui siano talvolta incapaci di assumere atteggiamenti di leadership al di fuori dei contesti abituali,
all’interno dei quali assumono tratti spesso in completa antitesi con il
loro stesso carattere.
Un ultimo aspetto della leadership da tenere presente è quello
relativo alla creazione dei ruoli all’interno e all’esterno dei gruppi. In
altri termini, possiamo considerare se il leader crea o meno il ruolo
che interpreta all’interno di un determinato gruppo, oppure se assume semplicemente un ruolo già esistente e lo attua passivamente.
— il capo istituzionale di routine: non crea né il suo ruolo né
tantomeno il suo contesto istituzionale, ma si limita ad inserirsi
all’interno di un sistema preesistente che contiene il ruolo guida
che questi assolve. I gruppi formali di ogni tipo offrono molto
spesso l’esempio di sistemi all’interno dei quali è possibile riscontrare simili forme di leadership;
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6. La società
Generalmente, vengono distinti tre possibili tipi di leader:
— il leader innovatore: inserito all’interno di un gruppo o contesto istituzionale preesistente, riesce a creare un nuovo ruolo e a
svolgerlo. In questi casi il leader può immaginare nuovi modi di
soddisfare le aspettative o percepire i bisogni del gruppo nel cui
contesto opera;
— il leader precursore: non solo crea un ruolo e lo svolge, ma
trasforma lo stesso contesto istituzionale all’interno del quale
opera.
Da questo schema e dalle descrizioni che abbiamo fatto dei diversi
contesti di leadership si deduce che, per comprendere qualsiasi fenomeno di leadership, è importante porsi le seguenti domande: in quale
contesto o gruppo sorge il leader? In che modo è strutturato il contesto? Quali sono le caratteristiche salienti del ruolo (e non del carattere)
del leader considerato? Quali immagini hanno di lui/lei, come persona
e come leader, coloro che lui/lei guida? Perché gli/le obbediscono?
Quali tecniche utilizza per diffondere queste immagini?
Quest’ultimo aspetto è di particolare importanza poiché ci introduce all’interno di un’ulteriore questione inerente ai gruppi. Si tratta
dei problemi relativi agli aspetti comunicazionali tra i diversi componenti di un gruppo.
6. La società
Le dinamiche comunicative nei gruppi. Anche se osservare e definire
le dinamiche comunicative intragruppo è un’operazione particolarmente complessa, esistono degli indicatori di massima che possono
facilitarne la comprensione.
I modelli comunicativi maggiormente diffusi all’interno dei gruppi, siano essi primari o secondari, formali o informali, si rifanno a situazioni:
— di scarsa comunicazione, in cui a gestire gli aspetti rilevanti
della comunicazione interna può essere o un unico componente
(fig. a) o nessuno dei membri del gruppo (fig. b);
— di tipo circolare, in cui la comunicazione tra i diversi membri è
sufficientemente alta, ma con la presenza, tra alcuni di essi, di
canali diretti o di vie preferenziali (fig. c);
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— di tipo democratico, in cui si verifica il massimo livello di comunicazione tra i membri del gruppo e l’assenza, tra loro, di canali preferenziali (fig. d).
C
— referenziale: considerata una delle forme fondamentali di comunicazione, senza la quale non avrebbe senso parlare di gruppo. Essa consiste fondamentalmente in uno scambio di informazioni tra interlocutori o componenti di un gruppo su un soggetto
o un determinato referente. Di solito si assume come referente
un fatto del mondo esterno al gruppo o un fatto sul quale un
soggetto emittente desidera fornire informazioni ad altri.
