ANNOTAZIONI FILOSOFICHE Una riflessione sulla filosofia. Che fine ha fatto la filosofia ? perche' oggi non troviamo più sistemi filosofici e maestri del pensiero in grado di offrirci delle indicazioni ? La distinzione tra "Analitici" e "Continentali" può essere ancora utile per definire il quadro della filosofia del XXI° secolo ? Certo abbiamo degli illustri commentatori che si fanno portatori della migliore tradizione filosofica, ma non abbiamo più grandi ingegni, innovatori o pensatori in grado di offrirci una nuova filosofia che non sia semplice divulgazione. Una risposta a tutto questo la offre Bertrand Russell, il quale dichiara che affinché' la filosofia possa fiorire ci deve essere anche la credenza che importanti verità possano venir scoperte col semplice pensare, senza l'aiuto dell'osservazione. * E' qui, precisamente, che si pongono le basi dell'attuale crisi della filosofia : oggi non possiamo fare a meno dell'osservazione, il pensiero umano richiede riscontri efficaci, in grado di offrirci una gamma alta di approssimazione a definizioni obiettive. Oggi non si cerca tanto la Verità, quanto il risultato, il risultato e' la prova che dobbiamo conseguire per avvalorare una tesi. Questo ha favorito indubbiamente modelli analitici formalizzati, che hanno sospinto la speculazione filosofica nella palude delle elucubrazioni e della pura teoresi priva di fondamento. Ma basta questo per liquidare la filosofia ? Certamente no, la filosofia e' l'unico sapere in grado di porre l'uomo continuamente di fronte a se stesso, sviluppandone le capacità critiche. Il filosofo ha uno sguardo che varca l'orizzonte del senso comune, egli e' dotato di una visione globale delle cose che lo rende più sapiente e più saggio di tutti gli altri uomini. E' qui che ci viene in soccorso la prospettiva sinottica spinoziana, la cui filosofia viene trattata in seguito, almeno nei riferimenti che noi seguiamo. In questa sezione offriamo degli spunti di riflessione su alcuni dei filosofi che hanno inciso maggiormente nella storia delle idee. I contenuti trattati potrebbero apparire tra loro in contraddizione, ma solo apparentemente. Ad esempio Martin Heidegger, indubbiamente uno dei filosofi più importanti del '900 non sembra avere molto a che fare con Karl Popper, filosofo ed epistemologo della scienza. Due figure di filosofi certamente contrapposti ma che a Bookplanet possono senz'altro coabitare in relazione al progetto che noi perseguiamo : quello di raccontare di uomini che hanno cercato di migliorare il mondo e le cui idee possono ancora concorrere per questo obiettivo. * Bertrand Russell, Adventures of the Mind- new York, 1959. UNIVERSO MENTALE IN ESPANSIONE. L'importanza di Bertrand Russell nella storia del pensiero filosofico e scientifico. Moltissimi estimatori di Russell si dilettano - anche attraverso pagine web- di commentare l'opera ed il pensiero del nostro filosofo , riproducendo intere parti dei suoi saggi o presentando una magniloquente apologetica che certo fa piacere , ma che in sostanza non ci dice nulla di nuovo o di realmente utile su Russell. Alcuni simpatizzano con Russell per via del suo stile immediato e divulgativo, altri semplicemente perché' questo autore era talmente sincero e privo di pregiudizi che esternava apertamente le proprie personali ansie e desideri sessuali oltre che le proprie debolezze. Certo Bertrand Russell è grande, anzi grandissimo, ma non dovremmo trattare la sua opera con puerile approccio, o con pedanteria compilativa che risulterebbe solo scolastica e banale . E' per questo che cercheremo adesso di chiarire perché Russell è stato importante nella storia del pensiero filosofico, considerato che molti ammiratori di Russell hanno deliberatamente saltato la parte teorica, o come diceva Lui, tecnica, della sua speculazione. Agli inizi del '900, nell'ambito della ricerca logico-matematica, accanto agli analisti si costituì un gruppo di ricercatori matematici i quali iniziarono a segnalare alcuni paradossi, o problemi senza soluzione, presenti nella teoria degli insiemi. Orbene, la teoria degli insiemi ha un procedimento d'indagine rigoroso, volto a formulare risposte (+) o (-), ma la scoperta di queste " domande tranello " diede avvio alla cosiddetta Crisi dei fondamenti (Grundlagenkrisis ) attraverso cui si iniziò lentamente a sgretolare tutto l'impianto logico che reggeva le geometrie euclidee e, correlativamente, la teoria fisico-matematica che su di esse si costruiva. La Crisi dei fondamenti e' stata proprio inaugurata da Bertrand Russell con la presentazione di un'antinomia individuata nel 1901 . Russell diede notizia a Gottlob Frege (1848-1925), il quale si rese subito conto dell'importanza di questa antinomia che faceva traballare tutto l'edificio teorico su cui si reggeva il suo programma. Frege a quanto pare restò così colpito dall' antinomia scoperta da Russell che praticamente