Energia da terremoti - Istituto Tito Acerbo

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Partecipazione al concorso “ANCH’IO SCIENZIATO”
Laboratori Nazionali del Gran Sasso in collaborazione con AIF
Progetto
L’ENERGIA SISMICA COME RISORSA DI
ENERGIA ALTERNATIVA
Autori
Stefania D’Ovidio
Maria Terenzi
Classe: 2° B – Geom.
Istituto
I.T.C.G. “Tito Acerbo” – Pescara
A.S. 2009/10
Prof. Fernando Iannelli
N. pagine: 11
Referente
Firme
Il professore
Le alunne
1
SOMMARIO
INTRODUZIONE............................................................................................................................................................. 3
ASPETTI TEORICI ......................................................................................................................................................... 4
APPLICABILITA’: LA CENTRALE DI CONVERSIONE GEOMECCANICA ..................................................... 4
PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO ............................................................................................................................ 6
ARCHITETTURA DI SISTEMA .................................................................................................................................. 7
PRODUTTIVITA’ E RENDIMENTO ........................................................................................................................... 9
CONCLUSIONI .............................................................................................................................................................. 10
BIBLIOGRAFIA ............................................................................................................................................................ 11
2
1. INTRODUZIONE
L’idea del progetto, tema del presente lavoro, può considerarsi come la sintesi di riflessioni di
natura diversa di fronte al drammatico evento sismico che ha colpito lo scorso anno la nostra
regione.
Una volta superato il dolore e lo sconforto è prevalsa in ciascuno una volontà propositiva, sia sotto
l’aspetto della ricostruzione del territorio che quello socio-economico e culturale. Certamente, è per
tutti chiaro che bisognerà ripartire dalla predisposizione di rigidi criteri antisismici, posto che
attualmente non è possibile la previsione di tali eventi, e dalla applicazione di soluzioni ecocompatibili che si pongono oggi di pressante attualità. Da queste premesse trae spunto la nostra
riflessione estendendosi a tematiche e problematiche solo in apparenza da esse distanti, come
l’inquinamento ambientale nonché l’individuazione e il possibile sfruttamento di fonti di energia
alternative e rinnovabili che in parte sono già state individuate nell'energia solare, nell’energia
eolica, nell’energia geotermica.
Il nostro lavoro muove, dunque, da una riconsiderazione dell’evento sismico non più inteso come
forza distruttiva ma come un evento naturale capace di generare dal movimento tellurico una
ingente quantità di energia in pochi minuti, pertanto una risorsa energetica da poter sfruttare a
beneficio dell’Uomo.
Perciò, svolte le dovute ricerche, possiamo immaginare la realizzazione di un impianto in grado di
trasformare energia sismica in energia elettrica. Considerando che la sua eventuale realizzazione
comporti un notevole dispendio economico, bisognerà valutarne la collocazione in determinate aree
geografiche che rispondano a certi criteri, quali l’alta attività sismica, la frequenza degli eventi,
l’orografia del territorio, l’impatto ambientale, etc.. Abbiamo perciò fatto un’analisi delle mappe
sismiche del mondo (dati rilevati dal sito www.heartquake.usgs.gov) negli ultimi otto anni, dal 2002
al 2009, elaborando una lista dei Paesi in cui è stato registrato il numero più alto di eventi sismici
d’intensità superiore al quinto grado di magnitudine della scala Richter in un anno. E’ emerso che i
paesi a più alta frequenza di terremoti importanti risultano:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
L’Indonesia;
La Cina;
Il Giappone;
L’Iran;
La Turchia;
L’India;
Gli Usa;
La Grecia.
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2. ASPETTI TEORICI
I fondamenti teorici su cui si basa l’idea del progetto sono quelli dell’elettromagnetismo e in
particolare i fenomeni che generano correnti indotte all’interno di un avvolgimento dalla
modificazione del flusso magnetico concatenato.
Risalgono agli inizi del secolo XIX gli studi eseguiti sul magnetismo e sulla possibilità di generare
corrente da campi magnetici, studi iniziati con Oersted e proseguiti con Faraday, Neumann e Lenz.
Faraday comprese che per generare corrente indotta occorre che la sorgente del campo magnetico e
il circuito elettrico siano in moto relativo. Generalizzando, occorre che il flusso del campo
magnetico concatenato con un circuito elettrico venga modificato e la corrente indotta appare solo
durante il lasso di tempo in cui il flusso subisce variazioni. Ma i motivi per i quali un flusso
concatenato con un circuito può cambiare sono: la variazione del campo magnetico nel tempo, sui
punti della superficie del circuito; la variazione dell’angolo esistente fra il campo magnetico e la
superficie; l’aumento o la diminuzione delle dimensioni del circuito.
