Manuale copia

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Egidio Trainito
SEAS
OF THE
WORLD
A concise handbook
Guida breve ai mari del mondo
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ESA ® European Scuba Agency
E’ vietata la riproduzione di questo manuale o di sue singole parti
Product n° M0006
A cura di Mauro Bertolini
Testi e fotografie di Egidio Trainito
Illustrazioni di Stefano Trainito e Jacopo Pasqualotto
Un particolare ringraziamento a Marco Ferrari e Marina Pala
Nella Guida di Riconoscimento le foto 7 e 50 sono di Agostino
Tomasello e la foto 177 è di Domenico Ruiu
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Acqua, oceani e mari
La Terra vista dallo spazio ha un aspetto molto
particolare, diverso da quello che siamo abituati a
vedere con i piedi sulla terraferma. Il nostro pianeta è, infatti, coperto per più del 70% dall'acqua e
anche le nuvole che lo circondano sono fatte d'acqua. Ed è proprio quest'enorme quantità d'acqua
che ha consentito lo sviluppo della vita sulla Terra a
partire dagli ambienti marini.
Sono 1.370 milioni di chilometri cubi d'acqua, ma
l'impressione di grandezza è solo relativa, infatti, rispetto alla massa del pianeta tutta quell'acqua che quasi lo
avvolge è paragonabile a quanta rimane su una pallina
da tennis dopo averla immersa in un secchio d'acqua,
un sottile velo che può
evaporare in fretta: eppure ciò non avviene da
almeno due miliardi e
I numeri degli oceani e dei mari
mezzo d'anni, da quando
cioè l'acqua degli oceani,
ghiacci compresi, ha un
km x 1000
km x 1000
Prof. media
volume stabile.
Pacifico
179.679.000 723.699.000
4.028
Da qualunque punto
Atlantico
106.463.000 354.679.000
3.332
di vista la guardiamo,
Indiano
74.917.000 291.945.000
3.897
questa massa d'acqua ha
caratteristiche straordinarie, sia perché l'acqua
è un composto molto
Caraibi
4.319.000
9.573.000
2.216
particolare nella sua
Mediterraneo 2.966.000
4.238.000
1.429
apparente semplicità,
Mar Rosso
438.000
215.000
491
sia perché delle forme
Mare
Andamane
798.000
694.000
870
di vita che popolano gli
oceani conosciamo ancora poco.
L'acqua è formata da due atomi d'idrogeno ed
uno d'ossigeno e in mare, nei laghi, nei fiumi e sulla
terraferma quasi tutti gli organismi che popolano il
pianeta dipendono dall'ossigeno per la respirazione
e quindi per la vita. La molecola dell'acqua ha una
polarizzazione elettrica particolare che favorisce
l'aggregazione delle molecole tra loro, attraverso
legami deboli e costantemente variabili, chiamati
legami idrogeno, che però le conferiscono la capacità di esistere allo stato liquido alle condizioni
medie di temperatura del nostro pianeta.
La massa d'acqua non è solo messa in continuo
movimento da venti, maree e correnti, ma è intrinsecamente in perenne agitazione molecolare, sulla
quale agisce il calore del sole che l'acqua distribui2
3
3
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L’ambiente
marino è in
perenne
movimento e
le coste
subiscono
la maggiore
influenza
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sce sul pianeta determinando in larga parte le sue
condizioni climatiche.
La struttura dell'acqua ha però altre conseguenze
che spiegano in buona parte come mai conosciamo
ancora pochissimo di quello che c'è nella profondità degli oceani: l'acqua è 800 volte più densa dell'aria e ciò determina che bastano dieci metri di
colonna d'acqua per eguagliare l'intero peso dell'atmosfera che provoca la pressione alla quale siamo
abituati. Le conseguenze per l'uomo sono evidenti: la
sua capacità di inoltrarsi con autorespiratori si limita
infatti a quote relativamente vicine alla superficie.
L'acqua del mare non è solo densa, ma anche
poco trasparente: infatti, le radiazioni luminose sono
assorbite fin dai primi metri e solo condizioni di visibilità straordinarie consentono di vedere a profondità superiori ai 30-40 metri dalla superficie. Se si considera che la profondità media dei mari del
mondo è di circa 3800 metri è intuitivo che la conseguenza è un'enorme difficoltà a conoscere cosa c'è
nel mare sia riguardo alle forme di vita che lo popolano, sia riguardo alla conformazione del fondo.
Sembra un paradosso, ma conosciamo quasi
meglio la superficie di Marte di quella dei fondali
oceanici. Ma in fondo è proprio quest'alone di
mistero che aleggia sugli oceani del pianeta a renderli così attraenti e a sviluppare il desiderio di
conoscenza che continua ad essere appagato e nello
stesso tempo accresciuto da continue scoperte sulla
natura degli oceani, dovute sia alla crescita delle tecnologie, sia al caso.
Ogni giorno si scoprono nuovi organismi in tutti
gli angoli del pianeta, mentre le mappe delle enormi distese dei fondali oceanici diventano sempre
più precise, mostrando panorami subacquei, visibili
solo con l'ausilio dei computer, fatti di catene montuose, di valli, di fosse e di grandi pianure ed in tutti
questi ambienti, anche nei più reconditi e profondi
si annidano forme di vita straordinarie.
Un mondo che cambia
4
Se l'acqua e gli oceani sono il simbolo del movimento non si deve pensare che i fondali marini e le terre
emerse siano immoti ed immutabili. La fotografia del
pianeta che ci inviano oggi i satelliti dallo spazio è solo
un'istantanea, dal punto di vista geologico, infatti, la
forma delle terre emerse e degli oceani non è mai stata
così nel passato e non sarà mai più così nel futuro.
Ce ne rendiamo conto solo quando un apocalittico
terremoto sconvolge il Centro America o l'Asia meri-
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300 milioni di anni fa
225 milioni di anni fa
180 milioni di anni fa
60 milioni di anni fa
dionale o il Centro Italia, ma le masse continentali
sono in movimento continuo e da più di 200 milioni
d'anni si stanno allontanando tra loro, in un movimento che prosegue inesorabile, trasformando i continenti e gli oceani. È quella che gli scienziati chiamano
tettonica a placche a muovere la crosta del pianeta e
i motori di quest'apocalittica trasformazione, che da
una parte inghiotte crosta terrestre e dall'altra ne crea
di nuova, sono nelle profondità degli oceani.
Duecento milioni d'anni fa sulla Terra c'era un solo
grande oceano, la Panthalassa, ed un solo gran continente, la Pangea. Nella Pangea s'insinuava un profondo golfo chiamato Tetide.
Da allora l'unico continente si è frazionato in blocchi che già prefiguravano le forme degli attuali continenti; le masse di terre emerse hanno progressivamente diviso il mare nei grandi bacini degli oceani
attuali, il mare della Tetide è stato circondato dalle
terre e ad esso si fa risalire l'attuale Mediterraneo.
I tre grandi oceani che oggi ricoprono il pianeta,
l'Atlantico, il Pacifico e l'Indiano, sono comunicanti tra
loro a nord ed a sud, ma il frazionamento causato dalla
deriva dei continenti ha creato barriere invisibili
La deriva
dei
continenti
ha mutato
profondamente il
rapporto tra
terre emerse
ed oceani
ed il
processo
è ancora
in atto
5
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anche per gli organismi ed oggi ogni bacino ha un'importante componente di forme di vita esclusive, endemiche, a volte circoscritta in ambiti molto limitati.
La caratteristica degli oceani è quella di godere di
condizioni complessive discretamente uniformi a parità
di latitudine e di profondità e di flussi di correnti relativamente costanti: essi sono il motore del clima del pianeta, che risente a volte in modo drammatico quando
si verificano anomalie nei normali regimi di temperatura e densità degli oceani.
Mari chiusi
Il
Mediterraneo
è il mare
più chiuso
del pianeta
6
Al limitare delle masse continentali, cordoni d'isole o particolari condizioni geologiche formano i
cosiddetti mari mediterranei: si tratta di bacini relativamente chiusi con scambi d'acque e d'organismi
limitati, che spesso godono di condizioni climatiche
molto particolari.
Il Mediterraneo è il più mediterraneo di tutti: è un
gioco di parole che deriva dall'essere un mare chiuso
che comunica con l'Atlantico solo attraverso i 14 chilometri dello stretto di Gibilterra, con una soglia
di profondità di soli 300 metri. L'altra comunicazione con l'esterno è il Canale di Suez, ma la sua portata
d'acqua è irrisoria rispetto alle dimensioni del bacino.
Il Mediterraneo comunica con un altro straordinario mare mediterraneo il Mar Rosso, che sbocca
nell'Oceano Indiano solo attraverso lo stretto di Bab
el Mandeb tra Gibuti e lo Yemen, un braccio di mare
di soli 26 km di larghezza. Comunicanti tra loro
Mediterraneo e Mar Rosso sono tremendamente
diversi nel paesaggio delle coste e nella vita che
ricopre i fondali, soprattutto per i regimi climatici,
per la temperatura e la salinità delle acque.
Altri mari mediterranei sono il Mare dei Caraibi e
il Mare del Giappone; anch'essi hanno condizioni
climatiche particolari e faune e flore endemiche
importanti.
Alcuni mari mediterranei, il Mediterraneo ed il
Mar Rosso in particolare, hanno un destino già scritto nella storia futura del pianeta. La loro nascita e la
loro evoluzione dipendono dal movimento delle
placche terresti.
Così, mentre il Mediterraneo è destinato a chiudersi progressivamente ed a scomparire in un tempo
di 5 milioni d'anni, attimo più, attimo meno in scala
geologica, il Mar Rosso è invece destinato ad ingrandirsi quando le acque allagheranno la Rift Valley, la
frattura che attraversa l'Africa orientale, della quale
il Mar Rosso è la porzione più settentrionale.
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Fattori che condizionano la vita
Se osserviamo il mare da una spiaggia della
Sardegna, da una scogliera del Portogallo, da una
barca che solca il Mare delle Andamane o dall'ombra di un palmeto in Indonesia, ci sembra sempre
mare. Se poi guardiamo il mappamondo vediamo
che tutti i bacini comunicano tra loro.
Perché allora le forme di vita sono così diverse nelle
varie parti del mondo? Ed in scala più piccola come
mai lungo un tratto di costa, apparentemente omogeneo, s'incontrano situazioni molto differenti tra loro?
Gli organismi marini, vegetali ed animali, sono
limitati nella loro presenza e nella loro distribuzione
geografica da fattori fisici, determinati dalla natura
stessa dell'acqua di mare, dalla latitudine, dalla temperatura, dai movimenti del mare e dalla forma delle
terre emerse, con conseguenze particolari nei diversi bacini.
Il mare è salato
Bella scoperta! Tutti sanno che l'acqua del mare è
salata, ma pochi sanno quali sono le conseguenze
delle variazioni di salinità.
La salinità media dei mari del
mondo è del 35 per mille, che si
scrive 35‰. Ma non è costante all'inSali disciolti
terno dei vari bacini e risente di molti
fattori climatici e geografici.
in un litro d’acqua di mare
La salinità aumenta dove c'è maggiore evaporazione, come nella parte
10,77 g di sodio
orientale del bacino del Mediterraneo,
19,37 g di cloro
mentre cala in prossimità della terra2,71 g di ione solfato (SO4)
ferma dove i fiumi scaricano acque
dolci, come in Alto Adriatico.
1,30 g di magnesio
Cosa vuol dire che l'acqua ha una
0,41 g di calcio
salinità del 35‰? Significa che il peso
0,39 g di potassio
dei sali disciolti in un litro d'acqua di
0,06 g di bromo
mare, che pesa più o meno un chilo e
0,03 g d'anidride carbonica
33 grammi, è pari a 35 grammi.
0,01 g di stronzio
Rispetto agli oceani il Mediterraneo
ha una salinità media più elevata, che
nella zona centrale del bacino si attesta
attorno al 38‰, con variazioni dell'ordine dell'1-2‰, se da occidente si va verso oriente.
Ad ovest il calo della salinità è determinato dall'ingresso d'acque atlantiche che, mescolandosi con
quelle mediterranee, le diluiscono.
Ancora più elevata è la salinità del Mar Rosso che
si attesta su valori attorno al 40‰, in conseguenza
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Le
mappa della
salinità dei
mari del
mondo.
Il
Mediterraneo
ha una
salinità
del 38‰,
superiore
alla media,
mentre il
mare meno
salato è il
Mar Nero.
30
35
34
32
34
36
33
37
35
40
35 36
35
35
36
37
36
35
35
34
34
8
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della limitata estensione del bacino e dell'elevata
evaporazione dovuta al clima desertico delle terre
che lo circondano.
Le variazioni di salinità all'interno di un bacino
incidono sulla vita degli organismi marini perché
essi hanno bisogno di bilanciare la salinità dei fluidi
corporei con quella dell'ambiente esterno.
Gli organismi che sono in grado di adeguare
attraverso il metabolismo la loro fisiologia a sensibili variazioni di salinità sono chiamati eurialini:
gli esempi più classici sono i cefali (foto 174) o le
spigole che nascono in mare, ma si spostano in
acque salmastre nel periodo della crescita per sfruttare la maggiore quantità di cibo disponibile ed
adeguano la loro fisiologia a variazioni molto forti
di salinità, che nelle
lagune scende anche al
di sotto del 20‰. Ma
forse l'esempio estremo
d'animale eurialino è il
salmone che passa dalle
acque del mare a quelle
32
dei fiumi dove risale per
34
riprodursi.