non pubblico più quasi nulla. L'antinomia di Russell riguarda " le classi che non sono membri di se stesse " , ovvero esistono classi che si autogiustificano , sono membri di se stesse, come ad es. il concetto di classe, contiene se stesso in quanto la classe di un concetto e' essa stessa un concetto. Altre classi non possiedono questa variabile, per es. la classe dei pesci non e' essa stessa un pesce. La domanda che si pone Russell allora e' questa : l' insieme X di tutti gli insiemi che non contengono se stessi come elementi pone certo un problema su X stesso : X si autogiustifica ? contiene se stesso come elemento ? Qui precisamente emerge il nodo antinomico. Se X contiene se stesso non può esserlo, perche' non può accogliere tra i propri membri una classe che si autogiustifica. Ma se X non contiene se stesso, deve esserlo necessariamente in quanto e' la classe delle classi che non sono membri di se stesse. Da allora in poi qualcosa cambiò, la tesi logicista di Russell non solo diede avvio alla Crisi dei fondamenti, ma riabilitò la logica e riqualificò lo stesso dibattito filosofico che nei primi del '900 era impastoiato di idealismo, invischiato nel materialismo e condizionato dal positivismo. Russell comunque cercherà di risolvere l'antinomia da lui stesso scoperta, denominata volgarmente "paradosso del postino " dai suoi ammiratori , attraverso la Teoria dei tipi in cui si distinguono : a) oggetti con livello di partenza zero ; b) proprietà di individui ( 1° livello ) ; c) proprietà di proprietà di individui ( 2° livello ) ; e così via. In altri termini , la Teoria dei tipi consiste in un modello di progressive differenziazioni , tipicizzate da determinate proprietà tra l'altro riconducibili ad un sistema integrato , ma specifiche nella loro entità. Ad es. gli oggetti sono individui ( livello zero ) , il 1° livello stabilisce la loro entità effettuale : oggetto verde , quadrato , ecc. ; il 2° livello specifica le proprietà : colore (verde), forma spaziale (quadrato) , ecc. Questo modello di riferimento consente di scoprire gli enunciati insensati e quindi di bloccare all'origine l'antinomia , in quanto quest'ultima emerge da una mal posta proposizione linguistica, da un modo errato di utilizzare i concetti, uno slittamento linguistico che porta a proposizioni necessariamente contraddittorie. A questa Teoria dei tipi Russell sostituirà più oltre una " Teoria dei tipi ramificata " che voleva essere apodittica, la quale si fonda su un assioma di riducibilità talmente artificioso e restrittivo da risultare impraticabile come procedura di analisi logica .Da allora ad oggi molte cose sono certo cambiate. Con la sua Teoria dei tipi Russell mostrava di essere ancora agganciato ad una prospettiva organicistica e razionalista di derivazione platonica, volta a controllare la dimensione caotica che pure Lui avvertiva come inaggirabile e di cui l'antinomia ne era la manifestazione indiretta. A questa esigenza di intelligibilità il mondo di oggi si mostra indifferente : prevale il probabilismo che costituisce l'attuale paradigma della scienza contemporanea e post-contemporanea , ben rappresentato dalla logica fuzzy , la quale pone non a caso la questione del concetto di verità in termini diversi da quelli classici del logicismo russelliano o del formalismo hilbertiano. La verità oggi si colloca in una zona intermedia tra l'assolutamente vero {1} e il certamente falso {0} , così come nella logica fuzzy , e nessuno protende più verso la verità assoluta , semmai - sul piano metodologico - si perseguono riscontri e dimostrazioni rigorose , ma solo come disciplina di lavoro ed esigenza di procedura. Tuttavia, già nel 1923 in un articolo intitolato Vagueness, Russell aveva individuato il nucleo logico dei cosiddetti insiemi fuzzy ; più concretamente Russell aveva dimostrato di essersi allontanato da quella dimensione pitagorica ed artificiosa della logica che in effetti fu la sua prima ispirazione. Nell'ambito degli studi di logica oggi il logicismo di Russell viene collocato nell'area dei classici , ma del Nostro resta certamente un grande insegnamento, un formidabile esempio di applicazione e di studio, un lucidissimo rigore di analisi, una visione della vita tra le più alte che fanno di Bertrand Russell uno dei grandi maestri del pensiero del XX° sec. ed una delle grandi anime nella storia dell'umanita'. Noi, nella vita di ogni giorno, siamo assillati dall'inquietudine, dalla preoccupazione, dalle frustrazioni. Troppo facilmente fissiamo i nostri pensieri su quello che, nell'ambiente che ci circonda, ci sembra un intralcio. Però e' possibile, e uomini autenticamente saggi hanno dimostrato che e' possibile, vivere in modo talmente vasto che le vessazioni della vita quotidiana finiscano col diventare banali e i propositi che suscitano le nostre intense emozioni assumano parte dell’immensità delle nostre contemplazioni