Analizzando i casi particolari del fenomeno dell’induzione elettromagnetica, Faraday arrivò
all’enunciazione di una regola generale: “indipendentemente dal variare del tempo di un flusso
concatenato con un circuito, la f. e. m. indotta nel circuito è maggiore quanto più veloce avviene la
variazione del flusso”.
La legge dell’induzione elettromagnetica è denominata legge di “Faraday-Neumann”, in quanto
Neumann trasformò la teorizzazione di Faraday in una formulazione matematica cosi espressa:
“se il flusso concatenato con un circuito varia di una quantità ∆ɸ in un intervallo di tempo ∆t, la f.
e. m. indotta, che di solito agisce nel circuito durante l’intervallo di tempo considerato è:
Se ne deduce che nel caso la variazione ∆ɸ del flusso concatenato con un circuito avvenga con
grandi valori e contrariamente l’intervallo di tempo Δt in cui è presente questa variazione registri
valori piccoli, la f. e. m. indotta nel circuito risulterà avere valori grandi.
Ma il contributo finale alla legge che descrive il fenomeno dell’induzione di f.e.m. doveva venire da
Lenz, il quale asserì, a seguito delle sue esperienze, che in un circuito, la corrente indotta scorre in
verso tale da opporsi, mediante il campo magnetico prodotto, alla variazione di flusso da cui essa
stessa ha avuto origine. L’importanza del contributo di Lenz emerge in considerazione del principio
di conservazione dell’energia che così non viene violato.
L’utilizzo dell’energia elettrica per l’illuminazione e il riscaldamento è quasi totalmente basato
sull’impiego di correnti alternate. Questo è dovuto alla possibilità, sfruttando corrente alternata, di
passare da linee di trasporto ad alta tensione a circuiti a bassa tensione o viceversa, attraverso
trasformatori ad un elevato rendimento. I generatori a corrente alternata sono gli alternatori e
funzionano grazie al fenomeno dell’induzione elettromagnetica. Faraday ne progettò uno.
Per lavorare in modo continuo gli alternatori, le dinamo e tutti gli apparati di conversione di energia
meccanica in energia elettrica funzionano sfruttando la variazione del flusso magnetico concatenato
con un avvolgimento basandosi sulle variazioni dell’angolo tra il campo magnetico e la superficie
delle spire presenti nell’avvolgimento. Ma non è questo l’unico modo, come abbiamo visto, per
produrre rapide variazioni del flusso del campo magnetico concatenato con spire.
3. APPLICABILITÀ:
LA CENTRALE DI CONVERSIONE GEOMECCANICA (SISMICA)
Il flusso del campo magnetico attraverso la superficie di un circuito elettrico è chiamato flusso
concatenato con il circuito.
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Figura – flusso concatenato con una spira chiusa.
Un flusso concatenato con una spira perpendicolare a un campo magnetico uniforme B, se A è
l’area della superficie della spira, è:
ɸ=B A
Mentre quello concatenato con un solenoide composto da N spire, di area A e perpendicolare al
campo, è:
ɸ = N B A.
L’idea del sistema su cui si basa la macchina è fonte della variazione di un flusso concatenato.
Sono tre i motivi per i quali un flusso concatenato può variare: modificando l’intensità del campo B;
modificando l’angolo formato dal campo B e dalla normale alla superficie A; modificando la
superficie A. Fra questi abbiamo considerato di cambiare la superficie delle spire. Avremmo perciò:
Δ ɸ = N B ΔA(t)
Il sistema che abbiamo immaginato e denominato geoscillatore è formato da due opposte
espansioni polari di grossi magneti che producono un campo magnetico B uniforme. Immerso nel
campo magnetico uniforme immaginiamo collocato un avvolgimento di N spire, al quale possiamo
adattare qualsiasi geometria. Per semplicità abbiamo pensato ad una forma quadrata, perciò la
superficie di ogni spira sarà data dall’area della sua forma geometrica. Nel nostro caso: A = l².
y
x
Lato (l)
Lato (l)
Figura – composizione di un geoscillatore
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L’avvolgimento non è solidale con i magneti e non rimane immobile bensì può oscillare intono al
suo punto centrale, lungo qualunque direzione, tramite un sistema di molle con il quale è sospeso.