>37
Al contrario sono ste35
noalini quegli organi<30
smi che sono costretti a
34
35
vivere in condizioni stabili di salinità: il nasello
36
35
è una classica specie ste35
noalina, ma in generale
34
sono stenoalini gli organismi che vivono a grandi profondità, dove i fattori ambientali tendono
ad essere più stabili.
Per comprendere meglio come le differenze di
salinità possono rappresentare un impedimento alla
diffusione degli organismi marini basta osservare
quello che è accaduto dopo l'apertura del Canale di
Suez che, nella seconda metà dell'Ottocento, mise in
comunicazione Mar Rosso e Mediterraneo.
Il canale unisce una serie di bacini interni, i cosiddetti Laghi Amari, la cui salinità inizialmente era
molto più alta di quella dei due mari confinanti. Il
passaggio delle navi ha nel tempo favorito il ricambio
delle acque e, da quando nel canale si è uniformato
il grado di salinità, l'ingresso d'organismi dal Mar
Rosso verso il Mediterraneo ha avuto un rialzo
improvviso. Oggi sono più di trecento le specie d'af-
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finità tropicale che hanno colonizzato il
Mediterraneo, passando da Suez, e ciò è avvenuto in
tempi recenti e con una crescente accelerazione.
Il fatto che l'acqua di mare sia salata determina
non solo che da essa ricaviamo il sale, ma soprattutto la sua straordinaria capacità d'autodepurazione. Infatti, la presenza di ioni disciolti ed il continuo movimento dell'acqua determinano la sua
capacità di scomporre le sostanze che arrivano in
mare portate dai fiumi o dalle piogge e di rimetterle in circolo, come semplici sali, utilizzati poi per le
funzioni vitali di vegetali ed animali. Inoltre la salinità del mare agisce contro lo sviluppo di germi che
potrebbero provocare malattie.
Capacità di depurazione straordinaria ma non illimitata, soprattutto impotente di fronte al maggiore
pericolo d'inquinamento moderno: gli idrocarburi
ed i loro derivati, petroli, plastiche e simili.
La conseguenza della loro scarsissima solubilità
e dell'essere più leggeri dell'acqua fa sì che sulla
superficie del Mediterraneo fluttua un film d'idrocarburi di spessore crescente. È una pellicola che
non ha possibilità di smaltimento perché il bacino
scambia con l'Atlantico solo acque superficiali in
entrata, che portano altri inquinanti, mentre escono solo acque profonde, che quindi non consentono il deflusso degli idrocarburi che galleggiano in
superficie.
Quando le perdite d'idrocarburi avvengono nei
pressi delle coste, come nel caso d'affondamenti di
petroliere, i danni per gli ambienti sommersi e quelli costieri sono incalcolabili.
Le maree nere non solo imbrattano le spiagge e
le rocce costiere, ma sconvolgono le reti alimentari,
mettendo in crisi intere comunità vegetali ed animali ed i tempi di ripristino di una condizione naturale
sono dell'ordine di centinaia d'anni.
Il naufragio
di navi che
trasportano
materiali
inquinanti
è una delle
maggiori
minacce
per i mari e
le coste del
pianeta
Un mare tiepido
Il regime termico dell'acqua nel Mediterraneo è
molto diverso da quello dei grandi bacini oceanici
anche a parità di latitudine, essenzialmente perché è
un bacino chiuso.
Negli oceani la temperatura dell'acqua decresce
progressivamente verso le grandi profondità fino ad
avvicinarsi allo zero. Nel Mediterraneo ciò non accade ed anche nelle zone più profonde, che superano
i 5000 metri, la temperatura dell'acqua non scende
mai al di sotto dei 12-13 gradi.
Le acque profonde mediterranee, chiamate col-
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Le
temperature
nel
Mediterraneo
risentono
della
collocazione
geografica
dei bacini
con elevate
escursioni
tra inverno
ed estate
10
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tre omeoterma profonda, hanno condizioni di
stabilità termica perché gli unici apporti esterni provenienti dall'Atlantico, attraverso la soglia di
Gibilterra, sono acque relativamente superficiali e la
loro temperatura si aggira intorno ai 14-15 gradi,
anche nei periodi più freddi.
Diverso è invece il regime termico delle acque
più prossime alla superficie che ricevono calore dal
sole, dalla terraferma (quando dopo l'estate si raffredda più rapidamente dell'acqua) e dall'energia
cinetica di onde, maree e correnti. La massa d'acqua
a sua volta cede calore durante l'inverno quando la
terra è più fredda e dove l'insolazione elevata favorisce un'abbondante evaporazione. Le variazioni stagionali della temperatura dell'acqua sono dell'ordine
dei 10-15 gradi e risentono della collocazione
geografica.
Ad esempio nell'alto
Adriatico si raggiungono
le temperature superficiali più basse, al di sotto
dei 10 gradi, ed alla fine
dell'estate si superano i
25 gradi. Nella parte centro occidentale del bacino si oscilla tra 12 e 25,
mentre ad oriente la
temperatura varia tra 17
e 28 gradi.
Fa eccezione il Mar
Nero dove la notevole
quantità di acque dolci e
fredde versate dai fiumi
durante l'inverno porta
la temperatura in prossimità dello zero ed in
estate solo nella porzione più meridionale si
raggiungono i 23°.
La zona mediamente
più fredda ma anche più
stabile è quella occidentale, a ridosso dell'Atlantico, dove si oscilla tra i 15° dell'inverno ed i
22° dell'estate. Inoltre le acque costiere meno profonde raffreddano più in fretta, ma si riscaldano
anche più velocemente.
Questa particolare condizione termica del bacino
determina il clima, altrettanto particolare, dei paesi
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costieri, il cosiddetto clima mediterraneo, con inverni miti ed estati relativamente fresche.
Ciò è causato dalla diversa capacità termica dell'acqua e della terraferma: l'acqua acquista calore
più lentamente, ma lo cede anche più lentamente.
Accade così che la terraferma si raffredda, mentre il
mare dopo l'estate ha ancora una notevole riserva di
calore che cede progressivamente mitigando autunno ed inverno.
Al contrario quando le temperature della terraferma sono ai loro massimi il mare ha ancora la capacità di assorbire calore sottraendolo alla terraferma.
Si assiste così ad una sfasatura termica tra mare
e terra, infatti, mentre le temperature più rigide in
terra si registrano tra gennaio e febbraio, in mare si
riscontrano tra marzo ed
aprile e altrettanto avviene per i periodi più caldi
che in mare corrispon12 14 12 14 12
16 12
16,5
0
dono alla fine di agosto
20
e settembre e non a
40
60
luglio-agosto.
80
Anche la temperatura
100
120
dell'acqua condiziona la
140
distribuzione ed il comgen
feb
apr
mag
portamento degli organismi marini.
Le cosiddette specie
euriterme sopportano
ampie variazioni di temperatura e sono in grado
di
colonizzare
gli
ambienti più diversi.
Un classico esempio
è la spigola che sceglie
l'inverno per la sua stagione riproduttiva, mentre al contrario la cernia
(foto 138) trascorre l'inverno in acque profonde e durante l'estate
compie la riproduzione
in acque superficiali più
calde.
Gli organismi stenotermi sono invece meno
tolleranti delle variazioni di temperatura e vivono
in ambienti stabili: si tratta in generale di specie
profonde.
Il riscaldamento stagionale delle acque mediterranee avviene attraverso la formazione di strati di
Il grafico
mostra le
variazioni
delle
temperature
nel Mar
Ligure, la
formazione e
l’evoluzione
dei
termoclini
In basso le
temperature
medie dei
mari del
mondo
12
24 12
18 12
16
termoclino
ott
nov
dic
circolo polare artico
tropico
del cancro
equatore
tropico
del capricorno
11
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Scala dello
Calmo
Quasi calmo
Poco mosso
Mosso
Molto mosso
Agitato
Molto agitato
Grosso
Molto grosso
Tempestoso
12
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acqua più calda che si collocano sopra le acque più
fredde.
La zona di brusca transizione è chiamata termoclino e tra la primavera e l'autunno nella
colonna d'acqua possono essere presenti più termoclini corrispondenti a crescenti livelli di temperatura. La differenza di temperatura tra le masse
d'acqua separate dal termoclino può essere anche
di alcuni gradi.
Alla fine dell'autunno la temperatura delle acque
superficiali tende a stabilizzarsi su valori elevati con
la scomparsa dei termoclini. Ed altrettanto avviene
all'inizio della primavera quando la temperatura è
uniforme sui valori bassi
La stratificazione che determina i termoclini
avviene perché le acque calde sono più leggere e
meno dense di quelle fredde e, poiché anche in
mare vale la legge di gravità, le acque fredde più
pesanti e più dense scendono verso il fondo.
Scopriamo così che corpi d'acqua con densità
diverse tendono a non mescolarsi tra loro, ma a
comportarsi come se si trattasse di due liquidi differenti che si muovono autonomamente e che possono scorrere l'uno sull'altro.
La temperatura dell'acqua è il maggiore
stato del mare
elemento di condizionamento per la districodice
altezza media
buzione delle scoglieonde in metri
re coralline negli ocea0
0
ni del pianeta.
1
0 - 0,10
Esse, infatti, sono
2
0,10 - 0,50
tutte comprese all'inter3
0,50 - 1,25
no di una fascia nella
4
1,25 - 2,50
quale la temperatura
5
2,50 - 4,00
superficiale dell'acqua
6
4,00 - 6,00
non scende mai al di
7
6,00 - 9,00
sotto dei 20°C.
8
9,00 - 14,00
Le condizioni ottimali
9
oltre 14
per lo sviluppo delle
costruzioni madreporiche si hanno quando la
temperatura raggiunge
23°, fino ad un massimo
di 28°C.
Poiché negli oceani la temperatura decresce progressivamente e l'altro elemento di cui abbisognano
le scogliere coralline per la loro crescita è la luce, la
densità dei coralli decresce molto rapidamente con
il crescere della profondità.
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In perenne movimento
Il movimento è insito nella struttura stessa delle
molecole d'acqua, ma è anche la condizione costante dell'acqua di mare. Anche nelle giornate di calma
piatta, quando non tira un filo di brezza ed il mare
è liscio come uno specchio, sulla battigia o contro le
rocce della riva arrivano le onde.
I movimenti del mare possono essere saltuari,
come le onde, periodici, come le maree, e costanti,
come le grandi correnti oceaniche.
Mare vivo e mare morto
Le onde sono causate da un trasferimento di
energia cinetica tra le molecole dell'acqua e non
determinano un trasferimento di materia. L'energia
cinetica delle onde deriva essenzialmente dai venti
ed interessa gli strati superficiali della massa d'acqua, favorendo gli scambi gassosi tra acqua ed aria
ed influenzando notevolmente la penetrazione della
luce in profondità.
Le onde hanno un cavo ed una cresta che corrispondono al punto più basso ed al punto più alto
del rilievo che forma l'onda e si misurano in lunghezza ed in altezza. La lunghezza dell'onda si calcola in base alla distanza
tra due creste, mentre
l'altezza è la distanza tra
cresta e cavo.
Quando l'onda ha
cavo
un'altezza pari alla prodell’onda
fondità del bacino, la
cresta
dell’onda
parte inferiore viene frenata e quella superiore
che ha più energia cade
in avanti formando le
caratteristiche schiume
dei frangenti.
La zona dei frangenti
ha condizioni drammatiche per gli organismi
che la popolano, infatti,
essi devono essere in
grado non solo di sopportare l'impatto dell'energia dell'onda che si scarica, ma devono essere
anche abbastanza forti da non essere risucchiati dal
riflusso che segue al frangente.
Quando le onde sono di notevoli dimensioni non
è solo la zona dei frangenti a subire l'impatto della
loro energia, ma anche su fondali relativamente pro-
Schema
delle onde
e della
formazione
dei
frangenti
vento
l
frangenti
di spiaggia
a
13
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Le correnti
nel
Mediterraneo
correnti superficiali
correnti intermedie
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fondi vicino alla riva si scarica una notevole forza
sotto forma di correnti con andamento alternato,
chiamate risacca, che influiscono anche sugli organismi che vivono sulle rocce, ma soprattutto su
quelli che popolano i fondi cosiddetti mobili, cioè
sabbia, detrito e fango.
Per comprendere facilmente l'effetto delle onde
basta percorrere una spiaggia dopo una mareggiata
ed osservare quanti organismi di tutti i gruppi sono
sradicati dal loro ambiente e scaraventati sul litorale.
Le dimensioni e l'origine delle onde determinano lo stato del mare: quando le onde generano
da lontano oppure sono il residuo di venti forti in
calo si parla di mare in scaduta, o di mare lungo, o
morto. Quando invece le onde sono direttamente
generate dal vento nella zona si parla
di mare vivo. Sia il mare lungo sia il
mare vivo hanno scale per la misurazione che tengono conto della struttura e dell'altezza delle onde e vengono
indicati in base alla loro provenienza
sulla rosa dei venti. La distanza dalla
quale proviene il vento che genera le
onde viene chiamata fetch e maggiore
è il fetch maggiore è l'energia accumulata e scaricata dalle onde sulla costa.