cosmiche. Taluni possono arrivare a tanto in grado maggiore, altri in grado minore, ma tutti coloro che si sforzano di farlo possono giungervi in un certo grado e, nella misura in cui vi riusciranno, otterranno un genere di pace che libererà dalle pastoie la loro capacità di agire senza renderla turbolenta. Lo stato della mente che ho cercato di descrivere e' quello che intendo per saggezza e indubbiamente essa e' più preziosa dei rubini. Il mondo ha bisogno di questo tipo di saggezza, più di quanto ne abbia mai avuto bisogno in passato. Se l’umanità la potrà raggiungere, i nostri nuovi poteri sulla natura offriranno una prospettiva di felicità e di benessere quale gli uomini non hanno mai provato e che difficilmente sarebbero riusciti a immaginare. Se l’umanità non vi riuscirà, ogni accrescimento delle capacità umane non fara' che avvicinarci sempre più a un irrimediabile disastro. Gli uomini hanno fatto molte cose buone e molte cose cattive. Alcune fra le cose buone sono state molto buone. Tutti quelli che hanno a cuore queste cose buone debbono sperare, con tutta la fiducia possibile, che in questo momento decisivo si faccia la scelta più saggia. * * Bertrand Russell, Unpopular Essays, 1950. Trad. It. pag. 70. Martin Heidegger, il profeta della foresta nera. Heidegger rappresenta il punto più alto della speculazione filosofica del '900, quando ancora era in vita la prestigiosa rivista Le Monde lo definì il più grande pensatore vivente; è il filosofo che pur partendo dalla teologia finisce per scardinare fin alla radice e più di chiunque altro la metafisica convenzionale, lo stesso concetto di dio declina miseramente di fronte al vero dio dei filosofi : l'Essere. Qualcuno ha cercato di cristianizzare Heidegger proponendo recensioni e brevi articoli scritti da Heidegger quando aveva 22 anni, naturalmente questa è un'operazione arbitraria che rischia di inquinare la speculazione dell'Autore di Essere e tempo. Se pensiamo che si è cercato di cristianizzare pure Giacomo Leopardi e persino Emil M. Cioran non dovremo impensierirci troppo di questa ennesima incursione della cultura cattolica contro la più genuina delle filosofie. Non è possibile definire l'Essere concretamente, esso è il linguaggio che non parla, la parola che chiama il silenzio e se l'uomo attraverso il linguaggio supera l'animale, attraverso il silenzio supera se stesso, ma fino a che punto è presente nell'uomo questa disposizione psicologica ? Proprio nel nostro tempo l'uomo sembra più attratto dall'orizzonte materiale della vita, e quasi drogato dalle articolate soluzioni che offre la tecnica, sempre più seducente e scintillante, inoltre il XXI° secolo si è aperto con il delirante ritorno delle religioni, un rigurgito fideistico che come una febbre attraversa tutto il mondo e che ha assunto un carattere patologico, con deliranti pronunciamenti di guerre in nome di dio o dichiarazioni abbacinanti in cui dio si fa equivalere alla ragione tout court. E cosi', sempre più dimentico dell'Essere, l'uomo si è costruito una metafisica convenzionale in cui un super ente ( il dio delle religioni ), che non e' altro che un io collettivo entificato, s'impone come autentico nucleo fondante della realta'. Da questa prospettiva, l'Essere heideggeriano, è radicalmente distante e pare possa assimilarsi alla concezione panteistica del dio sive natura di Spinoza, ma questo sviluppo ulteriore nel pensiero di Heidegger non può specificarsi ulteriormente, e si mantiene nell'ordine delle ipotesi. La riflessione sull'Essere si mantiene in una splendida tensione, aperta a diverse possibilità di interpretazione, pur riconoscendo la fondatezza dell'Essere in generale ( Grund ) colto nella sua dimensione arcaica. Il fascino primitivo dell'Essere si caratterizza nel suo antico "soggiornare" nel mondo degli uomini. In un tempo remoto l'Essere era in qualche modo presente all'uomo, di questa presenza arcana abbiamo perso ogni memoria, la Verità, prima dis-velata alla comprensione dell'uomo originario -cioè l'uomo primigenio che sapeva interpretare il linguaggio della natura essendo compreso nel ciclo trasformativo di essa -è stata obliata dall'incipiente interrogarsi dell'uomo che ha finito per proiettare la propria soggettivita' su un piano metafisico coerente, questo processo secondo Heidegger è stato avviato da Socrate e poi consolidato in modo brillante da Platone. L'uomo progressivamente ha imparato a vivere nell'auto inganno della ragione e nella metafisica fittizia del falso dio delle religioni. Ma l'oblio dell'Essere non può definirsi totale ed irreversibile. Attraverso una discesa ( che è una salita ) nelle proprie caverne psicologiche l'uomo può scorgere ancora la presenza dell'essere, al di là delle sue epifanie che sono sempre possibili ma che quando si verificano non siamo mai pronti a coglierle, distratti come siamo dal frastuono della modernità. Una