Perché si abbia uno scambio comunicativo efficiente a livello
referenziale occorre che tutti gli inter- Semantica: studio del silocutori condividano una medesima gnificato delle parole, della
struttura semantica: ovvero quelle combinazione di parole e
espressioni linguistiche complesse, singole frasi e degli enunciati di una determinata lingua.
espressioni idiomatiche e modi di dire che costituiscono parte integrante della cultura propria di un
gruppo;
— espressiva o interpersonale: relativa alla comunicazione degli
stati emotivi, è tra le funzioni predominanti all’interno dei gruppi
primari. Si tratta di un tipo di comunicazione espressa verbalmente o non verbalmente. Uno stato ansioso, ad esempio, può
essere comunicato attraverso il tono della voce, l’espressione del
viso o la gestualità. Relazioni particolari all’interno del gruppo
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6. La società
All’interno di ciascun processo comunicativo intragruppo è, inoltre, possibile classificare una serie di funzioni:
6. La società
possono, quindi, essere caratterizzate dai vari modi di esprimere
funzioni di tipo espressivo ed emotivo;
— di controllo: riguarda quell’aspetto della comunicazione finalizzato al conseguimento di un determinato obiettivo. Per controllare il
comportamento altrui si dispone, a livello linguistico, di tutta una
gamma di possibilità, che vanno da modalità dirette ed espresse
(ad esempio, i comandi, gli ordini ecc.) a modalità indirette (ad
esempio, l’uso di verbi modali quali occorre, bisognerebbe ecc.).
La scelta delle espressioni da utilizzare dipende da vari fattori, legati al contesto e alle dinamiche di gruppo. La funzione di controllo a livello comunicativo è, infatti, estremamente importante ai fini
di un corretto inquadramento delle dinamiche intragruppo;
— di coordinazione: si riferisce principalmente allo scambio di informazioni, di qualsiasi tipo;
— di metacomunicazione: riguarda l’aspetto relazionale tra gli attori dello scambio comunicativo. Oltre a essere condizione necessaria ai fini di una comunicazione di gruppo efficiente ed efficace, la capacità di comunicare in maniera adeguata è strettamente connessa allo spinoso problema della consapevolezza di
sé e degli altri. Ogni comunicazione interna a un gruppo ha due
aspetti: l’uno, relativo al messaggio, o al flusso di informazioni
che vengono scambiate; l’altro, inerente al modo in cui tale messaggio deve essere assunto.
Molte delle teorie più interessanti nell’ambito della comunicazione persuasiva sono state elaborate partendo proprio dai gruppi,
utilizzati come base di riferimento per osservazioni empiriche. Si
può definire la comunicazione persuasiva come la capacità di influenzare tramite il linguaggio le opinioni e le scelte dei destinatari
della comunicazione.
Le questioni più studiate nell’ambito della comunicazione persuasiva ruotano da sempre attorno a due interrogativi fondamentali:
chi esercita l’influenza e con quali metodi; quali caratteristiche deve
possedere colui che influenza (ovvero la fonte di un messaggio persuasivo).
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I parametri più comuni per analizzare la comunicazione persuasiva nell’ambito dei gruppi sono:
— la fonte o emittente dell’informazione, ovvero colui che influenza
nell’ambito del gruppo;
— il messaggio trasmesso;
— il ricevente, ovvero la parte restante del gruppo nel suo insieme.
Viene considerata fonte del messaggio la persona (generalmente
il leader di un gruppo) che, materialmente, lo comunica. A proposito
della fonte sono state individuate tre caratteristiche o variabili: la credibilità, l’attrazione, il potere.
Un leader ha tante più probabilità d’influenzare nel tempo gli atteggiamenti di un gruppo quanto più acquisisce e conserva almeno
una delle suddette caratteristiche.
Una fonte credibile ha maggiori probabilità di provocare un cambiamento di atteggiamento in termini di assimilazione della nuova
opinione nel sistema di credenze e di valori preesistente nel gruppo.
Una fonte attraente porta il gruppo a un processo d’identificazione,
motivato principalmente dal desiderio di stabilire una relazione gratificante con la fonte o comunque di apparire psicologicamente vicino
a essa. È il caso del leader carismatico, capace d’incidere profondamente sugli atteggiamenti e i valori del proprio gruppo facendo leva
sugli aspetti essenziali della comunicazione persuasiva. Una fonte potente raggiunge facilmente effetti di condiscendenza (da cui scaturiscono cambiamenti superficiali dell’atteggiamento nel gruppo), soprattutto perché il ricevente riconosce alla fonte il controllo di ricompense e punizioni in grado di effettuare una profonda influenza sulla
sua condotta.