Le onde possono essere generate
anche da fenomeni sismici sottomarini
che scaricano sulla costa enormi quantità di energia: lo tsunami giapponese
è un'onda sismica che può raggiungere dimensioni e velocità straordinarie,
distruggendo interi tratti di costa.
Il mare in discesa
correnti profonde
14
Le correnti a differenza delle onde
creano grandi spostamenti di masse d'acqua con andamenti costanti nei diversi
bacini che formano i mari e gli oceani
del mondo. Tutti conoscono la Corrente
del Golfo che nasce nel centro
dell'Atlantico settentrionale e sale verso
nord fino a lambire le coste di Inghilterra
e Scandinavia: pochi sanno che la sola
corrente del Golfo sposta cento volte più acqua di
quanta ne riversano tutti i fiumi della terraferma.
Paragonare le correnti a fiumi non è un'immagine
azzardata, anche perché in alcuni casi esse raggiungono velocità paragonabili a quelle di un fiume in piena.
Le correnti non solo rimescolano in continuazione
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le acque del pianeta, ma trasportano sali nutrienti,
uova, larve ed organismi da una parte all'altra dei
bacini, concorrendo in modo importante alla distribuzione della vita. Alle correnti sono in larga parte legati anche i percorsi dei grandi navigatori dei mari,
come i cetacei o i tonni. Le correnti che traggono origine dal regime generale e locale del vento sono chiamate correnti di deriva. Quelle generate dal flusso e
riflusso della marea sono le correnti di marea, mentre quelle che si generano per una differenza di densità e quindi di livello tra masse d'acqua contenute in
un bacino sono dette correnti di gradiente.
Può suonare strano, ma la corrente generale del
Mediterraneo è generata dal fatto che è un mare in
discesa da occidente verso oriente.
Da Gibilterra, dove nel versante atlantico il livello
del mare è 10-15 cm più alto, infatti, entrano ogni
anno quasi 40 milioni di metri cubi d'acqua che vanno
a colmare il deficit della parte orientale del
Mediterraneo dove, a causa della maggiore densità
dell'acqua dovuta essenzialmente alla più elevata evaporazione, il livello del mare si colloca addirittura
circa 30 cm al di sotto.
In realtà le correnti sono fenomeni di grande complessità che nel Mediterraneo schematicamente si
possono suddividere in
tre livelli: la circolazione
superficiale che, con un
generale andamento da
ovest verso est, percorre
la parte meridionale del
bacino e ritorna indietro
in senso antiorario a nord
con molte diramazioni nei
mari locali, come Tirreno
ed Adriatico.
C'è poi un livello
intermedio: è la cosiddetta corrente intermedia levantina che a
profondità tra i 200 ed i
600 m rifluisce da est
verso ovest e raggiunge
a nord le coste italiane e francesi, circondando la
Sardegna, prima di dirigersi verso lo sbocco di
Gibilterra dove si tuffa nell'Atlantico. Il terzo livello
sono le correnti profonde che interessano le zone
abissali del Mediterraneo con una circolazione di
acque sempre fredde, circoscritte nel mare delle
Schema
della
circolazione
delle
principali
correnti
dei mari
del mondo
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Il flusso
della marea
provoca
correnti di
notevole
intensità sui
bassofondi
costieri
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Baleari e a sud dello Ionio.
Accanto a flussi di correnti che si spostano come
fiumi a profondità costanti negli oceani esistono
anche le correnti di risalita, che gli inglesi chiamano di
upwelling: si tratta di masse d'acque fredde e ricche di
nutrienti che per complessi fenomeni legati alla struttura del fondo ed al clima risalgono in superficie.
La più nota corrente di upwelling è quella del
Perù, che sbocca ad occidente dell'America meridionale e che, carica di nutrienti, porta ad un’elevata
produzione di plancton che attrae straordinari banchi
di acciughe. Su di essa interviene il fenomeno del
Niño, con influenze a volte drammatiche, oltre che
sulle catene alimentari, sul clima dell'intero pianeta.
In Mediterraneo fu un'anomala corrente di upwelling a causare all'inizio degli anni '90 al centro del
Tirreno una straordinaria produzione di mucillagini
che investì le coste toscane e della Sardegna: in
quell'occasione la corrente levantina era fuoriuscita
dal suo normale percorso profondo, portando acque
fredde a galla e causando un improvviso stress termico per le alghe planctoniche con la conseguente
produzione delle mucillagini.
L'andirivieni delle maree
16
Le maree sono movimenti periodici del mare causati dalla forza di attrazione del Sole e della Luna che provoca innalzamenti ed abbassamenti del livello del mare.
Quando il Sole e la Luna sono in allineamento si
hanno le maree sizigiali che raggiungono le maggiori estensioni, quando invece sono disposti ad
angolo retto si verificano le maree di quadratura
che hanno minori estensioni.
Il flusso ed il riflusso della marea determinano
correnti la cui intensità è in relazione alla forma del
fondo marino, alla sua profondità ed all'ampiezza
della marea stessa.
In Mediterraneo le maree con la maggiore escursione si hanno nel Golfo di Gabes e nell'alto
Adriatico con punte di 1,5 m, ma in Atlantico o
nel Pacifico possono raggiungere un'ampiezza di 15
metri. Lungo le coste europee dell'Atlantico la conformazione del fondo fa sì che l'abbassamento della
marea scopra il fondo marino per chilometri.
Gli organismi che vivono nella zona di marea
devono essere abbastanza forti per sopportare il
risucchio della marea in calo e l'impatto dell'acqua
che ritorna, ma soprattutto devono essere in grado
di sopravvivere a periodi di emersione, alternati a
periodi di sommersione. Sono condizioni molto
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Terra
Luna
alta
marea
bassa marea
Luna
componente lunare
Terra
Sole
Le maree
derivano
principalmente
dall’attrazione
lunare
sui mari del
mondo
Le maree di
quadratura
avvengono
quando
non vi è
allineamento
tra
l’attrazione
lunare e
quella più
debole
del sole
componente solare
componente lunare
Luna
Terra
Sole
componente solare
selettive che hanno indotto gli esseri viventi a sviluppare meccanismi per conservare sufficienti quantità di liquidi nel corpo per far fronte al rischio di
disidratazione e per consentire la respirazione.
Nelle zone delle barriere coralline spesso il
regime delle correnti, che raggiungono intensità
notevole, è determinato proprio dal ciclo delle
maree: in particolare negli atolli la corrente in
entrata o in uscita dalle pass, cioè dalle aperture che mettono in comunicazione la laguna interna con il mare esterno, è direttamente dipendente
dalla marea. Anche nei fiordi nordici spesso le
maree generano correnti di notevole intensità.
Le maree
sizigiali
avvengono
quando
l’allineamento
tra luna
e sole
somma
le forze
di attrazione
dei due corpi
celesti
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La vita nel mare
Le prime forme di composti organici sulla Terra
comparvero circa 3,8 miliardi di anni fa; dovettero
trascorrere 3 miliardi di anni perché comparissero
negli oceani ancestrali i primi organismi pluricellulari, ma altri 500 milioni di anni furono sufficienti perché nei mari del pianeta fossero presenti più o meno
tutti i gruppi animali che conosciamo oggi. Buoni
ultimi, qualche decina di milioni di anni dopo, arrivarono i primi pesci ossei, così le basi della biodiversità presente oggi, vertebrati compresi, c'erano tutte.
Nei milioni di anni a seguire gruppi di piante ed
animali abbandonarono le acque per colonizzare le
terre. Cinque grandi estinzioni di massa sconvolsero
la vita del pianeta, ciascuna ben più di quanto
Cronologia della comparsa
potrebbe sconvolgerla il
degli organismi sulla Terra
più terribile disastro causato dall'uomo, come
Anni da oggi
una catastrofe nucleare.
in milioni
Eppure i mari del pia4.600
Nascita della Terra
neta sono ancora popo4.000
Primi composti organici
lati da legioni di fossili
3.500
Cianobatteri e archeobatteri
viventi, organismi cioè
1.900
Prime cellule dotate di nucleo
che hanno superato tutte
1.000
Era delle grandi alghe
le crisi e che hanno
600
Primi fossili di invertebrati
saputo adattarsi ai conti570
Primi invertebrati marini
nui cambiamenti delcon parti dure, prime spugne
l'ambiente, plasmando il
460
Primi vertebrati, i pesci agnati
loro corpo e le loro fun440
Primi progenitori degli squali
zioni in modo sempre
420
Prime piante terrestri
più raffinato. Che non
410
Primi animali terrestri
vuol dire necessariamen340
Prime piante con semi
te complesso dal punto
300
Primi rettili
di vista strutturale.
280
Primi mammiferi
Perché accanto agli
225
Comparsa dei dinosauri
squali, straordinari e per195
Primi antenati degli uccelli
fetti predatori, che hanno
65
Scomparsa dei dinosauri
alle spalle una storia di
55
Sviluppo dei mammiferi
440 milioni di anni, nei
50
Primi antenati dei cetacei
mari del pianeta vivono
5
Primi progenitori dell'uomo
piccoli organismi dal
corpo molle come i platelminti ai cui antenati
ancestrali la moderna
filogenetica assegna il ruolo di progenitori di tutti i
gruppi animali oggi esistenti, con l'esclusione di spugne e coralli, ma uomo compreso.
Abbiamo digerito a stento l'idea di essere i
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discendenti di una popolazione di un gruppo di primati, sviluppata da Darwin con la teoria dell'evoluzione delle specie per selezione naturale; ancora più
indigesto è pensare che il nostro progenitore più
antico è un piccolo verme piatto.
Eppure dobbiamo prendere atto che la vita sulla
terra è complessità e diversità, che ogni organismo
ha un suo spazio, che non ha uno scopo se non
quello di tramandare il proprio patrimonio genetico,
che tutti gli organismi servono alla vita del pianeta e
che, come dice Rita Levi Montalcini, "l'uomo non è
il prediletto degli dei, come si riteneva prima di
Darwin, ma è responsabile verso se stesso e per se
stesso". In questa responsabilità c'è il privilegio ma
anche il dovere della conoscenza e della conservazione del mondo che ci circonda, che non ci
appartiene, ma al quale apparteniamo, come condizione prima per il nostro benessere.
Il problema della conoscenza della vita nel mare
si scontra con difficoltà fisiche e tecnologiche, ma
anche con un'impostazione culturale per la quale si
conosce ciò che ci serve in qualche modo. E così
dell'ambiente marino si sa poco al punto che innumerevoli organismi, comunissimi anche dove si fa il
bagno d'estate, non hanno nemmeno un nome
comune e le piante vengono scambiate per animali
e gli animali per piante.
Un piccolo
platelminta:
ad un
gruppo
ancestrale
di questi
vermi piatti
è assegnato
il ruolo di
progenitori
di quasi
tutte le specie animali
che oggi
popolano il
pianeta
Un gioco di scatole cinesi:
la classificazione
Per i ricercatori c'è e c'è sempre stato il problema
di catalogare gli organismi per poterli facilmente
descrivere con un nome e per distinguere gli uni dagli
altri. È nata così nella seconda metà del Settecento la
scienza della tassonomia, cioè la scienza della classificazione sistematica degli organismi viventi.
Si chiama classificazione binomia perché si basa
sull'unità fondamentale, la specie che viene contraddistinta con due nomi latini. La specie è l'insieme degli
individui capaci di incrociarsi tra di loro, dando
origine a prole simile ai genitori e, a sua volta,
feconda: è una definizione che risale all’inizio del
Novecento e che perfeziona quella di Linneo del 1753,
ma ancora oggi accettata perché in buona sostanza
regge anche alle più avanzate ricerche sulla genetica.
La classificazione è un sistema che, con una continua evoluzione e non senza problemi, arriva alla
singola specie dopo aver incasellato, classificato
appunto, tutti gli organismi viventi come in un grande schedario. Il mobile intero dello schedario con-
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Lo schema
della
classificazione
dei viventi
rappresentato
come uno
schedario
i viventi
(schedario)
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tiene tutte le forma di vita conosciute. Ha cinque
grandi cassetti che contengono i regni: monere, protisti, vegetali, funghi e animali.
Ciascun cassetto contiene dei raccoglitori grandi:
sono i phyla o tipi. Ciascun raccoglitore contiene
alcune cartelle: sono le classi e così via attraverso
ordini, famiglie, generi e specie. Mentre tutti i contenitori possono contenere più oggetti, l'ultimo,
quello della specie ne contiene solo uno.
Così, per fare un comodo esempio, il comunissimo polpo (foto 110) diventa Octopus vulgaris, attraverso l'apertura, uno dopo l’altro, di questi contenitori dello schedario :
Regno: animale;
Tipo: molluschi;
Classe: cefalopodi;
Ordine: ottopodi;
classi
Famiglia: ottopodidi;
(cartelle)
Genere: Octopus;
Specie: Octopus vulgaris.
Le specie descritte sul
pianeta sono ormai più
phyla o tipi
di 1.800.000, ma si cal(raccoglitori)
cola che il numero di
quelle viventi può
essere ipotizzato tra 30
ed 80 milioni. A dimostrazione che quello che
conosciamo è poca cosa
rispetto a ciò che esiste e
questa affermazione è
ben valida per gli organiregno
(cassetto)
smi che popolano i mari
del pianeta.
Monere, protisti e funghi che vivono in mare
sono organismi troppo
piccoli per essere visti ad
occhio nudo con rarissime eccezioni: questi tre
regni raggruppano più
di 130.000 specie.
