ૐૐ Yoga, neuroni specchio e siddhi ૐૐ

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Newsletter GaiaDharmaYoga
Settembre/Ottobre 2015
ૐૐ Yoga, neuroni specchio e siddhi ૐૐ
Inizio la newsletter di Ottobre prendendo spunto da una meravigliosa scoperta
che non solo ha rivoluzionato il mondo della psicologia/neuropsicologia e delle
neuroscienze, ma ha promosso nuovi e costruttivi dibattiti nell’ambito degli studi
etici, estetici e antropologici: i neuroni specchio. Scoperti nel 1996 dal professore
neurofisiologo Giacomo Rizzolatti insieme al suo gruppo di ricerca dell’Università di
Parma, (allora composto da Vittorio Gallese, Luciano Fadiga e Leonardo Fogassi),
i neuroni specchio sono destinati ad avere profonde ripercussioni nel modo di
concepire le funzioni della mente e la comunicazione linguistica ed emotiva degli
esseri umani, oltre che migliorare gli approcci di cura e prevenzione di alcune
patologie tra le quali si annoverano lo spettro autistico e la sindrome di Asperger.
Secondo lo scienziato indiano V.S. Ramachandra: “I neuroni specchio
rappresentano per la psicologia quello che il DNA ha rappresentato per la
biologia”.
Utilizzando come soggetti sperimentali dei macachi, i ricercatori osservarono che
alcuni gruppi di neuroni si attivavano non solo quando gli animali erano intenti a
compiere determinate azioni, ma anche quando guardavano qualcun altro
compierle. Attraverso degli studi successivi è stata dimostrata l’esistenza di
meccanismi identici nell’essere umano, osservabili in delle aree cerebrali
specifiche comprese quelle del linguaggio. Nell’atto di guardare chi compie una
determinata azione (e/o chi la simula), i neuroni specchio consentono di
comprenderne immediatamente il significato nonché di cogliere le intenzioni
sottese senza porre in atto dei ragionamenti ad hoc ovvero senza alcun
coinvolgimento cognitivo. Sembrerebbe però che il "sistema specchio" entri in
azione attraverso circuiti nervosi soltanto quando il soggetto osserva un
comportamento che egli stesso ha compiuto in precedenza. Ad esempio si è
evinto che una ballerina di danza classica attivi determinati neuroni specchio di
fronte ad una esibizione di danza classica e non di ballo moderno.
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Anche il riconoscimento delle emozioni si basa su un insieme di circuiti neurali che
condividono la proprietà di “mirroring” già rilevata nel riconoscimento e nella
comprensione delle azioni; i neuroni specchio rappresentano pertanto il substrato
neurologico dell’empatia. I ricercatori hanno infatti appurato che i neuroni
specchio sono presenti anche nell'Insula, un'area corticale chiamata così per la
sua particolare forma ad isola, un ponte di collegamento che traduce le
espressioni corporee (elaborate dal sistema motorio) in stati emotivi (elaborati dal
sistema emozionale) e viceversa. Si parla di sorrisi contagiosi, e di similitudini di
atteggiamenti e posture assunte da persone che trascorrono insieme la maggior
parte del tempo.
Attraverso il meccanismo specchio, una specie di “simulazione incarnata”, si
possono leggere e vivere gli aspetti visibili del comportamento degli altri, vale a
dire le espressioni, i gesti, le azioni, ed è possibile richiamare, in maniera
automatica, gli stati emotivi ad essi associati.
Jacques Vigne, psichiatra francese, esperto praticante di yoga e studioso degli
effetti della meditazione sul cervello umano. sostiene che sin dall’antichità le
tradizioni devozionali hanno saputo utilizzare in modo naturale i neuroni-specchio,
in particolare la disciplina yogica. Nelle diverse meditazioni rivolte al proprio
maestro spirituale, è appunto nel maestro che ci si rispecchia. I tibetani praticano
una meditazione incentrata sulla visualizzazione di tre raggi di diverso colore: uno
che collega il terzo occhio del meditante con quello del guru, un altro che
collega il centro delle loro gole, e il terzo che riunisce i loro due cuori. Esiste una
meditazione induista in cui il praticante immaginando di essere di fronte al proprio
maestro assume le sembianze di un suo gemello nell’utero materno: entrambi
sono quindi racchiusi in una specie di uovo. Il praticante ripercorre la sequenza
dei chakra lungo il proprio asse centrale, uscendo dall’alto ed entrando nel corpo
del guru rivisitando i sette centri energetici nella direzione opposta. Trattasi di
disposizioni speculari che facilitano la trasmissione dell’energia dal maestro al
discepolo. In alcuni esercizi energetici secondo il metodo di Sri Dharma Mittra, in
particolare nello “spiritual breathing”, in piedi dinnanzi al maestro si sollevano le
proprie braccia con i palmi rivolti verso l’alto ed i gomiti vengono mantenuti a
circa 45 gradi. Si inspira dalle dita delle mani fino alla sezione destra del proprio
cuore (otto secondi), si trattiene il respiro focalizzando la propria attenzione in
questo punto (6 secondi), per poi espirare indirizzando l’energia così raccolta
lungo la colonna vertebrale verso l’alto, attraversando le braccia per poi giungere
alle dita delle mani (8 secondi). Sri Dharma consiglia qualora non si abbia vicino
un maestro spirituale, di eseguire queste tecniche all’aperto rivolgendosi al sole.