Vi sono due valori che caratterizzano un flusso: un minimo e un massimo. Il primo si presenta nella
condizione in cui l’avvolgimento di spire è completamente al di fuori della regione di campo
magnetico; il secondo quando tale avvolgimento risulta completamente all’interno di essa.
Supponiamo che l’avvolgimento scorra lungo una sola direzione: ad ogni istante la variazione della
superficie A percorre un andamento periodico muovendosi tra il valore minimo e il valore massimo.
Perciò le variazioni della superficie delle spire esposte al campo magnetico oscillano nel tempo tra
un valore nullo e uno massimo, equivalente all’area della superficie delle spire (quindi, l’area del
quadrato: A = l²) con una frequenza che è in relazione con le accelerazioni al suolo prodotte da un
evento sismico. Tali variazioni della superficie esposta al campo magnetico si ripercuotono in
variazioni del flusso concatenato e, infine, in una produzione di f.e.m.
Ipotizziamo che l’andamento della f. e. m. indotta sia rappresentabile con il seguente grafico.
f. e. m.
V max
V min
t
Figura – andamento della f.e.m. nel geoscillatore
Il suo massimo valore è direttamente proporzionale al numero delle spire N dell’avvolgimento,
all’intensità del campo magnetico e alle dimensioni delle spire, ovvero alla loro superficie A.
Ma intuiamo esserci una proporzionalità anche con la frequenza con cui avvengono variazioni del
flusso, poiché tanto più risultano rapide le variazioni del flusso dalle variazioni della superficie A,
tanto più aumenterà il valore della f. e. m. indotta. Come abbiamo detto prima, questa frequenza è
ipotizzabile essere in relazione con le accelerazioni al suolo generate dalle onde sismiche.
La f. e. m. generata potrebbe essere accumulata in enormi accumulatori di tensione, attraverso
circuiti elettronici di compensazione e di trasformazione, oppure essere inserita direttamente nella
rete di distribuzione elettrica. Il tutto senza l'uso di alternatori, in quanto l'energia meccanica viene
già trasformata in energia elettrica all'interno della macchina da noi immaginata che chiameremo
appunto: “Macchina di Conversione Geomeccanica”.
3.1. PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO
Durante un evento tellurico viene rilasciata una enorme quantità di energia meccanica dalla terra,
che in un impianto geomeccanico pensiamo possa essere convertita in energia elettrica grazie al
fenomeno dell’induzione elettromagnetica. Una scossa sismica riesce a scuotere il terreno con un
certo andamento oscillatorio, quindi riuscirebbe a scuotere anche un geoscillatore solidale con il
terreno. L’avvolgimento di spire all’interno del geoscillatore entrerà in risonanza con il movimento
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oscillatorio della scossa sismica e quindi sarà in moto relativo rispetto agli statori (magneti opposti).
Ciò modificherebbe rapidamente il flusso concatenato del campo magnetico presente tra le
espansioni polari dei due magneti. La rapidità con cui si determinano variazioni del flusso
concatenato aumenta con l’aumentare dell’accelerazione al suolo della scossa sismica, in quanto si
intuisce che le due grandezze sono tra loro direttamente proporzionali. Perciò verrebbe prodotta una
differenza di potenziale per ogni spira, variabile nel tempo, fra un valore minimo e un valore
massimo con un andamento sinusoidale. Durante un movimento oscillatorio, nella fase in cui il
moto dell’avvolgimento fosse tale da diminuire la superficie esposta al campo magnetico
(movimento positivo) si avrebbe una f.e.m. positiva, mentre nella fase in cui il moto
dell’avvolgimento fosse tale da aumentare la superficie esposta (movimento negativo) si avrebbe
una f.e.m. negativa. La differenza di potenziale (d.d.p.) agli estremi dell'avvolgimento sarebbe in
funzione del numero di spire presenti nell’avvolgimento, dall'intensità del campo magnetico, dalle
dimensioni dell'avvolgimento (pari quindi alla superficie stessa) e dalle accelerazioni del suolo.
Essendo queste ultime in relazione alla magnitudo del terremoto, la d.d.p. risulterebbe essere
dipendente anche dall’intensità del terremoto.
Per aumentare il potenziale elettrico si può pensare ad un impianto formato da una matrice di più
geoscillatori.