Più di 275.000 specie
compongono il regno
dei vegetali e molte di esse sono marine.
Il regno degli animali raggruppa circa 1.400.000
specie di cui quasi 1.100.000 sono insetti e simili che
non vivono in ambiente marino, mentre una larga
parte dei rimanenti 300.000 è costituita da organismi
esclusivamente marini.
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Il regno vegetale: alghe e fanerogame
Le alghe sono vegetali accomunati da una caratteristica fondamentale: il loro corpo è formato da una struttura chiamata tallo, un insieme di cellule non distinto in
organi differenziati. Le alghe come tutti i vegetali sono
organismi produttori, cioè attraverso il processo della
fotosintesi, utilizzando l'energia solare, acqua ed anidride carbonica, producono materia organica e scartano
ossigeno. È evidente che perciò la luce è il più importante fattore di condizionamento alla distribuzione delle
alghe. Secondo il tipo di clorofilla che utilizzano, esse
si distinguono in alghe fotofile o sciafile. Sono fotofile
(dal greco photos e philein = che ama la luce) le alghe
che utilizzano per la fotosintesi le lunghezze d'onda più
lunghe, cioè quelle che per prime vengono assorbite
dall'acqua, e pertanto
vivono in prossimità della
superficie in zone ben
illuminate.
Sono sciafile (dal
greco skia e philein =
che ama l'ombra) le
alghe che utilizzano le
lunghezze d'onda più
brevi, quelle che raggiungono le maggiori
profondità, e pertanto
esse vivono in zone
poco illuminate e fino a
profondità notevoli, ma
non oltre i 200 metri.
La distribuzione delle
alghe invece è indifferente alla natura chimica
del substrato: essendo
esse prive di radici non
traggono alcun nutrimento dal fondo. Ma la
consistenza del fondo
è invece determinante: le alghe tendono
a crescere su substrati
duri dove possono aderire saldamente, mentre
sui fondi mobili, di sabbia o fango, la continua trasformazione indotta dai movimenti del mare rende
difficile l'insediamento delle alghe.
In questo senso anche l'idrodinamismo, cioè l'intensità dei movimenti del mare è un'importante fattore di condizionamento. Sia perché dove l'idrodi-
Un’alga
verde
fotofila
del genere
Codium
Un’alga
rossa
sciafila
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Una
rigogliosa
prateria di
cistoseire,
alghe brune
molto
comuni in
Mediterraneo
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namismo è elevato le alghe per crescere abbisognano di strutture forti ed adattate ad un ambiente ostile, sia perché in condizioni di scarso idrodinamismo
anche i fondi mobili sono colonizzati da alcune specie di alghe.
Un ultimo fattore che determina la distribuzione
delle alghe è la capacità di resistere a periodiche
esposizioni all'aria. Avviene nella zona di marea
dove solo alghe capaci di trattenere umidità nei loro
talli sono in grado di attecchire e di svilupparsi. In
questi ambienti estremi il rischio di disseccamento si
unisce al rischio di sradicamento per l'idrodinamismo sempre elevato e perciò le alghe che colonizzano questi ambienti hanno talli robusti e spesso
dall'aspetto carnoso.
Le alghe che si osservano più comunemente
appartengono a tre gruppi: alghe verdi, brune e rosse. In realtà la loro colorazione non corrisponde
sempre al nome, ma in linea di massima è un buon
indicatore.
Le alghe verdi sono in genere alghe fotofile che
devono la loro colorazione alla presenza della clorofilla. Se ne conoscono oltre 7000 specie nei mari
del mondo, nel Mediterraneo ne sono state descritte circa 130. Hanno
forme molto differenziate, alcune sembrano
molto simili alle piante
terrestri. Non è un caso,
perché dalla modificazione di gruppi di alghe
verdi hanno tratto origine le prime piante che
hanno colonizzato la terraferma, intorno a 500
milioni di anni fa. Non
tutte le alghe verdi sono
fotofile, anzi alcune
sono tipiche di zone
poco illuminate o addirittura semioscure. Una
delle alghe mediterranee
più comuni è l'ombrellino di mare (foto 2), che
vive in zone con scarso idrodinamismo ed elevata
sedimentazione: la sua particolarità è nell'essere formata da una sola grande cellula, nonostante la
forma complessa.
Le alghe brune (1500 specie conosciute nel
mondo) sono generalmente fotofile e colonizzano le
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zone bene illuminate vicino alla superficie. Spesso
formano sulle rocce una copertura molto fitta e
molte di esse sono ben adattate ad ambienti con elevato idrodinamismo, come i sargassi o le cistoseire:
queste ultime in particolare sono abbondanti nella
fascia di marea e si distinguono per i talli molto
ramificati e resistenti. Tra le alghe brune è compreso il kelp, una laminaria (Macrocystis pyrifera) che
lungo le coste della California forma vere foreste
sottomarine tra i 20 metri di profondità e la superficie. Le fronde del kelp possono raggiungere 100
metri di lunghezza: sono alghe del gruppo delle
laminarie diffuso soprattutto nell'Atlantico, ma che
ha anche alcune specie in Mediterraneo, soprattutto
nel versante occidentale.
Le alghe rosse sono generalmente sciafile e
molte hanno un elevato contenuto di calcio al punto
che la loro struttura è rigida come il calcare e la
parte vivente è solo un sottile strato superficiale.
Hanno forme molto varie, ma in linea di massima
prevalgono le forme laminari e quelle con molte
ramificazioni. Utilizzano per la fotosintesi le radiazioni luminose più brevi fino alla banda del blu e
pertanto riescono a crescere anche in ambienti profondi fino a 200 m di
profondità. Sono una
componente fondamentale di uno degli ambienti più belli del Mediterraneo, il coralligeno. Nel
mondo le alghe rosse
conosciute sono più di
4000 specie.
Se dalle alghe verdi
hanno tratto origine le
piante terrestri, vi sono
piante che hanno fatto il
percorso a ritroso e sono
ritornate
all'ambiente
marino. In tutto il
mondo formano un piccolo contingente di una
sessantina di specie e
solo 5 hanno colonizzato
il Mediterraneo. Sono le fanerogame, cioè piante
che hanno gli organi della riproduzione visibili: esse
perciò hanno radici, che servono a aderire al fondo
e a raccogliere sali nutrienti, fusto con funzione di
sostegno e di trasporto delle sostanze vitali, foglie
dove si effettua la fotosintesi e fiori e frutti per la
Infiorescenza
di Posidonia
oceanica, la
fanerogama
più diffusa in
Mediterraneo
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riproduzione. Sono dunque piante che hanno in
tutto e per tutto le stesse strutture di un mandorlo o
di un pesco, ma adattate ad un ambiente profondamente diverso come quello marino.
Le cinque specie mediterranee sono facilmente
distinguibili. L'alofila (Halophila stipulacea foto 182)
è una specie del Mar Rosso che è entrata nel
Mediterraneo dal Canale di Suez ed ha caratteristiche
foglie lanceolate. Le due specie di zostera (Z. noltii e
marina) hanno l'aspetto di fili d'erba di colore scuro.
Le foglie della cimodocea (Cymodocea nodosa, foto
20), sempre simili a fili d'erba, sono più lunghe e più
larghe ed hanno una colorazione verde chiaro: è una
specie tipica di fondi mobili con poco idrodinamismo, conosciuta anche dai pescatori con vari nomi.
Ma in assoluto la più diffusa, la più
conosciuta e la più importante è la
posidonia (Posidonia oceanica, foto
19). Essa forma praterie di grande
Classificazione semplificata dei protisti
estensione che, non solo accolgono
una straordinaria quantità di forme di
vita, ma hanno anche una importante
Protisti autotrofi: soprattutto alghe unicellulari
funzione di blocco dei sedimenti e di
protezione dei litorali sabbiosi.
Crisofite: diatomee con guscio siliceo
Il genere Posidonia è distribuito in
Dinoflagellati: marini, con due flagelli
Mediterraneo e nei mari australiani.
Euglenidi: vivono in acque dolci
Il regno dei protisti:
un piccolo gigante
Il regno dei protisti raggruppa organismi unicellulari, alcuni con una struttura della cellula molto complessa, ma
niferi, eliozoi e radiolari, dotati di pseudi dimensioni così piccole che per
dopodi per il movimento
osservarli serve il microscopio.
Flagellati: forme a vita libera, parassiti
In Mediterraneo vive però un appare simbionti, dotati di flagelli
tenente a questo regno che nel suo
Sporozoi: parassiti
piccolo, è un vero gigante, infatti, il
Ciliati: si muovono con l’uso di ciglia,
suo guscio esterno calcareo arriva a
misurare 4-5 millimetri ed eccezionalprevalentemente liberi e solitari
mente fino ad un centimetro. Una serie
di protuberanze gli da l'aspetto di una
minuscola concrezione corallina.
È la miniacina (Miniacina miniacea, foto 21), un foraminifero coloniale che vive attaccato ai rizomi della posidonia, oppure alle pietre nel fondo delle grotte. I nicchi calcarei
sono di colore rosa e causano l'arrossamento delle
spiagge, come sulla famosa spiaggia rosa di Budelli
nell'Arcipelago di La Maddalena, in Sardegna, dove
si accumulano depositati dalla risacca.
Protisti eterotrofi: noti come protozoi
Protozoi ameboidi: amebe, forami-
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Il regno animale
artropodi
cordati
emicordati
echinodermi
anellidi
brachiopodi
briozoi
nemertini
molluschi
cnidari
platelminti
spugne
nematodi
metazoi
ancestrali
protozoi
gastrotrichi
rotiferi
Semplice efficienza: le spugne
Le spugne sono gli animali pluricellulari più semplici. Non hanno veri tessuti, non hanno organi, non
hanno capacità di movimento e quasi tutte sono sessili, vivono cioè attaccate ad un substrato.
Si è dovuti giungere fino alla metà del Settecento
perché ci si rendesse conto che non erano vegetali,
ma che appartenevano a pieno diritto al regno animale. Delle piante infatti non hanno la caratteristica
fondamentale, cioè quella di compiere la fotosintesi
e di costruire materia organica. Le spugne si cibano
di materiale organico che attirano all'interno del
corpo tramite un flusso d'acqua che penetra attraverso piccoli fori, chiamati pori inalanti, e che fuoriesce da fori più ampi, detti osculi. Il moto dell'acqua è causato dal movimento di cellule flagellate
collocate sulle pareti delle camere interne del corpo
della spugna. Il materiale organico attirato all'interno viene inglobato dalle cellule delle pareti.
Le spugne hanno forme e dimensioni molto
diverse: alcune sono incrostanti e colonizzano ampi
tratti di fondo, altre hanno portamento eretto, altre
sono molto ramificate, altre sono globose, altre
Una delle
teorie più
accreditate
sull’evoluzione del
regno
animale
ritiene che
da un
gruppo di
platelminti
ancestrali
si siano
evoluti tutti
i phyla
viventi,
escluse
spugne,
cnidari e
ctenofori
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Le tre
tipologie
di struttura
interna
delle spugne
tipo ascon
tipo sycon
Una spugna
con al centro
l’osculo
circondato
dai pori
inalanti
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ancora hanno forma a botte. Le spugne di maggiori
dimensioni raggiungono diametri ed altezze di circa
2 metri. Il corpo è sostenuto da spicole di diversa
natura che gli danno consistenza: la natura delle spicole è importante nella classificazione.
Le spugne silicee hanno spicole di silice, le calciosponge le hanno di calcare, mentre le demosponge, alle quali appartengono le vecchie
spugne da bagno, sono
di spongina, una fibra
pieghevole, che da loro
tipo leucon
notevole elasticità. Le
spugne si distinguono
anche per la struttura
interna del corpo che,
nelle più semplici è composto da una camera
centrale tappezzata di
cellule flagellate (ascon),
mentre in quelle più
complesse (sycon e leucon) la camera interna è
multipla, per la ripiegatura delle pareti del
corpo di crescente complessità.
La riproduzione delle
spugne avviene sia per
gemmazione sia per via
sessuale. La gemmazione consiste nella liberazione di frammenti del
corpo o di aggregati di
cellule dalle quali poi
sviluppa un nuovo individuo. La riproduzione
sessuale avviene attraverso il rilascio nell'acqua dei gameti maschili
che, aspirati nel corpo di
un'altra spugna, vanno a
fecondare cellule uovo,
con lo sviluppo di larve
che poi vengono rilasciate dagli osculi.
Spesso all'interno delle spugne vivono come
commensali granchi e gamberi.
Nel mondo si conoscono più di 5000 specie di
spugne, quasi tutte marine, mentre nel Mediterraneo
le specie conosciute sono circa 600.
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Le ortiche del mare: i cnidari
I cnidari derivano il loro nome dall'avere tutti cellule urticanti, generalmente collocate all'estremità di
tentacoli o di protuberanze del corpo. Il paragone
con le ortiche viene da questa loro caratteristica,
contenuta anche nel nome che deriva da knide, in
greco antico ortica. Ma con le ortiche hanno anche
in comune il fatto che molti componenti del tipo
assomigliano più a piante che ad animali, per avere
corpi ramificati, arborescenti e saldamente attaccati
al fondo.
Tutti i cnidari hanno il corpo con al centro una
cavità che comunica con l'esterno attraverso una
bocca circondata da tentacoli: questo schema strutturale si sviluppa in due forme fondamentali, il
polipo e la medusa. Il polipo è formato da una
colonna attaccata con la base al fondo, all'estremità
della quale sono collocati i tentacoli e al centro la
bocca. La medusa conduce invece vita libera ed ha
il corpo a forma di ombrella con la bocca ed i tentacoli rivolti verso il basso.