delle epifanie dell'essere è quella dello spazio cronotopico della Quadratura, l'interconnessione cosmica ( Welt ) in cui coabitano i soggetti originari, i protagonisti della scena dell'Essere :il cielo e la terra, i divini e i mortali. Nella Quadratura si esemplificano i quattro punti cardinali che unificano nel fondamento il rapporto tra Essere e uomo ( Zwischen ), cioè l'essere nella sua essenzialità in relazione all'uomo nella sua espressione antropologica. la Quadratura è lo spazio di coesione assoluto in cui l'essere si dispiega. Nello spazio ideale della Quadratura si dispone come un cerchio visivo ( Gesichtskreis ) la totalità della realtà ed è in questo campo esperienziale che si compendia (L') incontro tra Verità ed uomo ( Die ) Vergegnis. Pur essendo sfuggente, la Quadratura riesce a comunicare la sua intrinseca configurazione spaziale attraverso una rilettura dei luoghi. Un luogo non è semplicemente un "posto", è piuttosto uno spazio ideale che potenzialmente consente la connessione di campi ( nel senso semiotico ) tra loro apparentemente lontani. E così, nelle lettura heideggeriana, un ponte non è un semplice ponte, ma il tramite della riconnessione di luoghi separati. Lo spazio è solo apparentemente frazionato, nella sua disposizione originaria l'Essere si struttura in un continuum spazio-temporale che nella dimensione della "terrestrità'" si presenta come quadratura e quindi ri-unione della "semplicità dei Quattro". Ma è possibile rappresentare la dimensione spaziale della Quadratura ? L'uomo dell’antichità, e intendiamo soprattutto l'uomo dell’età paleolitica e lo stesso uomo primitivo, aveva un rapporto estatico con la natura, Egli era inserito ancora nel suo grembo, faceva parte del ciclo della catena alimentare, guardava agli altri esseri come presenza della natura, come altri esseri compartecipi ad Essa. Quest'uomo originario aveva rispetto per tutte le forme di vita, temeva la Natura e si scusava dopo aver ucciso un animale per cibarsene. La percezione di questa Natura viva permetteva a questi primi uomini di percepire la presenza dell'Essere, essi erano attorniati da un'aura magica in cui non mancavano prodigi e segni apofantici attraverso cui l'Essere si mostrava. In questa frazione temporale l'uomo fruiva un'esperienza totale, il suo sistema nervoso era predisposto al pensiero analogico ed alla percezione extrasensoriale, capacita' queste che oggi abbiamo perduto ma che rintracciamo tuttora in alcune culture sciamane dell'Africa centrale e Centro-Orientale, nel Sud Africa, nella Lapponia, nella cultura buddista, presso gli aborigeni australiani, gli Inuit della Groenlandia ed in alcune tribù indigene della Papuasia. Lo sciamanesimo è forse l'ultima frontiera di quelle capacità cognitive dell'uomo. THE BEAUTIFUL MIND - Una riflessione su Baruch Spinoza. Il pensiero di Benedetto Spinoza oggi più che mai è grandioso e straordinario. Il mondo contemporaneo, squassato e sconvolto da fondamentalismi di tutte le specie, si direbbe che sia ad una svolta. Il crinale su cui si trova oggi l'umanità è sempre più ripido ed il baratro che si scorge sotto è come una voragine senza fondo. L’umanità rischia di precipitare, preda della barbarie della superstizione, dell'ignoranza della ragione, del cieco fideismo e della dipendenza psicologica dalle religioni. Oggi milioni di persone sono disposte a credere che i santi intercedano per noi in paradiso, che delle statue bevano il latte e che dell'acqua che sgorga da una fontanella sia miracolosa solo perché' nei paraggi si trova la statua di un papa defunto. Si promuove il falso ragionamento che più il numero di fedeli è grande più la fede è autentica, e che più sono diffuse le religioni nel mondo più le religioni hanno un fondamento storico concreto, nel senso che il sacro ha avuto la sua epifania nel mondo e che continua in qualche modo a dialogare con esso. Il risultato di tutto questo è un’umanità sempre più ridotta a gregge, una massa brulicante di individui che di fronte ai problemi prega e si genuflette, incapace di reagire, rassegnando la propria volontà a guru spirituali o divinità onnipotenti che s'intende determinano il destino di ciascun individuo a piacimento. Su questa linea si trovano tutte le religioni positive, che allo stato attuale stanno riducendo a brandelli l'umana ragione, sempre più avvilita e disprezzata. Contro questo conformismo religioso si staglia la vita e l'opera di Baruch Spinoza, figura esecranda e maledetta per le sue idee e per il coraggio che ha avuto nell'analizzare storicamente il testo biblico, valutandolo per quello che era : non un testo sacro, ma una serie di scritti composti da uomini particolarmente fantasiosi e suggestionabili : Van tutti dicendo che la sacra Scrittura è il verbo di Dio che insegna agli uomini la vera felicità e la via della salvezza; in pratica dimostrano tutto il contrario. Vediamo infatti