Possiamo definire un’istituzione un insieme di valori, norme, status, ruoli e gruppi che sorgono come risposta degli individui a bisogni fondamentali della società in cui vivono. Ad esempio, l’istituzio113
6. La società
5) Le istituzioni
ne scuola provvede all’istruzione dei bambini e dei ragazzi e assolve
al bisogno della società di trasmettere ai giovani la cultura e di formare i cittadini, i suoi valori sono stimolare le forze interiori degli individui e l’intelletto, le norme che la regolano sono la frequenza obbligatoria e quelle che vigono al suo interno, tra gli status e i ruoli
abbiamo quelli di insegnante, studente, preside ecc., i gruppi sono
quelli degli studenti, dei docenti ecc.
Le istituzioni più importanti presentano delle sottoistituzioni di
dimensioni più piccole, ad esempio il sistema ospedaliero costituisce
una parte dell’istituzione sanitaria generale, oppure il gioco del calcio rappresenta una parte dell’istituzione dello sport. Ogni istituzione
offre quindi una soluzione ai problemi e ai bisogni ricorrenti del vivere sociale.
In rapporto al singolo individuo le istituzioni assolvono le seguenti funzioni:
— semplificano il comportamento sociale prefigurando norme e
ruoli ritenuti validi dalla società;
— offrono schemi già predisposti di rapporti e ruoli, l’individuo
quindi sa già come comportarsi nei rapporti con gli altri in determinate situazioni;
— tutelano giuridicamente l’individuo, poiché di fronte a possibili
prevaricazioni e abusi di gruppo, l’individuo è tutelato dalla certezza della norma istituzionale e dal fatto che tutti tendano a rispettarla.
Nei confronti dei gruppi le istituzioni favoriscono:
— la coesione, perché stimolano il consenso e mobilitano le energie
del gruppo per la realizzazione di obiettivi comuni;
— l’attenuazione dei conflitti, che si verificano quando nuovi fenomeni sociali si manifestano nella società.
6. La società
Le istituzioni sono caratterizzate da:
— una tendenza fortemente conservatrice, perché i modelli di comportamento sociale sono istituzionalizzati, cioè fissati da norme du114
revoli che si tramandano di generazione in generazione. Sono
quindi resistenti ai rivolgimenti e assicurano la stabilità sociale;
— uno stretto collegamento fra loro all’interno della struttura sociale, che contribuisce alla coesione interna delle vari componenti della struttura stessa e permette di evitare tensioni e forme di
disintegrazione sociale.
— una tendenza a influenzarsi tra loro: ogni cambiamento importante in una delle fondamentali istituzioni può determinare cambiamenti anche nelle altre, ad esempio quando si sono verificati
passaggi da società fondate su un’economia ancora di stampo
feudale a un’economia aperta al commercio e alla produzione in
fabbrica sono stati necessari cambiamenti anche nelle altre.
6) Tipi di società
Le società si possono classificare in base alle tecnologie che hanno impiegato per sfruttare le risorse dell’ambiente naturale. Le società che hanno via via scoperto e adottato strategie più produttive sono poi diventate sempre più grandi e più complesse.
Possiamo classificare quindi le società in preindustriali o tradizionali, caratterizzate dalla libertà “prescrittiva”, dall’istituzionalizzazione della tradizione e dall’indifferenziazione dei ruoli (ascritti), e
industriali o complesse, caratterizzate dalla libertà elettiva, dall’istituzionalizzazione del cambiamento e dalla crescente differenziazione
dei ruoli (acquisiti).
7) Le società preindustriali
Società di caccia e di raccolta. Costituisce il primo tipo di società
semplice ed è formata da piccoli raggruppamenti di individui, che,
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6. La società
In base alle strategie di sussistenza abbiamo quattro tipi di società
preindustriali: di caccia e raccolta, pastorali, orticole e agricole.