Il tipo dei cnidari comprende circa 10.000 specie
conosciute, quasi tutte marine, e di queste circa
450 sono descritte per il Mediterraneo. I cnidari si
suddividono in tre classi: idrozoi, scifozoi ed
antozoi.
A sinistra
medusa,
Pelagia
noctiluca,
a destra
polipi di
Gerardia
savaglia
Gli idrozoi
Gli idrozoi possono
avere sia la forma medusoide, sia quella polipoide ed alcuni le hanno
entrambe in diversi stadi
della vita.
Gli idrozoi marini di
forma polipoide sono
sempre coloniali ed
hanno l'aspetto di esili
ramoscelli con numerose
sottili ramificazioni all'estremità delle quali crescono i singoli polipi.
Lo scheletro che
sostiene la colonia è chitinoso ed i polipi possono
svolgere diverse funzioni. Alcuni muniti di tentacoli
hanno funzione di raccolta del cibo, altri svolgono
un ruolo difensivo, altri, privi di tentacoli, hanno
funzioni riproduttive.
Vivono sempre in ambienti con buon idrodina-
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mismo, più favorevoli per la raccolta del cibo che
avviene catturando con i tentacoli le particelle organiche e i minuscoli organismi portati dalle correnti.
Nelle acque tropicali sono molto diffusi idrozoi
dell'ordine degli idrocoralli capaci di secernere
scheletri voluminosi e robusti di carbonato di calcio:
hanno un gran numero di polipi difensivi e sono
molto urticanti e da ciò derivano il loro nome comune di coralli di fuoco (Millepora sp. foto 195).
Gli idrozoi di forma medusoide, detti idromeduse o sifonofori, conducono invece vita libera, trasportati dalle correnti. Alcune idromeduse sono
coloniali ed hanno strutture complesse come la
velenosissima caravella portoghese (Physalia physalis), abbastanza comune nelle acque tropicali e fortunatamente poco diffusa nel
Mediterraneo, o come la velella
(Velella velella, foto 33): entrambe
Classificazione semplificata
hanno una medusa modificata che
degli antozoi
serve da galleggiante alla quale sono
aggregati molti altri polipi con funzioOttocoralli
ni diverse.
Polipi con otto tentacoli pinnati
Gli scifozoi
Gorgonacei - corallo rosso
e gorgonie
Alcionacei - alcionari
Pennatulacei - pennatule
Sono le meduse propriamente dette
e che si incontrano normalmente,
facilmente distinguibili soprattutto per
le dimensioni, che in genere sono
notevoli. Le meduse vivono in acque
Esacoralli
libere, trasportate dalle correnti, anche
Polipi con 6 tentacoli o multipli
se con il movimento dei margini dell'ombrella sono in grado di compiere
Antipatari - corallo nero tropicale
spostamenti: spesso vengono trasporAttiniari - anemoni
tate in elevate concentrazioni al punto
Zoantidei - margherite di mare
da rendere interi tratti di mare impratie corallo nero mediterraneo
cabili alla balneazione.
Madreporari - coralli delle barriere
Alcune, come la Pelagia noctiluca
coralline
(foto 35), sono fortemente urticanti e la
Coralliomorfari - anemoni gioiello
parte più pericolosa sono i sottili tentaCeriantari - cerianti
coli che si dipartono dal bordo dell'ombrella. Spesso tra i tentacoli delle
meduse più grandi si rifugiano piccoli
sugarelli o addirittura granchi, che
ottengono protezione dai predatori.
Pur essendo simili alle altre meduse, fanno eccezione le specie del genere Cassiopea, ad esempio
nel Mar dei Caraibi Cassiopea xamachana (foto
492), che vivono come un polipo, con l'ombrella
appoggiata sul fondo dei canali delle mangrovie ed
i tentacoli rivolti verso la superficie del mare.
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Animali come fiori, gli antozoi
Il nome di questa classe di cnidari deriva dal greco
anthos = fiore e zoon = animale ed infatti sono animali che facilmente vengono scambiati per piante.
Hanno solo la forma a polipo e vivono con la base
della colonna attaccata al fondo. Alcuni sono singoli
polipi di grandi dimensioni, altri sono coloniali e
numerosi polipi crescono all'interno di un tessuto
connettivo, il cenenchima, che circonda lo scheletro
che può essere di natura calcarea o cornea.
Gli antozoi si suddividono a loro volta in due sottoclassi: gli ottocoralli, tutti con polipi che portano
solo 8 tentacoli pinnati, e gli esacoralli con tentacoli in numero di sei o multipli.
Appartengono agli ottocoralli le gorgonie, il
corallo, gli alcionari e le pennatule.
Gorgonie e corallo rosso sono animali
coloniali sostenuti i primi da uno scheletro corneo di consistenza legnosa, il
secondo di carbonato di calcio.
Alcionari e pennatule sono privi di
scheletro e la possibilità di mantenere
eretto il corpo della colonia è data
dalla capacità di riempire la cavità
interna d'acqua, gonfiandola.
Gli esacoralli sono più diversificati:
vi sono polipi solitari come le attinie o
anemoni di mare, i cerianti ed alcune
madrepore, mentre altri come gli antipatari, gli zoantidei ed i coralliomorfari sono coloniali. Le madrepore
hanno la particolarità di costruire
scheletri calcarei molto robusti, che
nelle forme coloniali possono raggiungere dimensioni notevoli.
Nel Mediterraneo le madrepore,
chiamate comunemente coralli, non
hanno una grande espansione; invece
nei mari tropicali il loro enorme sviluppo ha consentito la formazione
delle barriere coralline, grazie alla
superiore temperatura dell'acqua ed
alla simbiosi con microscopiche
alghe monocellulari, le zooxantelle.
Ottocoralli ed esacoralli si riproducono sia per via
sessuale, ma anche per gemmazione o per stoloni.
Sono molto diffuse le forme di simbiosi tra cnidari e altri organismi: oltre a quella con le zooxantelle delle madrepore tropicali, gamberi pulitori,
paguri e pesci convivono con le attinie.
In alto:
Polipi di
ottocorallo
In basso:
Polipi di
esacorallo
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Fatti d'acqua, gli ctenofori
Gli ctenofori sono animali dal corpo trasparente,
composto da un'altissima percentuale d'acqua, a
forma sferica, cilindrica o a nastro (foto 59).
Il loro nome deriva dal greco kteis = pettine e
forein = portare, cioè portatori di pettini, infatti sul
corpo hanno otto strutture lineari ricoperte di ciglia,
chiamate cteni.
Sono animali che vivono in acque
aperte e che si cibano di altri animali
planctonici. Una caratteristica tipica
degli ctenofori è la luminescenza del
corpo che si concentra lungo gli cteni.
Nel mondo sono conosciute circa
100 specie di ctenofori, delle quali 20
sono descritte per il Mediterraneo.
Diversi, ma comunque vermi
Ctenoforo
con evidenti
le costolature
lungo il
corpo,
gli cteni
30
Ben 14 phyla di animali vengono
raggruppati sotto il nome generico di
vermi: di tutta questa pletora di organismi, che raggruppa più di 59.000
specie conosciute, solo alcuni hanno
l'aspetto che ci si attende da un verme,
moltissimi sono così piccoli che il loro
habitat è costituito dagli interstizi tra i
granelli di sabbia, molti ancora sono
parassiti di altri organismi. In realtà quelli visibili
senza scavare nel fondo e senza l'uso del microscopio sono una piccola minoranza.
Antenati a sorpresa: i platelminti
Platelminti significa vermi piatti e come abbiamo
già visto hanno popolato i mari del pianeta fin dalle
prime faune fossili conosciute. Si conoscono circa
25.000 specie diverse di platelminti, arrivate fino ad
oggi dopo aver attraversato 600 milioni di anni
senza grandi cambiamenti strutturali e da loro sembra essersi sviluppata l'evoluzione di tutti gli altri
animali. E una ragione sembra essere evidente,
infatti sono dotati di una straordinaria capacità di
rigenerazione.
Se si taglia a pezzetti un platelminta, da ogni frammento si rigenera un individuo completo con tutti gli
organi, per quanto semplici e con tutte le funzioni.
La classe che si incontra più facilmente nei mari del
mondo è quella dei turbellari, così chiamati perché
il loro movimento è assicurato dalla turbinosa agitazione delle ciglia, situate nella parte inferiore del
corpo, che permette loro di scivolare sul substrato.
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Se ne conoscono oltre 3000 specie e sono animali
predatori dal corpo di forma ovale, appiattito e la
bocca si trova al centro del lato inferiore. Alcuni
sono lunghi pochi millimetri, ma molti possono raggiungere i 5 cm.
Hanno spesso colorazioni molto vivaci che portano a confonderli con i nudibranchi, dai quali si
distinguono facilmente per la mancanza di un piede
muscoloso nella parte inferiore del corpo.
Questioni di sesso: gli echiuridi
Gli echiuridi sono un piccolo tipo di animali vermiformi che raggruppa circa 150 specie nel mondo, delle
quali solo 6 sono descritte per il Mediterraneo. Eppure
su un rappresentante di questo piccolo gruppo non c'è
testo di biologia che non abbia almeno un paragrafo.
È un organismo molto comune in Mediterraneo, si
chiama bonellia (Bonellia viridis, foto 61), ha il corpo
a forma di fagiolo color verde scuro ed una lunga proboscide biforcuta, la parte più comunemente visibile.
In realtà quello che si incontra sott'acqua e che
risponde a questa descrizione è solo la femmina, perché il maschio di questa specie è microscopico ed in
più vive da parassita nell'apparato riproduttore della
femmina che è lunga 2 o 3 centimetri, ma la proboscide può
superare il metro di lunghezza.
È un esempio molto eloquente di dimorfismo sessuale, cioè di quella condizione
per la quale organismi della
stessa specie, ma di sesso diverso, hanno una diversa morfologia esterna oltre che interna.
Ma non finisce qui perché
quando il maschio ha fatto il suo
dovere e dall'uovo fecondato
escono le larve, esse non hanno
sesso definito e trasportate dalle
correnti vagano per poi depositarsi sul fondo. Se cadono nei
pressi di una femmina di bonellia, sviluppano il sesso maschile
indotte da ormoni rilasciati dalla
femmina e attraverso il movimento consentito da piccolissime ciglia che ricoprono il corpo, percorrono la
proboscide e si insediano nell'utero della femmina. Se
invece si depositano in un'area non occupata, sviluppano la sessualità femminile in attesa che arrivi un
maschietto per tramandare i propri geni.
Esempio di
dimorfismo
sessuale nei
granchi:
a sinistra
il maschio
a destra
la femmina
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Veri vermi: gli anellidi
Policheti
sedentari
e
nel riquadro
polichete
errante
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Agli anellidi appartengono i vermi più conosciuti
come i lombrichi o le sanguisughe. Delle oltre 19000
specie descritte circa 5300 formano la classe dei
policheti, i vermi marini che si incontrano più
comunemente: hanno dimensioni tra 3 mm e 3 metri
di lunghezza, ma la maggior parte delle specie sono
lunghe 5-10 cm.
Come tutti gli anellidi, i policheti hanno il corpo
formato da tanti segmenti tutti eguali eccetto il
primo, dove ha sede una specie di capo con occhi
e tentacoli sensori, e l'ultimo, chiamato pigidio,
dove è collocato l'ano.
I policheti, nella maggior parte legati al fondo
dalle loro abitudini di vita, possono essere suddivisi
in due grandi gruppi:
policheti erranti e
sedentari. I primi conducono vita libera, sono
attivi predatori e popolano sia i fondali sia le
acque libere, i secondi
vivono in genere infossati o all'interno di tubi
che essi stessi costruiscono e sono sessili.
I policheti erranti
hanno abitudini di vita
che li celano alla vista,
con l'esclusione di poche
specie, come il vermocane (Hermodice carunculata foto 505) comune in
tutti i mari tropicali ed
anche nel Mediterraneo
meridionale: vivono sotto le pietre o negli anfratti tra i coralli e sono
spesso notturni.
I sedentari sono in
genere molto più visibili
ed hanno un aspetto che
a tutto fa pensare fuorché ai vermi: sono i
cosiddetti spirografi dei quali la parte visibile è il
ciuffo branchiale che assolve non solo la funzione
respiratoria, ma serve anche per la raccolta del cibo.
Oltre agli spirografi vi sono altri anellidi sedentari
che hanno tentacoli per la raccolta del cibo, che
possono ritrarre portando alla bocca il raccolto.
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Architetti, arlecchini e trasformisti:
i molluschi
I molluschi con oltre 130.000 specie descritte
sono il gruppo di organismi più numeroso dopo gli
insetti e le angiosperme: nel Mediterraneo si conoscono circa 1400 specie.
Il loro nome deriva dall'avere un corpo molle, ma
quasi per contrapposizione molti di essi, attraverso
un organo chiamato mantello, producono un guscio
calcareo, la conchiglia, che può essere composta da
uno, due o otto pezzi.
Quasi tutti hanno un capo anteriore ben sviluppato ed un piede muscoloso che nella maggior parte
serve per la locomozione, ma che in alcuni è trasformato in organo per scavare o in tentacoli.