Esistono numerosi altri esempi di tecniche di pranayama e di dhyana
(meditazione) che non possono essere trasmesse in una semplice newsletter in
quanto richiedono l’esistenza di un legame di appartenenza ad una determinata
scuola yogica diretta da un acharya (maestro spirituale), nonché la trasmissione
dallo stesso al discepolo, attraverso parole sacre e/o mantra e lo sguardo in
corrispondenza dell'ajna chakra o terzo occhio (Shaktipat). E’ inoltre importante
che il praticante si impegni nel perseguire yama e niyama, ovvero i principi etici
descritti negli Yoga Sutra da Patanjali, e seguire una dieta vegetariana.
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In termini più generali la Shaktipat (letteralmente discesa dell’energia) può anche
realizzarsi perché stimolata dalla benedizione di un maestro, dalla condivisione
dell'energia spirituale in un gruppo (satsagati, la compagnia dei virtuosi), dalla
lettura di scritti ispirati o, semplicemente, in virtù della forza della devozione
(bhakti). In India nei tempi antichi la tradizione del gurukala prevedeva che gli
studenti vivessero, lavorassero e studiassero con il maestro nell’ashram dagli 8 ai 20
anni; trattati come membri di una grande famiglia oltre alle lezioni quotidiane di
filosofia, imparavano gli aspetti pratici quali pranayama, asana e karma yoga. La
trasmissione maestro-discepolo avveniva per via orale (guru-parampara).
Nelle asana che si svolgono quotidianamente nelle lezioni, la presenza dei neuroni
specchio immagino sia stata sperimentata da ciascuno di voi infinite volte: sia da
un punto di vista squisitamente psicometrico e/o legato ad una conoscenza
pedagogica del proprio corpo (osservando i più esperti e/o immaginandosi nella
postura si migliora la stessa) che psicologico/emotivo (si incrementa la sensibilità
verso il livello energetico trasmesso da chi si sta impegnando nel tappetino vicino
al proprio, dal maestro/a, e dall’intera classe). Lo stesso dicasi per gli esercizi di
respirazione e di meditazione, nonché la fase di yoga nidra e rilassamento finale in
cui si condividono vere e proprie molecole di emozioni, spostando ed elevando al
tempo stesso le nostre rispettive sensibilità da un contenitore puramente
fisico/materiale (stula sharira) ad un corpo astrale (linga sharira).
Se da un lato lo yoga appare come un dialogo tra la propria anima individuale
(jiva) e quella universale (Brahman), a volte confinato al piccolo spazio in cui si
distendono i nostri rispettivi tappetini, non si può prescindere dall’ambiente
circostante sia esso rappresentato da una shala, e/o dal nucleo familiare,
professionale e relazionale. Lo yoga diviene uno strumento di riconoscimento delle
proprie potenzialità energetiche nonché di canalizzazione delle stesse verso
orizzonti spiritualmente elevati. Insegnare yoga comporta la creazione di quelle
condizioni che permettano all’energia divina di fluire liberamente e senza vincoli.
Chi decide di intraprendere seriamente il sentiero spirituale non deve sacrificare
una parte del finito soltanto per ottenere un’altra parte della stessa transitorietà.
Rivolgersi alla disciplina yogica sia nella veste di insegnante che di allievo richiede
grandi responsabilità e consapevolezza in merito alle energie vicendevolmente
scambiate, all’empatia condivisa (neuroni specchio) e all’ascolto del piccolo sé
discriminante verso il “non essenziale” e precursore della verità raggiunta
attraverso l’unione con Brahman.
Il progresso spirituale è segnato dalla comparsa di facoltà sovrannaturali (siddhi)
descritte nel Terzo Capitolo degli Yoga Sutra (versi 17-33), che sanciscono le mete
raggiunte ma incarnano al tempo stesso le ultime sirene di un mondo dileguante
dalle cui lusinghe lo yogin non deve lasciarsi irretire, perché ancora avvolte
dall’ego.
L’unione corpo-mente superando il dualismo cartesiano è già stata racchiusa
dalla teoria dei neuroni specchio secondo la quale esistono dei neuroni preposti
all’azione e alla conoscenza intuitiva capaci di esperire stati empatici.
Spetta a noi yogi e yogini mettere in campo l’unione corpo-mente-spirito.
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Iniziamo con un esercizio di concentrazione, suggeritaci dal verso 23 del Capitolo
Terzo degli Yoga Sutra:
“Maitri-Adisu Balani”
Colui che si concentra sulla benevolenza alimenta l’intuito
per riconoscere la corrispondente disposizione d’animo negli altri.
Buon mese di Ottobre!
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