che il volgo fa tutt'altro che vivere sotto l'insegnamento della sacra Scrittura e osserviamo che quasi tutti spacciano per verbo divino le proprie invenzioni e col pretesto della religione mirano solo ad ottenere l'altrui consenso. Vediamo poi che i teologi si preoccuparono per lo più di come potere ricavare dai testi sacri, con evidente forzatura, ciò che in realtà era loro propria immaginazione e loro opinione, cercandone in tal modo conferma nell’autorità divina. Così l'interpretazione della Scrittura, cioè del pensiero dello Spirito santo, è la cosa che essi fanno con il minor scrupolo e con la maggior temerarietà immaginabili; e se qualcosa li preoccupa, questo non è certo il timore di attribuire qualche errore allo Spirito santo e di allontanarsi dalla via della salvezza, ma solo quello di essere convinti di errore dagli avversari e di veder così se stessi, e la propria autorità, calpestati e disprezzati dagli altri. [...] Anzi la religione non corrisponde più al sentimento di carità, ma alla disseminazione della discordia fra gli uomini ed alla propagazione di un odio crudele, che essi nascondono sotto il falso nome di zelo divino e di ardente fervore. A questi mali s'aggiunge la superstizione che insegna agli uomini a tenere in dispregio la ragione e la natura e ad ammirare e venerare solo ciò che con esse è in contrasto : non ci stupiremo dunque se gli uomini , per ammirare e venerare sempre più la Scrittura, cercano di interpretarla in modo che essa appaia sempre più in contrasto con la ragione e con la natura. perciò ci si immagina che nei testi sacri stiano celati profondissimi misteri; ci si affatica a sondarli, cioè a sondare delle assurdità, tralasciando ogni altra utile ricerca; si attribuisce allo Spirito Santo tutto ciò che ci si immagina in tale delirio e si tenta di sostenerlo con ogni energia e con la forza della passione. * * B. Spinoza Trattato T.P pag. 153-154 Max Weber e la sociologia comprendente. L'importanza dell'opera di Max Weber è oggi unanimemente riconosciuta da tutti gli studi seri che si affidano ad una ricerca sociale non inquinata da considerazioni di carattere ideologico. In questi ultimi anni l'analisi weberiana ha subito goffi tentativi di delegittimazione da parte di alcuni esponenti della scuola storica francese ( le Annales ) oltre che da interessate considerazioni di matrice terzomondista che mirano a relativizzare i riferimenti weberiani alla cultura occidentale, imperniata su peculiari linee di sviluppo che ne caratterizzano la specificità. Ma al di là di queste sterili critiche, il contributo di Weber resta solido ed indiscutibile. Tutti coloro che vogliono seguire un approccio maturo alle scienze storico sociali non possono esimersi dalla lettura weberiana : dall'analisi degli assi portanti delle civiltà, con l'elaborazione dei poderosi apparati della sociologia della religione, agli studi metodologici nelle scienze sociali, alla riconsiderazione di tutta la ricerca sociologica, fino alla definizione dei compiti della classe politica e del ruolo dell'intellettuale il contributo complessivo alla scienza sociale offertoci da Weber è inestimabile. In questa scheda presenteremo solo una sezione della metodologia weberiana inerente il nuovo modello di sociologia introdotto da Weber : la sociologia comprendente. Riteniamo utile questa scheda, perché una definizione chiara di sociologia comprendente non si rintraccia facilmente negli studi di settore, per questo abbiamo pensato di offrirne una lettura in chiave attuale, in grado di spiegare gli orientamenti della sociologia più recente. Per sociologia comprendente ( verstehende Soziologie ) s'intende semplicemente l'attribuzione di un significato all'agire sociale. L'agire sociale è necessariamente dotato di un valore semantico che il sociologo deve appunto comprendere. Ma la sociologia comprendente si pone immediatamente come autodefinizione di un significato che un soggetto agente opera sul proprio agire. L'agire individuale è ovviamente dotato di senso per ciascun soggetto agente, per cui ci troviamo di fronte una categoria sociologica che si apre all'interpretazione di più significati : il significato individuale di un'azione e l'attribuzione di significato prodotta dal sociologo. La sociologia comprendente dunque se da un lato può apparire generica, perché si affida ad un modello analitico troppo flessibile e "comprensivo", dall'altro si presenta come un indirizzo multifattoriale della ricerca sociologica, in cui il lavoro interpretativo del sociologo si apre all'utilizzo di approcci differenziati : l'interazionismo simbolico, la sociologia fenomenologica, fino alla stessa psicoanalisi. Si può dire che la sociologia comprendente è un assunto tipico dell'episteme weberiano in quanto garantisce alla ricerca una metodologia allargata in grado di convogliare diversi approcci analitici. In un certo senso la