Le straordinarie geometrie delle
conchiglie di gasteropodi, bivalvi, chitoni e scafopodi, i colori sfavillanti dei
nudibranchi, le straordinarie capacità
Classificazione semplificata
dei molluschi
di mimetismo dei cefalopodi fanno di
questo tipo di animali uno dei gruppi
più conosciuti ed apprezzati.
Poliplacofori: chitoni
Monoplacofori: poche specie abissali
I chitoni
Gasteropodi: conchiglie e lumache
Hanno il corpo di forma ellissoidaLamellibranchi: bivalvi
le e costruiscono una conchiglia costiScafopodi: dentalium
tuita da una serie di otto larghe piastre
Cefalopodi: polpi, seppie, nautili
articolate tra loro e circondata da un
e calamari
tessuto carnoso chiamato perinoto
(foto 83).
Il piede è grande ed appiattito e
serve per il movimento, ma anche per
aderire saldamente al substrato.
Respirano mediante branchie collocate
ai lati del piede e si cibano di alghe
che grattano dalle rocce.
Le circa 550 specie conosciute vivono in acque costiere poco profonde
generalmente sotto le pietre ma in
acque tropicali sono comuni anche
nella fascia di marea. Sono animali le
cui dimensioni variano tra 3 mm e 40
cm.
Gli scafopodi
Sono molluschi che vivono su fondi sabbiosi o
fangosi, infossati all'interno di una conchiglia in un
unico pezzo a forma di zanna d'elefante forata alle
due estremità.
L'animale vive all'interno con la parte anteriore,
Uno
scafopode
del genere
Dentalium
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dove ha capo e bocca e dalla quale fuoriesce anche
il piede specializzato per scavare, rivolta verso il
basso nella porzione più larga della conchiglia, l'altra estremità più sottile è rivolta verso l'alto e da essa
vengono espulsi i materiali di scarto.
Le circa 350 specie conosciute hanno dimensioni
variabili tra due mm e 15 cm e si cibano setacciando il detrito in cui vivono.
I gasteropodi
Formano questa classe di molluschi circa 77.000
specie, tra le quali spiccano quelle che costruiscono
le classiche conchiglie, nella maggior parte spiralate.
I gasteropodi vengono suddivisi in due sottoclassi. Quelli appartenenti alla prima, i prosobranchi,
hanno tutti in comune una caratteristica evolutiva particolare: il loro corpo
subisce una torsione di 180° per cui
essi si ritrovano con la testa e l'ano
Classificazione
rivolti nella medesima direzione. Per
dei gasteropodi
evitare che i rifiuti degli apparati secretore e digerente inquinino l'ambiente,
Prosobranchi
dove ci sono bocca e organi di senso,
Molluschi con conchiglia
essi hanno sviluppato diversi adattaa spirale o conica
menti, il più appariscente dei quali è
un lungo sifone. Essi respirano tramite
Opistobranchi
branchie, chiamate ctenidi, dalla forma
Molluschi con conchiglia
di una piuma.
ridotta o assente
Gli appartenenti all'altra sottoclasse
Aplisiomorfi - aplisie
sono i polmonati, cioè le lumache e
Pleurobrancomorfi - tilodina
le limacce terresti, e gli opistobranSaccoglossi - lumachine di mare
chi un piccolo gruppo di circa 1000
Nudibranchi - flabelline
specie di gasteropodi marini che
e vacchetta di mare
hanno ridotto la conchiglia, eliminandola in molti casi, come nei nudibranPolmonati
chi, ed anche la respirazione avviene
Molluschi terrestri
solo in alcuni tramite ctenidi, in molti
privi di branchie
invece attraverso branchie secondarie
e dotati di polmoni
oppure per via epidermica.
I gasteropodi vivono negli ambienti
più disparati ed hanno una vasta
gamma di abitudini alimentari: alcuni,
come le patelle, sono erbivori, altri sono
necrofagi, come i murici, altri ancora
sono carnivori ed hanno un elevato grado di specializzazione, come molti nudibranchi che si alimentano
di un unico tipo di preda, altri ancora si cibano di
materiale in sospensione che raccolgono con reti di
muco, che ritirano periodicamente.
Prosobranchi ed opistobranchi sono dotati di
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radula, cioè di una specie di lingua armata di denti,
che serve a seconda delle specie, a grattare, oppure
a forare gusci di altri molluschi.
Le conchiglie di gasteropodi più grandi raggiungono la lunghezza di 60 cm, ma moltissime specie
hanno dimensioni di pochi millimetri ed anche
meno.
I bivalvi
Circa 20.000 specie di molluschi formano la classe dei bivalvi che, come dice il nome, hanno il
corpo racchiuso all'interno di una conchiglia in due
pezzi, chiamati valve. La conchiglia è dotata di cerniera e collegata con legamenti a muscoli robusti
che consentono l'apertura e la chiusura delle valve.
Hanno capo molto ridotto, sono
privi di radula ed il piede è trasformato in uno strumento per scavare.
La respirazione e la raccolta del
cibo per filtrazione avvengono attraverso due sifoni formati da una modificazione del mantello.
Gli organi di senso sono ridotti
anche se alcune specie hanno tentacoli che fuoriescono dalla conchiglia ed
occhi, semplici gruppi di cellule che
percepiscono le variazioni di luminosità, come le tridacne o i pettini.
Molti bivalvi vivono infossati nei
sedimenti molli, altri hanno una delle
due valve fissa al substrato, come le
ostriche, altri ancora si fissano tramite
filamenti chiamati bisso, come le
cozze o le nacchere.
I bivalvi che raggiungono le maggiori dimensioni sono le tridacne, che
vivono in ambienti tropicali: possono
pesare fino a 250 kg e misurare oltre
130 cm di lunghezza (foto 295).
Radula
di un
gasteropode
pelagico,
Carinaria
mediterranea
I cefalopodi
Sono i molluschi più specializzati
dal punto di vista anatomico ed i più
evoluti come comportamenti tra tutti
gli invertebrati. Ne fanno parte polpi, seppie e calamari con oltre 750 specie conosciute: alcuni calamari possono superare i venti metri di lunghezza e
sono pertanto i più grandi invertebrati conosciuti e
tra i più grandi animali del pianeta.
Solo gli appartenenti al genere Nautilus
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Nicchio
ovarico
di
argonauta,
Argonauta
argo
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dell'Indopacifico sono dotati di una conchiglia a spirale: negli altri essa è regredita come nel caso della
seppia o dei calamari. L'osso di seppia è ciò che
resta della conchiglia ed è all'interno del corpo con
funzioni idrostatiche, infatti, è formato da camere
che possono essere riempite o svuotate. Nei calamari la conchiglia è una sottile lamina cornea trasparente contenuta nel corpo, chiamata gladio, che
ha funzione di sostegno per la muscolatura. Nei
polpi la conchiglia è completamente scomparsa.
Un altro importante adattamento dei cefalopodi
riguarda l'evoluzione del piede che in parte è trasformato nell'imbuto, organo di locomozione a
getto, ed in parte nei tentacoli, dotati di ventose.
I cefalopodi hanno un sistema nervoso molto sviluppato che consente grandi capacità motorie,
buone capacità visive, legate anche alle grandi
dimensioni degli occhi, e comportamenti particolarmente raffinati. I cefalopodi possono mutare rapidamente colore adattandolo all'ambiente attraverso
impulsi che modificano la forma dei cromatofori
contenuti nell'epidermide.
Anche il comportamento riproduttivo è complesso: le seppie hanno complicate cerimonie di corteggiamento.
Seppie, polpi e calamari dopo la fecondazione depongono caratteristiche uova che attaccano ad un substrato solido: solo la femmina del
polpo le custodisce fino
alla schiusa, quando sgusciano i piccolissimi neonati in tutto uguali agli
adulti, e spesso non
essendosi
alimentata
muore d'inedia.
La femmina dell'argonauta (Argonauta argo),
un piccolo polpo pelagico, invece costruisce con
l'estremità di due braccia
un nicchio calcareo,
che pare una conchiglia, per custodire le uova,
all'interno del quale può ritirarsi completamente.
Le capacità intellettive del polpo sono state a
lungo studiate: può sembrare strano per un invertebrato, ma i risultati sono eccezionali. Il polpo
(Octopus vulgaris, foto 110) è in grado di appren-
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dere comportamenti complessi, come quello di aprire un barattolo per catturare un granchio rinchiuso,
e di rispondere positivamente a stimoli positivi e
negativi, al punto da far dire al premio Nobel Rita
Levi Montalcini: "…attività comportamentali definite intelligenti non sono appannaggio esclusivo dei
vertebrati, ma sono manifeste anche in una classe di
invertebrati quali i cefalopodi ...".
Nei cefalopodi la radula è modificata in un becco
corneo che serve per sminuzzare le prede catturate
con i tentacoli. Il morso di seppie e polpi è velenoso, ma normalmente con nessuna conseguenza per
l'uomo ed il veleno è termolabile, quindi diventa
inattivo con la cottura.
Non è così nel caso del morso del polpo dagli
anelli blu, specie dell'Indopacifico
(Hapalochlaena sp.), che può essere
mortale per l'uomo: fortunatamente
questo piccolo cefalopode, che misura
Classificazione semplificata
dei crostacei
pochi centimetri, ha abitudini schive e
indirizza i suoi mortali attacchi verso
granchi e gamberetti.
Malacostraci:
Invertebrati di successo:
gli artropodi ed i crostacei
Stomatopodi: canocchie
Di tutte le specie animali conosciuMisidacei: gamberetti marsupiali
te gli artropodi ne costituiscono l'80%:
più di 1.300.000 specie dove prevalgoAnfipodi: caprelle
no insetti e millepiedi ed un altro
gruppo numeroso è formato da ragni,
Isopodi: pulci di mare
limuli e picnogonidi.
Gli artropodi marini sono praticaEufausiacei: krill
mente tutti raggruppati nelle oltre
40.000 specie dei crostacei, delle quali
Decapodi: gamberi, gamberetti,
quasi 2000 sono state descritte per il
astici, aragoste, paguri e granchi
Mediterraneo.
Caratteristica dei crostacei è la
Maxillopodi:
corazza (crusta in latino, significa
corteccia) che ricopre in genere tutte
Copepodi
le parti del corpo, garantendo una
notevole protezione ed anche sosteCirripedi: lepadi e balani
gno alle parti molli del corpo.
La corazza è più sottile nelle zone
di articolazione, consentendo così il
movimento, e comprende tutto l'animale, occhi
compresi.
Una copertura rigida è però un problema durante la crescita dell'animale, perché lo costringe a cambiarla più volte nel corso della vita: il crostaceo fuoriesce dalla vecchia corazza, ormai troppo piccola,
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Un
cirripede,
Lepas
anatifera
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attraverso una frattura solitamente nella zona ventrale e rigenera la crosta che a contatto con l'acqua
riacquista rigidità.
Questo processo, regolato da complessi equilibri
ormonali, è chiamato muta ed è un momento critico nella vita dei crostacei, infatti, non solo richiede
un notevole dispendio energetico, ma espone indifeso l'animale ai predatori, poiché il processo di
indurimento può durare da qualche ora a più giorni. Un crostaceo appena mutato ha una consistenza
gommosa ben diversa da quando la corazza è solida.
Di solito i crostacei hanno sessi separati e spesso
vi è dimorfismo sessuale: le femmine generalmente
portano le uova sotto l'addome fino alla liberazione
delle larve.
La classificazione dei crostacei è complessa: comprende otto classi e un numero rilevante di ordini. I
crostacei che normalmente si possono osservare
appartengono a 3 gruppi: copepodi, cirripedi e
malacostraci. Il primo è formato da organismi di
dimensioni molto piccole, solo raramente visibili e
spesso parassiti. I cirripedi sono i comuni denti di
cane e le lepadi, mentre i malacostraci raggruppano
tra gli altri canocchie, gamberi, aragoste e granchi.
Crostacei sedentari: i cirripedi
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Appartengono a questa classe di
crostacei circa 1000 specie che
hanno due forme fondamentali: le
lepadi vivono all'interno di una specie di conchiglia formata da varie
placche ed attaccata ad oggetti galleggianti attraverso un peduncolo
carnoso.
I balani, o denti di cane, invece
vivono all'interno di un guscio di
forma troncoconica, di un paio di cm
di diametro massimo, chiuso da un
sistema a quattro valve.
In entrambi i casi il crostaceo utilizza le zampe, modificate in cirri,
per favorire la respirazione e per raccogliere il cibo trasportato dalle correnti, attraverso un movimento alternato di estensione e ritiro.
I denti di cane vivono in acque superficiali e nella
zona di marea; si fissano anche sul carapace delle
tartarughe, sul corpo delle balene, su oggetti galleggianti e sulle strutture portuali.
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Straordinaria diversità: i malacostraci
Oltre 23.000 specie formano la classe dei malacostraci che ha al suo interno la maggiore diversità morfologica di qualunque altra classe del regno animale:
infatti, sono suddivisi in 6 superordini, i quali a loro
volta sono distinti in 16 ordini. In pratica quelli che
sono in qualche modo osservabili appartengono a 4 o
5 ordini: agli stomatopodi appartengono le canocchie, ai misidacei alcuni piccoli crostacei che formano
sciami osservabili nelle grotte, agli isopodi altri piccoli organismi come le pulci marine che si osservano
spesso attaccate ai pesci (Anilocra sp., foto 82) o la
pulce di mare (Ligia italica), comune negli accumuli di
posidonia. Infine agli anfipodi appartengono strani
piccoli animaletti come le caprelle dal caratteristico
movimento sinuoso.