6. La società
giacché l’ambiente in cui vivono non offre loro molte possibilità di
sostentamento, sono collocati in modo sparso sul territorio.
Le società di caccia e raccolta vivono in piccoli gruppi primari,
ognuno dei quali non supera le quaranta unità. Alla base di questi gruppi vigono rapporti di parentela, in quanto la famiglia rappresenta l’unica
istituzione definita in queste società e svolge tutti i compiti che di solito
nelle società complesse vengono affidati ad altre istituzioni, come la
produzione economica, l’istruzione e l’educazione dei giovani ecc.
Gli individui che compongono tali società sono nomadi e si nutrono esclusivamente di quello che riescono a procacciarsi, per questo motivo ciascun gruppo talvolta ha bisogno di spostarsi da un territorio all’altro alla ricerca del sostentamento. La comunicazione tra i
vari gruppi è, pertanto, lenta e inefficace.
Società pastorali. Questo tipo di società si è sviluppato all’interno
della società di caccia e di raccolta, quando non essendo più sufficienti le risorse naturali per continuare a soddisfare i bisogni alimentari, si dovette adottare una nuova strategia di sussistenza basata sull’addomesticamento del bestiame.
Anche i raggruppamenti di individui che praticano la pastorizia
sono nomadi. Sono costretti a condurre il bestiame verso nuovi territori, alla ricerca di pascoli più rigogliosi. Numerose famiglie, avendo
accumulato, per la maggior produttività dell’attività pastorale, una
quantità superiore di bestiame e di cibo, si stabiliscono in modo permanente in un determinato territorio e vi iniziano a sviluppare anche
forme di attività commerciale, convertendo il surplus ottenuto in altre attività redditizie. Questo è l’elemento che fa nascere, all’interno
della società pastorale, le cruente lotte tra le famiglie e i vari gruppi
per gli insediamenti territoriali e, come conseguenza, giacché i vincitori rendono schiavi i vinti, si comincia ad affermare il fenomeno
dello schiavismo. Compaiono così i primi capo tribù o capo clan, i
quali trasmettono il loro status ai discendenti.
Molte società pastorali esistono attualmente in Africa e nel Medio
Oriente, sono di solito popolazioni che vivono in zone desertiche o
comunque non adatte alla coltivazione delle piante.
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Società agricole. In una certa fase della storia, gli uomini non si
sono più accontentati della caccia, della pastorizia e della raccolta
dei prodotti orticoli e hanno imparato a ricavare dal terreno alcuni
frutti, fondando la società agricola. L’agricoltura è stata, in verità, una
tappa fondamentale nel cammino della civiltà. Con la sua nascita e
sviluppo, il territorio è stato riorganizzato e la sua natura selvaggia
ha dovuto, così, cedere il passo a paesaggi coltivati. Le società agricole, pur essendo semplici, hanno, tuttavia, incominciato a introdurre alcuni elementi di complessità: la scrittura e la riproducibilità dei
testi, la guerra, i campi terrazzati, gli animali da tiro, gli aratri e le irrigazioni.
Queste tecniche hanno fatto acquisire un modo diverso di organizzare l’attività lavorativa e, quindi, hanno creato le premesse per
una diversa struttura sociale. Le società, basate, perciò, sull’agricoltura, hanno prodotto forme di accentuata stratificazione sociale e, di
conseguenza, istituzioni adeguate (come ad esempio le organizzazioni economiche, sindacali e politiche), per amministrane i loro processi interni e governarne gli sviluppi. Con tali società le strutture
sociali diventano, dunque, più complesse e articolate. La popolazione aumenta, si moltiplicano per gli individui i ruoli e gli status e
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6. La società
Società orticole. Le società pastorali, ad un certo punto, per aumentare e completare il regime alimentare, incominciano a ricorrere
alla raccolta dei vegetali e della frutta in natura e, quindi, a praticare
l’orticoltura.