sociologia comprendente proprio per la totalità del suo sguardo è destinata a ridefinirsi in un indirizzo di ricerca più onnicomprensivo quale quello dello scienziato della cultura. Weber non volle mai definire concretamente la sociologia come scienza della cultura, elaborò la definizione certo più obiettiva di scienze storico-sociali. Una sociologia della cultura verrà promossa invece dal fratello di Max, Alfred Weber, tuttavia Max si rendeva ben conto che la sociologia comprendente portava il sociologo essenzialmente ad essere uno scienziato della cultura, che in senso più vasto studia ed interpreta i significati delle azioni umane inserite in un contesto storico determinato. Quello che Weber definiva sociologia comprendente oggi noi lo denominiamo culturologia. KARL POPPER E LA RICERCA DI UN MONDO MIGLIORE. Il pensiero di Karl Popper è oggi un riferimento obbligato non solo per la ricerca filosofica, ma anche per comprendere il dibattito epistemologico contemporaneo, che fa perno sulla categoria possibilista e falsificazionista fissata da Popper. Questo assunto del neocriticismo scientifico-filosofico ha posto spontaneamente un valido criterio di veridicità scientifica attraverso cui diverse discipline sono state costrette a ripensare dal loro interno lo statuto di scientificità avanzato. Alcune materia di confine troppo ibride per rientrare in linee metodologiche condivise non sono riuscite a superare il paradigma popperiano, mentre altre discipline come la psicoanalisi, l'interazionismo simbolico, la stessa teoria marxista del materialismo storico sono state scompaginate dal criterio di falsificabilità. La scienza contemporanea ha adottato lo statuto epistemologico del possibilismo e del falsificazionismo che rappresenta oggi il modello ufficiale di scienza. ma noi tratteremo qui un altro aspetto del pensiero di Popper, quello inerente la filosofia politica avanzata dal teorico della società aperta. Uno dei problemi peculiari alle democrazie parlamentari è quello del pluralismo culturale, una società democratica è tanto più ricca quanto più si presentano al suo interno pareri e posizioni diverse in merito a determinate questioni, tuttavia se il pluralismo rappresenta la garanzia di un sistema politico culturalmente sano, ciò non abilita il relativismo a divenire criterio referenziale di un sistema sociale maturo. L'errore che oggi molti compiono è quello di acquisire il pluralismo culturale al relativismo, che invece non sono affatto la stessa cosa. Per questo Popper definisce il pluralismo culturale come pluralismo critico nel senso che esso si appella alla ricerca della verità che non può estromettersi dall'orizzonte umano; il relativismo culturale invece stabilendo che tutte le verità sono equivalenti elimina di fatto la verità come possibilità conseguibile. Vi è un altra specie di relativismo culturale ancora peggiore, di matrice irrazionalista, che stabilisce che l'uomo, con il solo ausilio della ragione non potrà mai raggiungere la verità. Popper ha chiarito in modo mirabile questa problematica, regalandoci un esempio di saggezza e di equilibrio che soprattutto oggi dovrebbero essere un monito e una guida per tutti coloro che svolgono una carriera politica o che hanno responsabilità dirette nel sociale e quindi insegnanti, operatori culturali, opinion leader : Quest'atteggiamento [ il relativismo] porta alla tesi che tutte le opinioni siano intellettualmente ugualmente sostenibili. Tutto è permesso. Perciò la tesi del relativismo conduce chiaramente all'anarchia, all’illegalità; e in tal modo al dominio della violenza. Il mio argomento, tolleranza e libertà intellettuale, mi ha portato così alla questione del relativismo. Vorrei prendere in questa sede nei confronti del relativismo una posizione che viene confusa quasi sempre con il relativismo stesso, mentre invece è fondamentalmente diversa da questo. Ho chiamato spesso questa posizione pluralismo; ma proprio questo ha condotto a quegli equivoci. Voglio caratterizzarla perciò qui come pluralismo critico. Mentre il relativismo, scaturisce da una tolleranza lassista, porta al dominio della violenza, il pluralismo critico può contribuire all'ammansimento di quest'ultima. L'idea di verità è di decisiva importanza per la contrapposizione di relativismo e pluralismo critico. Secondo la posizione relativista si può asserire tutto, o quasi tutto, e perciò niente. La verità è dunque priva di significato. Il pluralismo critico è la posizione secondo la quale nell'interesse della ricerca della verità ogni teoria -più sono meglio èdev'essere ammessa alla concorrenza. Questa concorrenza consiste nella discussione razionale di queste ultime e nella loro eliminazione critica. La discussione è razionale; e questo significa che ciò che importa è la verità delle teorie concorrenti : la teoria che nella discussione critica sembra avvicinarsi maggiormente alla verità è la migliore; e la teoria migliore soppianta le teorie peggiori. Ciò che importa è dunque la verità. [...] I principi che stanno alla base d'ogni discussione razionale, ossia d'ogni discussione al servizio della ricerca della verità, sono in realtà veri e propri principi etici. Vorrei indicarne tre. 1. Il principio della fallibilità : forse io ho torto, e tu forse hai ragione, ma possiamo anche aver torto entrambi. 