I malacostraci più appariscenti appartengono all'ordine dei decapodi che raggruppano quasi un terzo
delle specie dei crostacei: sono classificati in un complesso intreccio di sottordini, infraordini, superfamiglie,
sezioni e infrasezioni. Possiamo però semplificare chiamandoli gamberi, paguri e simili, aragoste e granchi.
Tutti hanno il corpo diviso in tre parti: quella anteriore è chiamata carapace o cefalotorace, quella centrale addome e quella terminale coda o telson. Tutti
hanno dieci zampe, in alcuni come granchi e astici il
primo paio di zampe è trasformato in chele.
Gamberi e gamberetti sono chiamati anche decapodi natanti, perché hanno lungo l'addome una serie di
appendici che consentono il nuoto, invece aragoste e
granchi sono chiamati reptanti per il movimento brusco dell'addome che consente spostamenti a reazione.
I paguri sono anche chiamati anomuri (significa
privi di coda) ed hanno l'addome nudo, non coperto
cioè dalla corazza e perciò utilizzano conchiglie ed altri
oggetti per proteggerlo.
Nei decapodi la riproduzione è a sessi separati e
l'accoppiamento è favorito dalla muta, infatti solo in
quella condizione il maschio è in grado di accoppiarsi
con la femmina. I decapodi hanno una ampio spettro
alimentare e spesso i carnivori sono anche consumatori di carogne, come le aragoste che si cibano spesso
di pesci ed altri organismi morti.
I decapodi hanno organi di senso ben sviluppati:
occhi grandi simili a quelli degli insetti e spesso montati su peduncoli, antenne tattili e chemiorecettrici.
Spesso il corpo di granchi e altri decapodi è ricoperto
da una fitta peluria che ha un'importante funzione sensoriale, serve infatti a mantenere il contatto con l'esterno, che altrimenti sarebbe impedito dalla corazza.
Una
caprella,
anfipode
dal corpo
esile
e dai
movimenti
sinuosi
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Animali muschio: i briozoi
Particolare
ingrandito
di una
colonia di
briozoi: si
vedono
i singoli zoeci
40
I briozoi, il cui nome dal greco significa animali
muschio, sono un tipo di invertebrati coloniali che,
con oltre 5000 specie conosciute (510 nel
Mediterraneo), appartengono al supergruppo dei
lofoforati. Essi comprendono altri invertebrati (foronidi, brachiopodi e entoprocti) tutti accomunati da
una struttura comune, il lofoforo.
Esso è un organo che serve per la
raccolta del cibo in sospensione, formato da una corona di tentacoli cavi a
forma di ferro di cavallo e collocato
attorno alla bocca.
I briozoi formano colonie dove un
numero elevato di individui chiamati
zoidi vive all'interno di nicchie chitinose o calcaree chiamate zoeci.
L'insieme delle nicchie forma strutture ramificate di natura calcarea, laminari o incrostanti. Gli zoidi che formano la
colonia hanno dimensioni dell'ordine
del mezzo millimetro ed all'interno
della colonia hanno diverse specializzazioni funzionali: alcuni sono strutturati
per la difesa, altri per la nutrizione, altri
per la riproduzione che avviene sia per
gemmazione ampliando la colonia, sia
per via sessuale costruendo nuove colonie. Quando
gli zoidi hanno i lofofori estesi sulla colonia appare
come una sottile peluria.
La vita sulle spine: gli echinodermi
Il tipo degli echinodermi comprende circa 6500
specie nel mondo (150 nel Mediterraneo) accomunate dall'avere spine distribuite all'esterno del corpo o
nell'epidermide. Nei ricci le spine sono evidenti, nelle
stelle marine spesso sono esterne, nelle oloturie,
nelle ofiure e nei crinoidi invece sono contenute nel
corpo.
Tutti gli echinodermi hanno simmetria raggiata
pentamera, cioè hanno il corpo suddiviso normalmente in cinque parti, ed hanno una grande cavità
interna che contiene gli apparati digestivo e riproduttivo.
Una caratteristica comune a tutti gli echinodermi
ed esclusiva di questo tipo di invertebrati è il sistema acquifero: si tratta di un sistema idraulico contenente acqua marina e comunicante con l'esterno che
comanda appendici retrattili, chiamate pedicelli, che
hanno funzione ambulacrale o di raccolta del cibo.
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Gli echinodermi si suddividono in 6 classi: quella dei concentricicloidi è formata da una sola specie
scoperta nel 1986 su un fondale di 1000 metri di
profondità al largo della Nuova Zelanda, alle altre
appartengono crinoidi, stelle marine, stelle serpentine, ricci ed oloturie.
I gigli di mare
Chiamati anche crinoidi, i gigli di
mare hanno un piccolo corpo circolare
circondato da 5 braccia flessuose che si
diramano a formare da 10 a 200 braccia
apparenti. Lungo il margine delle braccia sono distribuite pinnule. Nella parte
inferiore del corpo sono inseriti i cirri,
piccole appendici flessibili che servono
per aderire al substrato.
I crinoidi possono nuotare con il
movimento alternato delle braccia, che
raccolgono anche il cibo in sospensione
e lo portano alla bocca attraverso i solchi ambulacrali ricoperti di sottili ciglia.
I crinoidi sono abbastanza fragili.
Sono comuni forme di simbiosi con
gamberetti e granchi: in particolare
negli ambienti tropicali si possono
osservare pesci, gamberi e soprattutto
piccole galatee (Allogalathea elegans foto 262) che
assumono invariabilmente la colorazione dell'ospite.
Le stelle marine
Chiamate anche asteroidi, le stelle marine hanno
il corpo appiattito che si suddivide in cinque o più
braccia: esse possono essere lunghe e sottili oppure
appena accennate come nelle stelle pentagono o
nelle stelle cuscino che hanno la forma di un pentagono quasi perfetto. Spesso la parete del corpo e
delle braccia è coperta da robuste spine sporgenti.
Le stelle marine hanno grande capacità rigenerativa al punto che in alcune specie tropicali
(Linckia spp. foto 299) da un braccio staccato si rigenera una stella intera. Le stelle sono predatori voraci di altri invertebrati e si spostano velocemente grazie al gran numero di pedicelli ambulacrali contenuti nei solchi delle braccia.
Al centro del corpo, rivolta verso il basso, hanno
la bocca e le prede di solito vengono avvolte con
l'estroflessione dello stomaco e disciolte con i succhi gastrici.
Nelle barriere coralline vive la stella corona di spine
Pedicelli
ambulacrali
sul braccio
di una
stella
marina
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(Acanthaster planci foto 303) che si ciba dei polipi delle
madrepore: la traccia del suo passaggio è evidente perché il corallo sbianca per la scomparse dei polipi.
Le ofiure
Scheletro di
riccio
irregolare,
Brissus
unicolor
Chiamate anche stelle serpentine, le ofiure hanno
il corpo ben distinto dalle braccia che sono sottili e
spesso spinose. Gli anglosassoni le chiamano anche
stelle fragili (brittle stars) per la loro caratteristica di
staccare le braccia come forma di difesa: sono in
grado poi di rigenerarle rapidamente. Le ofiure vivono di solito sotto le pietre, in zone riparate, alcune
specie vivono con il corpo infossato nel sedimento o
in cavità e lasciano fuoriuscire solo le sottili braccia
che raccolgono materiale in sospensione. Molto caratteristica è la forma delle ofiure chiamate gorgonocefali o stelle canestro (foto 305): hanno braccia molto
flessibili e molto ramificate ed abitudini notturne.
I ricci
Chiamati anche echinoidi, i ricci di mare hanno
due forme: quelli regolari hanno corpo globoso
rotondeggiante, ricoperto di spine evidenti e rigide,
con la bocca collocata nella parte inferiore e l'ano in
posizione superiore.
Gli irregolari invece hanno il
corpo generalmente ovoidale, le spine
sono più sottili e simili ad una peluria,
la bocca è in posizione anteriore e
l'ano posteriore.
I primi sono in genere brucatori di
alghe e vivono sopra le rocce e tra i
coralli, i secondi invece sono detritivori e vivono infossati nella sabbia, nel
detrito o nel fango.
Molti ricci regolari hanno abitudini
notturne, in particolare i ricci matita
dei mari tropicali dalle caratteristiche
spine grosse ed evidenti.
Le oloturie
42
Chiamate anche cetrioli di mare,
oppure con nomi meno forbiti, le oloturie hanno forma cilindrica allungata
con la bocca circondata da tentacoli ad una estremità e l'ano all'opposto. I tentacoli boccali servono per
raccogliere detrito o nelle specie che vivono infossate a raccogliere particelle in sospensione.
Le oloturie hanno un notevole potere di rigenerazione: alcune, come Holoturia forskali del
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Mediterraneo, per difendersi da predatori espellono
parti del corpo, in particolare un insieme di filamenti
bianchi, i tubuli di Cuvier, che a contatto con l'acqua
diventano solidi e avvolgono invischiando il predatore.
Spesso all'interno del corpo delle oloturie vive
come inquilino un pesce dal corpo quasi trasparente e allungato che entra ed esce dall'ano, come il
mediterraneo Carapus acus. Sulle oloturie tropicali
spesso si trovano piccoli gamberi del genere
Periclimenes (foto 255-256).
Crescente complessità: i cordati
Appartengono al tipo dei cordati organismi che
hanno in comune in un qualche momento della loro
vita una struttura portante, un cordone nervoso e
fessure branchiali.
A questo gruppo appartengono sia invertebrati
marini sia i vertebrati, uomo compreso. I caratteri
comuni negli invertebrati marini, i tunicati, sono presenti allo stadio larvale, mentre negli anfiossi sono
presenti anche nello stadio adulto e nei vertebrati
assumono consistenza negli adulti fino a formare il
midollo spinale e la colonna vertebrale.
Tunicato
coloniale,
Bothryllus
schlosseri
I tunicati
I tunicati devono il loro nome ad
una spessa tunica composta da polisaccaridi simili alla cellulosa e proteine che avvolge il corpo, sul quale
sono evidenti due aperture che consentono la circolazione dell'acqua per
la respirazione e la raccolta del cibo.
Nei tunicati coloniali il foro di
ingresso, chiamato sifone branchiale
è separato nei singoli individui, mentre il foro di uscita, chiamato sifone
atriale, è comune.
I tunicati hanno un sistema nervoso
ben sviluppato e sono in grado di contrarsi e di chiudere i due sifoni. E' questo un modo semplice per distinguerli
dalle spugne, con le quali spesso hanno
un notevole somiglianza esteriore.
Rispetto alle spugne inoltre i tunicati sono filtratori molto più efficienti e riescono infatti
a vivere anche in ambienti molto ricchi di materiali in
sospensione, dove invece le spugne rischiano di intasarsi.
Le due classi principali dei tunicati, ascidie e
taliacei (foto 132), si distinguono facilmente perché
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le prime conducono vita sessile sul fondo, gli altri
invece sono planctonici, hanno il corpo trasparente
e spesso sono confusi con gli ctenofori.
I vertebrati marini
I vertebrati sono animali che hanno strutture rigide, cartilaginee o ossee, di sostegno della corda dorsale e sono tutti dotati di una struttura rigida che
contiene il cervello, il cranio.
I vertebrati comprendono oltre 45.000 specie e si
suddividono in due gruppi, quelli senza mascelle o
agnati, più comunemente noti come lamprede, e
quelli dotati di mascelle che comprendono pesci,
anfibi, rettili, uccelli e mammiferi. Ad esclusione degli
anfibi tutti questi vertebrati hanno specie marine.
I pesci a loro volta si suddividono in due grandi
gruppi in base alla natura del loro scheletro. Sono
pesci cartilaginei, detti anche condroitti, quelli che
hanno lo scheletro formato da cartilagine. Quelli
dotati di scheletro osseo sono chiamati osteitti o
appunto pesci ossei.
I pesci cartilaginei
Appartengono a questo gruppo oltre 800 specie:
sono gli squali, le razze, le mante, le
aquile di mare ed i trigoni, tutti della
classe degli elasmobranchi (dal greco
N° approssimativo
elasmos = piastra e branchia, per la
di specie di pesci conosciute
forma delle branchie). Respirano traminei mari del mondo
te branchie in contatto con l'esterno
attraverso le fessure branchiali, al lato
Golfo di California
270
del capo negli squali e sotto il corpo
Hawaii
470
nelle specie piatte, nelle quali le branCaraibi
600
chie comunicano anche con un'apertuMediterraneo
690
ra sul dorso dell'animale.
Mar Rosso
1000
La strategia riproduttiva degli elaMaldive
1200
smobranchi è basata sulla fecondazioGrande Barriera Corallina 1500
ne interna ed infatti i maschi sono
Papua Nuova Guinea
1680
facilmente distinguibili dalle femmine
Filippine
2180
per la presenza di due organi copulatori al fianco delle pinne ventrali. Di
norma gli elasmobranchi generano
piccoli vivi, ma alcuni come i gattucci
producono caratteristiche uova di
grandi dimensioni che vengono lasciate attaccate a
sporgenze del fondo e maturano in circa dieci mesi.
I pesci cartilaginei sono nella maggior parte carnivori predatori, ma alcune specie di grandi dimensioni sono filtratrici di plancton: le più note sono le
mante, lo squalo balena e lo squalo elefante.