Le società orticole nascono, infatti, quando i pastori da nomadi si
trasformano parzialmente in stanziali e iniziano a curare, in modo
consapevole, il terreno, per seminarlo e raccoglierne i prodotti. L’orticoltura è diffusa nelle zone dove il clima è temperato e favorevole.
Attualmente, nel mondo, esistono numerose società orticole: in Africa, in Australia e nell’America meridionale. In esse le donne si occupano, in una tipica divisione del lavoro presente nelle società semplici, della raccolta dei vegetali selvatici e della coltivazione della terra, mentre gli uomini, utilizzando l’energia muscolare, si dedicano all’estirpazione delle piante e alla caccia della selvaggina.
vengono costruite nuove città. Incomincia, così, a emergere e ad affermarsi la società complessa.
6. La società
8) Le società industriali e post-industriali
Dal seno delle società agricole si diffondono i semi delle società
industriali e complesse. L’industrializzazione si basa su una strategia
di sussistenza molto efficace, che permette di sfruttare nuove forme
di energia e di affidare alle macchine il lavoro che precedentemente
veniva svolto dagli uomini o dagli animali. Le invenzioni e le scoperte in questo tipo di società si innescano a catena, quindi il tasso di
innovazione tecnologica in queste società è altissimo e sono perciò
in perenne cambiamento.
Le società industriali sono caratterizzate da dimensioni alquanto vaste, con una popolazione che può contare centinaia di
milioni di individui, e da una forte urbanizzazione. Inoltre, aumentano i ruoli acquisiti e non ascritti, grazie alla creazione di nuove
occupazioni. Le istituzioni si differenziano e la famiglia perde molte delle funzioni che aveva nel passato. Anche se nella prima fase
dell’industrializzazione si verifica un’enorme differenza tra ricchi e
poveri, esiste nelle società industriali una forte tendenza alla riduzione delle disuguaglianze sociali. Con la nascita dei governi democratici, che soppiantano le monarchie ereditarie, aumenta l’influenza dello Stato in molti settori della vita sociale: l’istruzione,
l’assistenza, l’attività economica ecc.
Le società post-industriali sono società in cui la maggioranza
delle forze di lavoro, grazie all’automazione che ne ha accresciuto
la produttività, non sono più occupate nell’industria, come accade
nella società industriale, ma soprattutto nel settore dei servizi o terziario. I rapporti politici ed economici, le relazioni sociali e la cultura sono meno condizionati dai valori dell’azienda industriale e
dal confronto tra imprenditori e dirigenti da un lato e operai dall’altro. Allo stesso tempo la scienza diventa un’istituzione centrale e
fondamento del potere.
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L’istituzione del libero mercato fa emergere la massima contraddizione delle società industriali. Il mercato “autoregolato”, da un lato, rappresenta il meccanismo di propulsione e di dinamicità dell’intera società, rendendola progressivamente aperta e democratica,
dall’altro, mette in moto incontrollabili processi di selezione, accentuando ancora di più le disuguaglianze sociali, politiche ed economiche delle masse. L’istituzione del mercato crea, in conclusione,
anche nel campo culturale, competizione e concorrenza, producendo e costituendo società, soprattutto in Occidente, maggiormente
pluralistiche, ma anche individualistiche e fortemente atomizzate e
secolarizzate.
Si diffondono una vasta gamma di nuovi stili di vita e di nuovi
valori che danno vita a una cultura sempre più eterogenea rispetto a
quella delle società semplici, mentre le società industriali presentano
tra loro caratteristiche molto simili, dovute sia all’effetto omologante
dei mezzi di comunicazione di massa, sia all’industrializzazione stessa che impone ovunque requisiti specifici alla struttura sociale e alla
cultura. Si diffondono, quindi, tra strati sociali sempre più vasti consumi e stili di vita che in passato erano privilegio di un’esigua minoranza. La vita sociale nelle società industriali si svolge soprattutto nei
gruppi secondari anziché nei primari, per questo motivo le interazioni sociali sono spesso anonime e impersonali. Analizziamo in particolare gli effetti della post-industrializzazione attraverso l’analisi di
un suo prodotto: la società di massa.