2. Il principio della discussione ragionevole : dobbiamo tentare di soppesare nel modo più impersonale possibile le nostre ragioni pro e contro una determinata teoria suscettibile di critica. 3. Il principio dell'avvicinamento alla verità. Attraverso una discussione imparziale ci approssimiamo quasi sempre alla verità; e giungiamo ad una migliore comprensione; anche quando non perveniamo ad un'intesa. E' rimarchevole che tutti e tre siano ad un tempo principi gnoseologici ed etici. Perché' implicano tra l'altro tolleranza : se io sono in grado d'imparare da te e voglio imparare da te nell'interesse della ricerca della verità, allora devo non solo tollerarti, ma anche riconoscere in te una persona che ha potenzialmente i miei stessi diritti; la potenziale unità e la parità di diritti di tutti gli esseri umani costituiscono un presupposto della nostra disponibilità ad intavolare una discussione razionale. Importante è anche il principio che possiamo imparare molto da una discussione; anche quand'essa non porta in un accordo. * * K. R-Popper -Tolleranza e responsabilità intellettuale -1982 Vienna. La questione del relativismo culturale è diventata oggi un'autentica piaga nella cultura politica europea, qualora il relativismo diventi la pratica dominante rischiamo di annullare l’identità europea e la stessa cultura occidentale. Quello che infatti va integrato al testo di Karl Popper è la considerazione già avanzata da Max Weber : nel bene o nel male noi siamo sempre tenuti a fare una scelta, abbiamo il dovere di scegliere, non solo in vista della ricerca della verità ( come vuole Popper ) ma anche per dovere etico. Non possiamo mantenerci sempre in bilico cercando così di sopravvivere, le scelte a volte sono dolorose ma una scelta è quello che ci caratterizza. Questa vocazione alla scelta sembra per altro estranea alla cultura politico-istituzionale che abbiamo in Italia. Pertanto la lettura popperiana è da considerarsi importante proprio per la formazione politica delle nuove generazioni. L’AUTODISTRUZIONE COME VOCAZIONE UMANA E LE COSE CHE POSSIAMO FARE PER SOPRAVVIVERE. Predire catastrofi prossime venture non è nostro interesse, e neppure rivestire i panni del profeta di sventure. Tuttavia vi sono almeno due cose di cui possiamo essere assolutamente certi : 1) l’Uomo sta distruggendo il pianeta. 2) Le forze culturali che rallentano lo sviluppo socio-economico piuttosto che retrocedere, avanzano, compromettendo la possibilità di sopravvivenza della nostra specie. Anzi, si direbbe che in questi ultimi anni trascorsi l’umanità sia fatalmente attratta dalla seconda tendenza e rispetto al groviglio di problemi che si delineano non si riesca a trovare nessuna soluzione; i problemi restano e si assommano a quelli di prima, in una sequenza continua. Da qui deriva quel senso di sopraffazione che si accompagna alla nostra modernità; l’abituarsi al malcostume, alla corruzione, alla violenza, alla maleducazione, e potremo dire che ogni giorno che passa noi perdiamo qualcosa, diventando sempre più cinici. I due fattori di crisi sopra indicati sono fortemente connessi e la loro comprensione rinvia alla questione decisiva : il problema della scelta ! Siamo noi che scegliamo il futuro che vogliamo, con le decisioni quotidiane e le azioni intraprese; siamo noi che scegliamo –oggi– per le generazioni future ed in definitiva scegliamo se la nostra specie deve continuare a vivere su questo pianeta o avviarsi alla catastrofe. Questo punto cruciale è stato affrontato in modo brillante dal geografo-culturalista Jared Diamond, in alcuni studi che sono diventati due libri formidabili : Armi, acciaio e malattie e Collapse. Nel corso della sua prima ricerca Diamond dimostra che il benessere di un paese, e quindi di un popolo si riconduce essenzialmente ad una causa di fondo che è la collocazione geografica. Ciascuna area geografica detiene un background specifico, in cui si presentano quegli elementi che possono tradursi in vantaggi per la sopravvivenza della nostra specie o in svantaggi. Ad esempio la distribuzione di specie animali domesticabili, la presenza di barriere naturali, la varietà di specie, bacini idrici navigabili. Un agente discriminante sul piano geografico è rappresentato inoltre dalla linea dell’equatore e quindi dall’allineamento degli assi continentali. Gli assi orizzontali hanno usufruito di una fascia climatica temperata, la quale ha favorito un surplus alimentare e quindi il primo differenziale