3.2. ARCHITETTURA DI SISTEMA
Il sistema precedentemente descritto non richiede l’ausilio di alternatori, come già esposto:
l’energia meccanica derivante dalla scossa sarà convertita in energia elettrica direttamente tramite
il sistema di geoscillatori da noi ipotizzato.
L’energia elettrica sarà perciò immessa nella rete di distribuzione dopo essere stata trasformata da
bassa ad alta tensione. Per cui, l’impianto geomeccanico presenta un’architettura piuttosto semplice.
Basti pensare ad una centrale geomeccanica che, composta da geoscillatori (in seguito spiegheremo
la loro funzione), accumuli energia sismica in energia elettrica, spendibile in una distribuzione,
dopo che la sua tensione sia stata convertita da bassa (BT) ad alta o meglio altissima (AAT), tramite
un trasformatore. Riguardo all’AAT (altissima tensione) ci si riferisce a tensioni dell’ordine di 220380 KV.
BT: Bassa Tensione
AAT: Altissima Tensione
(380 kV o 220 kV)
Figura – schema del flusso di produzione della corrente da una centrale geomeccanica
Ogni impianto può essere costituito da una matrice di geoscillatori come illustrato nella figura
sottostante.
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Figura – struttura a matrice di un impianto di geoscillatori
Un geoscillatore potrebbe essere ideato come in figura. L’avvolgimento di spire sarebbe sospeso tra
le espansioni polari dei due statori, tra loro solidali, tramite un sistema di molle disposte a croce con
l’ausilio di supporti a terra. Questo garantirebbe la possibilità per l’avvolgimento di essere posto in
moto oscillatorio e relativo, lungo qualunque direzione, rispetto agli statori durante una scossa
sismica.
Figura – un geoscillatore
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3.3. PRODUTTIVITÀ
E RENDIMENTO
Quanta energia è possibile convertire in un impianto geomeccanico? Per rispondere a tale domanda
proviamo a determinare la produttività di un impianto di conversione geomeccanica. Più
precisamente, ciò che può essere convertito in un geoscillatore è l’energia meccanica generata dalla
scossa sismica. Quest’ultima fornisce un movimento oscillatorio all’avvolgimento del geoscillatore,
che risulta così in moto uniformemente accelerato. Il tempo di durata di una singola oscillazione
corrisponde a:
;
dove “l” è il movimento durante la singola oscillazione, che corrisponde alla dimensione
dell’avvolgimento, “a” è l’accelerazione dell’avvolgimento, che nelle nostre ipotesi corrisponde
all’accelerazione al suolo inferto dalla scossa sismica. Perciò, l’avvolgimento assumerebbe una
velocità “v” massima pari al prodotto fra l’accelerazione “a” e il tempo “t”, in formula:
L’energia cinetica massima posseduta dal geoscillatore durante il suo movimento risulta essere:
Questa è l’energia teorica che un geoscillatore potrebbe convertire in energia elettrica. Facendo
alcune ipotesi di dimensionamento, è possibile eseguire dei calcoli per valutare quantitativamente
tale energia. Supponendo che le precedenti grandezze assumano i seguenti valori,
(massa dell’avvolgimento);
(dimensione dell’avvolgimento);
(accelerazione
dell’avvolgimento, corrispondente all’accelerazione al suolo per una scossa di magnitudo 6); dai
calcoli risulta che:
l’energia cinetica “K” per ogni singola oscillazione di un geoscillatore.
Supponendo una durata media della scossa sismica pari a 10 secondi, il numero di oscillazioni
risulterebbe mediamente pari a 20 (dal dimensionamento supposto il tempo di durata è circa 0.45 s)
e l’energia trasformabile per un singolo geoscillatore sarà:
La potenza equivalente sarà:
Considerando opportunamente un rendimento del 90% per un geoscillatore (gli attriti sono quasi del
tutto inesistenti), la potenza utile sarebbe uguale al prodotto fra la potenza stessa e la percentuale
del rendimento, indicato con la lettera “η”. Quindi, risulterebbe una potenza elettrica utile pari a:
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Per un impianto geomeccanico costituito da una matrice di dieci geoscillatori, la potenza totale
accumulata per una scossa sismica di intensità circa 6 di magnitudo che abbia la durata di dieci
secondi risulterebbe così:
“Quanta potrebbe essere la potenza trasformata in un anno?” Per fare questa valutazione sarebbe
sufficiente considerare la frequenza degli eventi sismici annuali relativi alle intensità prese in
considerazione. A titolo di esempio, abbiamo stimato che in certe zone del Pianeta si riuscirebbero a
trasformare annualmente potenze dell’ordine di 106 -107 Watt.