La società di massa è una società tardo-industriale, un prodotto
del capitalismo occidentale, in cui le esigenze di consumo hanno
finito per prevalere su quelle di accumulazione del capitale. Gli
individui nella società di massa tendono a conformarsi alle aspettative sociali degli altri, mancano, quindi, di autonomia di giudizio
e nel perseguimento dei loro fini si fanno guidare dall’esterno
(opinioni altrui, mezzi di comunicazione di massa ecc.). La società
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6. La società
9) La società di massa
6. La società
di massa è dunque una realtà alquanto complessa, che ha provocato, e continua a provocare, differenti reazioni critiche: dipinta,
in alcuni casi, come espressione della democratizzazione e della
diffusione del benessere e, in altri, come minaccia delle libertà individuali.
La società di massa, grazie soprattutto ai mezzi di comunicazione di massa (stampa, cinema, radio, e soprattutto televisione, telematica), ha prodotto e produce cultura di massa: una cultura in cui
l’immagine prevale sempre più sulla parola scritta e i cui prodotti e
modelli, in maggior parte di origine americana, sono stati diffusi in
tutto il mondo, scalzando i linguaggi e i valori delle culture tradizionali.
Negli ultimi decenni del XX secolo il potere dei media è cresciuto notevolmente grazie alla rivoluzione tecnologica che ha causato
una serie di trasformazioni nella realtà
Media: dall’inglese mass meeconomica e sociale. I media, infatti,
dia l’insieme degli apparati delrappresentano ormai una vera e propria
la comunicazione, cinema, teleagenzia culturale, in grado di svolgere
visione, radio, stampa, manifesti, atti alla produzione e la difun’attività istituzionalizzata che pervade
fusione su larga scala di testi,
tutti gli strati del tessuto sociale, raggiunnotizie, immagini, suoni.
gendo un pubblico vasto, eterogeneo e
anonimo. Essi sono sempre più influenti sia come mezzi di controllo, sia come motore di rinnovamento della società.
L’analisi della Scuola di Francoforte. In sociologia, la Scuola di Francoforte rappresenta un’importante tradizione di pensiero nello studio
della società di massa. L’approccio della Scuola di Francoforte è stato
spesso criticato per il suo negativismo, la sua unilateralità e il suo
elitismo culturale, perché tutti gli studi hanno messo in risalto soltanto gli aspetti più degenerati del fenomeno della massa. Tuttavia,
questa Scuola ha avuto il merito di stimolare la riflessione sull’interazione nella società di massa tra il contesto socio-economico e le pulsioni psichiche, mettendo in evidenza il ruolo dei mass media nella
trasmissione e nella promozione di “falsi bisogni”, per creare negli
individui un consenso fondato sulla passività.
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Nell’analisi dei teorici della Scuola di Francoforte la società di
massa, dal punto di vista strutturale, è innanzitutto il prodotto di una
forte urbanizzazione causata da:
— l’espansione demografica e la crescita capillare di centri urbani
intorno a cui si sono concentrate sempre più le attività umane;
— una struttura economica di tipo industriale con un’ampia produzione di beni di consumo e un settore terziario molto sviluppato;
— un’organizzazione statale e politica fondata su un sistema fortemente centralizzato e burocratizzato che regola il traffico di merci e di informazioni destinate al pubblico e la concentrazione in
gruppi sempre più stretti del potere economico e politico.
I maggiori teorici di questa Scuola,
come Theodor Wiesengrund Adorno,
Max Horkheimer ed Herbert Marcuse,
partendo dal presupposto che la società
di massa è la forma che necessariamente
assume una società industriale avanzata,
hanno enfatizzato gli aspetti più irrazionali del sistema capitalistico e hanno denunciato l’unidimensionalità dei prodotti dell’industria culturale, creati unicamente per rispondere a un mercato di
massa in cui lo standard, in termini sia di
forma e sia di contenuto, viene stabilito
Unidimensionalità: si riferisce all’opera di Marcuse
L’uomo a una dimensione, in
cui il filosofo adduce all’uniformità e all’omologazione
dei prodotti culturali l’origine dell’alienazione dell’individuo.