di sviluppo che si registra nella storia dell’uomo. Ma Diamond oltre ai fattori strutturali sopra indicati, ci spiega che le diversità geografiche non riescono a spiegare tutto, vi sono anche delle idiosincrasie culturali ed il ruolo di alcuni singoli individui nella storia che possono incidere in misura rilevante nella storia di un popolo e quindi nel successo in termini di sviluppo materiale e di benessere. Le idiosincrasie culturali non sono facilmente trattabili, il loro modello esplicativo si riconduce alla teoria del caos ( piccole variazioni incidono a livello sistemico sui grandi eventi ) però sappiamo che esistono e che influenzano concretamente la storia umana; esse non sono per altro del tutto sfuggenti e noi abbiamo la facoltà di comprenderle nella misura in cui decidiamo di essere più razionali. Riguardo il ruolo dei singoli individui è certamente pure importante ma non è quantificabile. Nel secondo volume di Diamond Collasso –come le società scelgono di morire o vivere, assistiamo ad una definizione più sicura del ruolo rivestito dalla cultura nella storia del genere umano. Le scelte sbagliate ( mantenere valori culturali conflittuali o troppo rispettosi della tradizione ) hanno portato diversi popoli all’estinzione : Non conosco alcun caso in cui la scomparsa di una società possa essere unicamente attribuita al danno ambientale, poiché' ci sono sempre anche altri fattori che vi contribuiscono. […] Alla fine, sono arrivato a individuare cinque gruppi di possibili fattori concomitanti che ora tengo sempre in considerazione nel cercare di capire ogni presunto crollo ambientale. Quattro di questi gruppi ( relativi ai danni ambientali, ai cambiamenti climatici, all’ostilità delle popolazioni vicine e alla presenza di partner commerciali con cui si intrattengono relazioni amichevoli ) possono o meno dimostrarsi significativi per una data società. La quinta serie di fattori, ovvero la risposta della società ai suoi problemi ambientali, si dimostra invece sempre importante * La risposta che dà la società ai problemi è in altri termini la decisione che si prende di fronte ad una situazione critica. E le scelte operate dall’uomo si inscrivono sempre nella costellazione dell’orizzonte culturale a cui appartiene : I comportamenti di una società dipendono dalle sue istituzioni politiche, economiche e sociali e dai suoi valori culturali. Questi valori ed istituzioni incidono sulla possibilità che un popolo riesca a risolvere ( o almeno cerchi di risolvere ) i suoi problemi. ** In questo modo Diamond riesce a dimostrare perché alcune comunità umane si sono estinte ( morendo di fame o divorandosi a vicenda ) oppure sono fiorite, sopravvivendo alla sfide dell’ambiente; le scelte appropriate hanno fatto la differenza, scelte che vogliono dire anche abbandonare i valori della propria cultura per accogliere elementi valoriali di una cultura diversa ( il caso dei vichinghi e degli Inuit ); oppure di modificare o adattare i valori di una cultura in relazione ad un problema emergente che richiedeva un cambiamento dei valori culturali convenzionali ( vedi l’autodistruzione degli indigeni dell’isola di Pasqua ). L’umanità al momento è come di fronte ad un bivio: mantenere lo stato attuale di erosione delle risorse; adottare misure razionali per salvaguardare l’ambiente e così tutte le specie viventi in natura, compresa la nostra. Nel primo caso gli esempi prodotti da Diamond sono emblematici : laddove l’uomo ha distrutto la natura, a cominciare dagli alberi, il suo sistema di vita e' andato incontro al collasso. Intaccare il patrimonio boschivo significa, in termini ambientalistici, compromettere la risorsa di fondo di un ecosistema. Diamond dimostra che distruggendo gli alberi vengono a mancare pure le condizioni generali per il sostentamento dei sistemi biologici. Riguardo il secondo punto l’uomo deve essere in grado di operare delle scelte razionali, le scelte giuste per impedire il collasso, una scelta può essere ad esempio quella di adeguare il modello di sviluppo economico alle condizioni dell’ambiente, rinunciando alla cultura consumistica, sarebbe questa una scelta importante, in grado di ridefinire lo stesso neocapitalismo. Ma interventi di questa portata richiedono misure economiche straordinarie correlate ad una nuova cultura dei paesi industriali. Quello che invece possiamo fare subito è iniziare ad avere più cura degli alberi, sarebbe già un importante passo avanti. Potremo iniziare proprio dalle scuole, parlando degli alberi agli studenti, della loro importanza e della funzione che rivestono sul piano ecosistemico; nelle scuola primaria potremo fare esercitare i bambini al riconoscimento degli alberi, educarli così al rispetto della natura in modo diretto. Tante sono le cose da fare, iniziamo da questo : salviamo gli alberi. * Jared Diamond –Collapse Editore Einaudi pp. 9-10 ** Ibidem pp. 13-14.