4. CONCLUSIONI
L’idea del progetto descritto dispone, tuttavia, di interessanti prospettive riguardanti l’utilizzo di
un’ipotetica “centrale di conversione geomeccanica”, al fine di beneficiare e favorire lo
sfruttamento di energie rinnovabili e pulite. Del resto, quest’ultimo proposito ci viene più volte
ribadito per ovviare sia ai problemi legati all’inquinamento che a quello riguardante la scarsità delle
risorse energetiche convenzionali. Infatti, importanti ed interessanti studi sono rivolti allo
sfruttamento delle energie disponibili pulite e rinnovabili, già considerate, quali l’energia
dell’acqua, l’energia del sole, del vento, della terra. La prima ricavata con le centrali idroelettriche,
che appunto convertono l’energia cinetica dell’acqua in energia elettrica; la seconda ottenuta dai
pannelli fotovoltaici che trasformano l’energia solare in energia elettrica; la terza ottenuta da torri
eoliche che, poste in località particolarmente ventilate, determinano la conversione di energia
cinetica in energia elettrica. In ultimo, l’energia disponibile dalla Terra risulta a noi famigliare, in
quanto trasformabile in un impianto di conversione geomeccanica.
Allo scopo di sfruttare l’energia meccanica della Terra e di aumentare al massimo il rapporto
benefici/costi, si propone un più attento studio delle mappe sismiche mondiali ed un’analisi più
dettagliata della situazione legata al parametro della frequenza sismica, relativa a certi valori di
magnitudine. Inoltre, andrebbe dimensionato adeguatamente un impianto geomeccanico, per
esempio studiando ulteriormente e sviluppando meglio le potenzialità di un geoscillatore, legate
anche alle dimensioni dell’avvolgimento (la massa, il numero di spire, la sezione, etc.), e al suo
rendimento reale.
In tal senso, da una prima grossolana analisi da noi eseguita sulla situazione sismica mondiale,
riscontriamo interessanti zone dell’Indonesia, della Cina e del Giappone come possibili siti in cui
poter realizzare impianti geomeccanici, a causa della elevata frequenza annuale di eventi sismici
con intensità superiori al quinto grado della scala Richter.
Purtroppo, pur necessitando di nuove proposte riguardanti il riciclaggio, e quindi il riutilizzo di
energia, lo sfruttamento di risorse energetiche pulite e rinnovabili, il ridimensionamento di quelle
attuali inquinanti a beneficio dell’ambiente, non riscontriamo da parte dei Paesi del Mondo una
giusta attenzione e, soprattutto, un investimento adeguato in ricerca e sviluppo.
Ad esempio, sono finora poche le azioni sollecitanti nell’investimento di energia pulita da parte del
nostro Paese. Una di queste è il piccolo contributo economico a favore di chi avesse scelto di
utilizzare, come ausilio al proprio impianto elettrico, i pannelli fotovoltaici. Il risultato è che ad oggi
stenta a decollare il fotovoltaico in Italia e questo è assolutamente insoddisfacente e dimostra la
scarsa volontà dello Stato di essere fortemente propositivo nei riguardi del tema “dell’Energia e
dell’Ambiente”.
Per questi motivi pensiamo che lo sfruttamento dell’energia meccanica del nostro Pianeta non
venga presa in debita considerazione e studiata adeguatamente come ulteriore eventuale fonte di
energia pulita e rinnovabile, al pari di quella eolica o geotermica. Noi nel nostro piccolo ci abbiamo
però provato e ci mostriamo fiduciose che tale passo possa servire da sprone a coloro che detengono
le conoscenze scientifiche e il potere decisionale per contribuire in modo significativo a risolvere il
problema mondiale legato allo sfruttamento delle risorse energetiche.
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5. BIBLIOGRAFIA
Riferimenti a libri:
1. Alba Gainotti e Alessandra Modelli, “Scienze della natura” - Zanichelli.
2. Antonio Caforio e Aldo Ferilli, “Dentro la fisica 2”- Le Monnier Scuola.
Riferimenti a siti web:
3. http://www.terremotisignificativi.it
4. http://www.ingv.it - (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia)
5. http://www.comune.torino.it/protezionecivile/cosafare/terremoto.pdf
6. http://earthquake.usgs.gov
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