Industria culturale: apparato economico-propagandistico che influenza e determina
i consumi degli individui, trasformandoli in essere passivi
e schiavi nelle scelte, che si
illudono di essere liberi.
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6. La società
Nell’affermarsi di questo nuovo tipo di società assumono, inoltre,
importanza altri fenomeni, quali: il declino dell’autorità paterna, che
determina un’educazione meno restrittiva le cui conseguenze immediate sono la perdita di orientamento e l’interiorizzazione di valori e
norme esterni al gruppo familiare; un sempre più marcato distacco
generazionale favorito dalla crescita di un mercato indipendente riservato ai giovani e una maggiore flessibilità nei costumi e nelle convenzioni sociali.
più dal successo commerciale che dall’attenzione alla qualità. L’industria non si limita, infatti, a fornire merci ma rende ogni cosa
merce, anche e soprattutto la cultura e l’arte. I prodotti culturali e
artistici vengono così degradati a livello di merci qualsiasi e sottoposti ai consumatori.
Marcuse nell’opera L’uomo a una dimensione (1964) ha spiegato come l’avvento del mercato e della cultura di massa, con l’apparente distribuzione di una maggiore libertà tra le masse, in realtà le
ha allontanate da quelle istituzioni di base volte all’educazione, la
crescita e lo sviluppo di facoltà critiche del pensiero. Persino la
classe operaia, entrata anch’essa nel vortice del consumismo non è
più portatrice, come nella tradizione marxista del termine, di una
coscienza rivoluzionaria e protagonista del cambiamento sociale. I
nuovi soggetti rivoluzionari sono gli esclusi dalla società del benessere: i reietti, i disoccupati, gli immigrati, i quali devono prendere
coscienza della loro condizione e lottare per migliorare il futuro
dell’umanità.
Riesman e la società di massa. Un altro importante contributo allo
studio del carattere sociale dell’individuo nella società di massa è
quello di David Riesman, un sociologo critico americano che nel
1950 ha pubblicato un saggio dal titolo La folla solitaria, dove affronta, attraverso una retrospettiva storica e sociologica, il problema della solitudine dell’uomo moderno.
6. La società
Secondo la sua teoria, si possono ritrovare nella storia dell’umanità tre tipi di società:
— quelle pre-industriali, che presentavano una struttura gerarchica e concepivano i rapporti sociali come rapporti di potere determinati dall’appartenenza a classi, caste, professioni ecc. Queste
società si riproducevano secondo un modello di trasmissione di
ruoli, valori e tradizioni tramandati per generazioni e presentavano relazioni sociali personali e intime;
— quelle industriali, in cui le esigenze di accumulazione dei capitali prevalevano su quelle di consumo e necessitavano di pra122
6. La società
tiche educative restrittive fondate sul rinvio delle gratificazioni e
sull’interiorizzazione delle norme stabilite dall’autorità paterna;
— quelle tardo-industriali di massa, in cui, invece, prevale l’esigenza del consumo e da personalità autodirette, cioè formatesi
soprattutto all’interno dei valori e delle norme familiari, si è passati a personalità eterodirette, cioè Autodiretto: agire dell’uomo
fortemente dipendenti dal giudizio de- determinato da valori e pringli altri e dai messaggi dei media. In cipi personali derivati dalla
tradizione (autodirezione).
questo tipo di società l’incontro con
Eterodiretto: agire dell’uol’altro è stabilito da criteri e valori di mo determinato dagli altri e
uguaglianza (sesso, età, nazionalità dall’influenza della comuniecc.), piuttosto che di differenza. Gli cazione di massa (eterodirezione).
uomini della società di massa sono
folle solitarie: uniformati ai modelli dominanti che impediscono
l’espressione delle particolarità personali.
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