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I pesci ossei
I pesci ossei, chiamati anche osteitti, raggruppano circa 25.000 specie che, a differenza dei cartilaginei, hanno molte parti scheletriche in osso.
Un'altra caratteristica che li distingue in generale
dai cartilaginei è la vescica natatoria, una sacca
interna al corpo che può essere riempita o svuotata
di gas consentendo l'equilibrio idrostatico. Essa
manca completamente
negli squali e negli altri
pesci cartilaginei, ma è
assente anche in alcuni
pesci ossei.
Gli osteitti hanno il
corpo ricoperto di caratteristiche
scaglie
e
hanno la bocca in posizione frontale. Le branchie comunicano con
l'esterno attraverso due
fessure ai lati del capo e
sono coperte da una
struttura chiamata opercolo; le pinne sono
sostenute da raggi ossei
oltre che cartilaginei.
La riproduzione nei
pesci ossei ha una strategia opposta a quelle dei
cartilaginei: infatti essi
praticano con pochissime eccezioni la fecondazione esterna e rilasciano moltissime uova.
I casi di cure parentali sono molto rari: i più
straordinari sono quelli
dei cavallucci marini,
dove il maschio incuba in
una sacca ventrale le
uova fino alla schiusa, o
nel genere Apogon, i re
di triglie, nei quali il
maschio incuba le uova in bocca fino alla schiusa.
Anche pesci pagliaccio, castagnole e tordi custodiscono le uova che, nell'ultimo caso, vengono da
molte specie deposte in nidi costruiti con alghe e
altri detriti dove esse sono difese ed ossigenate fino
alla schiusa.
I pesci
cartilaginei
hanno
le fessure
branchiali
e la bocca
in posizione
inferiore
I pesci ossei
hanno
la bocca
anteriore
e l’opercolo
che copre
le branchie
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I rettili
Nelle piccole
isole del
Mar Rosso
i pescatori
raccolgono
le uova di
tartaruga
per cibarsi
Marine per eccellenza sono le tartarughe, che si
distinguono dalle testuggini, che vivono sulla terraferma, per l'impossibilità di ritrarsi interamente
all'interno del guscio, formato dal carapace superiore e dal piastrone inferiore.
Gli arti delle tartarughe hanno la forma caratteristica di pagaie ed infatti esse sono straordinarie nuotatrici, sia come spunto di velocità, ma soprattutto
perché percorrono distanze incredibili.
Le tartarughe hanno dimorfismo sessuale: i
maschi hanno il piastrone concavo per favorire l'accoppiamento e la coda molto più voluminosa,
essendo l'organo copulatore.
Dopo l'accoppiamento le tartarughe devono trovare una spiaggia adatta a deporre le uova che
abbandonano in una profonda buca, che ricoprono
con cura, per poi tornare al mare.
La crescente occupazione delle spiagge da parte
dell'uomo è una delle cause del calo di alcune specie di tartarughe, che non trovano più spazi idonei
alla deposizione.
Nei mari del mondo vivono 5 specie di tartarughe: la tartaruga comune (Caretta caretta, soprattutto nel Mediterraneo è in forte calo numerico, foto
177), la verde (Chelonia mydas), l'embricata
(Eretmochelys embricata, foto 482), la Lepidochelys
kempi (l'unica assente dal Mediterraneo ed in
forte rischio di estinzione) e la tartaruga liuto
(Dermochelys coriacea) che raggiunge le maggiori dimensioni, 500kg per oltre 2 m di lunghezza!
Nei mari tropicali vivono anche altri rettili come
il coccodrillo marino (Crocodylus porosus),
dell'Indopacifico, le iguane marine (Amblyrhynchus cristatus) delle Galapagos ed alcune specie di serpenti nell'Indopacifico: i più comuni sono
Laticauda colubrina (foto 481) dalla caratteristica
livrea ad anelli scuri e chiari e Aipysurus laevis
dalla livrea grigiastra, più gialla sulla testa.
Entrambi sono estremamente velenosi, ma difficilmente il morso è pericoloso perché le loro piccole bocche sono fatte per catturare minuscoli crostacei ed altri animaletti e non per mordere l'uomo.
Gli uccelli
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Delle oltre 9000 specie conosciute nel mondo,
meno di 300 sono strettamente legate agli ambienti
marini e pochissime sono quelle che si può aver
occasione di incontrare sott'acqua.
Marini per eccellenza sono i pinguini, gli albatri,
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le procellarie, alcune specie di cormorani, i fetonti,
le fregate, le sule ed i pellicani. Molte specie di gabbiani e sterne vivono esclusivamente in ambienti
marini, come le alche e i pulcinella di mare che
popolano i mari del nord. Anche alcuni rapaci,
come le aquile di mare ed il falco pescatore, sono
legati ad ambienti costieri.
In Mediterraneo può accadere di veder sfrecciare
sott'acqua il marangone dal ciuffo (Phalacrocorax
aristotelis, foto 178), che può immergersi fino ad
ottanta metri di profondità, mentre alle Galapagos
sono i pinguini locali a compiere lunghe planate
sott'acqua.
Ma la maggior parte degli uccelli marini, o vive in
mare aperto, oppure si limita a raccogliere il cibo
dalla superficie del mare: perciò è più facile incontrarli in volo o posati sulle rocce che durante un'immersione.
I mammiferi
Delle oltre 4200 specie conosciute, i mammiferi
marini sono soltanto 114 così suddivisi: 1 mustelide,
la lontra marina (Enhydra ludris) che vive lungo
le coste nordamericane del Pacifico negli ambienti
popolati dal kelp; 76 cetacei, cioè balene e delfini;
33 pinnipedi, cioè foche otarie e trichechi e infine 4
sirenidi, cioè dugonghi e lamantini.
Il tursiope
è il cetaceo
che si
osserva più
facilmente
nei mari
del mondo
I cetacei
Si suddividono in odontoceti, tutti quelli dotati di
denti, come i delfini, le stenelle, l'orca ed il capodoglio e misticeti, balene e balenottere, cioè tutti quelli che hanno invece i fanoni, lamine cornee che sostituiscono i denti e servono a raccogliere il plancton.
In questo gruppo troviamo gli animali più grandi mai
esistiti: infatti, le balenottere azzurre superano 30
metri di lunghezza e 150 t di peso!
I cetacei come tutti i mammiferi partoriscono piccoli vivi che vengono allattati dalle madri. Essi, oltre
alla forma, hanno particolari adattamenti all'ambiente
marino che consentono lunghe apnee subacquee ed
il raggiungimento di notevoli profondità. Il record di
profondità è del capodoglio (Physeter catodon) che,
cacciando calamari, pare raggiunga 3000 metri sotto
la superficie, con un'apnea superiore alle 2 ore!
I cetacei più comunemente osservabili sono i tursiopi (Tursiops truncatus, foto 179) che s'incontrano
in tutti i mari del mondo, sia in superficie, quando
spesso nuotano con l'onda d'urto delle barche, sia in
immersione. Altri cetacei osservabili in immersione
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sono le stenelle maculate in varie zone dei Caraibi e
dell'Atlantico, oppure le megattere, sempre ai Caraibi.
I pinnipedi
La cartina
indica i siti
ancora
occupati da
popolazioni
di foca
monaca e le
località dove
si registrano
più frequentemente
avvistamenti
di singoli
esemplari
Appartengono a quest'ordine le otarie (chiamate
anche foche con le orecchie), i trichechi, le foche
(prive di orecchie) e gli elefanti di mare. La specie
più facilmente osservabile in immersione bisogna
andare a cercarla nel Pacifico lungo le coste della
California o alle Galapagos: è l'otaria della California,
che familiarizza facilmente con i subacquei, dal caratteristico modo di nuotare con gli arti anteriori.
Le foche oltre ad essere prive di padiglioni auricolari, nel nuoto usano gli arti posteriori: ad esse appartengono le tre specie di foca monaca, Monachus
monachus del Mediterraneo e dell'Atlantico orientale,
Monachus tropicalis dei Caraibi e Monachus
schauinslandi. Sono tutte fortemente minacciate di
estinzione: la foca monaca mediterranea in particolare è ormai ridotta a circa 300 esemplari distribuiti tra
l'Egeo orientale e le coste atlantiche del Marocco. La
colonia che un tempo viveva in Sardegna nel Golfo
di Orosei oggi è estinta, ma recenti avvistamenti
fanno sperare in un suo possibile recupero.
I sirenidi
avvistamenti
presenza certa
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I lamantini e il dugongo si distinguono tra loro
per avere i primi la coda
falcata ed il secondo arrotondata come una pagaia.
Le tre specie di lamantino sono distribuite lungo
le coste atlantiche delle
Americhe. I più noti sono
i lamantini (Trichechus
manatus) di Crystal River
in Florida, chiamati
manatee, facilmente osservabili in immersione.
Il dugongo (Dugong
dugong foto 483) invece
vive tra le coste orientali
dell'Africa con poche presenze in Mar Rosso e le coste occidentali dell'Asia e
dell'Australia, dove vive il contingente più numeroso. I
sirenidi sono erbivori e sono pertanto legati ad ambienti costieri colonizzati dalle praterie di fanerogame marine; possono raggiungere la lunghezza di oltre 4 metri ed
un peso superiore a 7 quintali.
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Gli ambienti marini
La luce
La luce è
una
radiazione
elettromagnetica che
nel mare
viene
assorbita
in modo
selettivo
La luce è una radiazione elettromagnetica che
viaggia a 300.000 km al secondo nel vuoto; la sua
velocità in mare si riduce a 220.000 km/s.
In acqua però la luce subisce altre trasformazioni: viene innanzi tutto riflessa quando viene a contatto con la superficie del mare e maggiore è la turbolenza in superficie, maggiore è la quantità di luce
riflessa.
Secondariamente viene diffusa, ma soprattutto
assorbita. Basta pensare che dopo i primi 50 centimetri di profondità il 50% della radiazione disponibile in superficie è già scomparso e che a 100 metri
di profondità non ne resta che l'1%.
Oltre i 500 m di profondità il buio è
assoluto.
La quantità di luce che penetra non
è dipendente solo dalla profondità, ma
anche dalla minore o maggiore torbionde TV
dità dell'acqua.
UHF - VHF
L'assorbimento della luce con
l'aumento della profondità è selettivo, avviene cioè a diverse quote per
visibile
le diverse lunghezze d'onda che com- ultravioletto
infrarosso
pongono la luce: la luce visibile è
quella contenuta tra le lunghezze
d'onda 0,40 e 0,70 nanometri, cioè tra
il violetto ed il rosso.
lunghezza d’onda
Il rosso scompare già ad un
0,30 0,40 0,50 0,60 0,70
1,00
metro sotto la superficie, l'arancio prima dei dieci metri, più persuperficie
sistente il giallo.
Progressivamente scompaiono poi
il verde, il violetto e la radiazione che
1m
45%
penetra più in profondità è il blu: per
questa ragione il mare è blu e sott'ac10m
16%
qua tutto è pervaso da una dominante
blu.
Le trasformazioni subite dalla luce 100m
1%
condizionano in modo determinante
la distribuzione degli organismi sott'acqua, innanzi tutto i vegetali che la
utilizzano per la fotosintesi, ma anche gli animali i
cui cicli vitali e riproduttivi in molti casi sono determinati dall'intensità luminosa.
Abbiamo già visto la suddivisione delle alghe in
fotofile e sciafile in relazione alle lunghezze d'onda
utilizzate dai diversi tipi di clorofilla: in ciascuna
49
µm
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La catena
alimentare
delle balene
è la più corta
e la
dispersione
di energia è
minima
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delle due condizioni tra le alghe si attua una competizione per la luce, cioè per insediarsi dove le
condizioni di luce sono ottimali per la fotosintesi.
Ma la luce ha una enorme incidenza soprattutto
sulla più importante componente vegetale marina,
quella delle alghe planctoniche.
Si tratta di minuscole alghe unicellulari che vivono in mare aperto trasportate dalle correnti e che
stanno alla base di tutte le reti alimentari marine: i
loro cicli di riproduzione sono regolati dalla quantità di luce disponibile e, soprattutto nelle zone temperate e polari, hanno uno o più picchi in corrispondenza con le stagioni nelle quali l'insolazione è
più elevata.
La luce incide direttamente anche sugli animali:
anch'essi possono essere sciafili o fotofili e pertanto
scegliere zone in ombra o profonde, oppure zone
ben illuminate.
Nelle barriere coralline la simbiosi di coralli e
zooxantelle è strettamente legata alla intensità
luminosa disponibile vicino alla superficie e
risente molto poco delle stagioni perché il tasso di
radiazione varia in modo irrisorio nell'arco dell'anno.
In molti animali la riproduzione è influenzata dal
ciclo notte giorno, molti
altri che di giorno rifuggono la luce sono attivi
durante la notte.
In Mediterraneo gli
organismi più colorati
sono in gran parte
sciafili e così alla luce
delle torce i colori
appaiono
soprattutto
nelle zone in ombra, dietro i massi, all'ingresso
delle grotte oppure in
profondità.
Basta pensare che
l'ambiente più colorato è
il coralligeno e che il suo
limite superiore si colloca a 40 metri di profondità, dove la percentuale
di luce disponibile è inferiore al 10% di quella di
superficie.
Al contrario negli ambienti tropicali i colori e la
gran parte degli organismi si concentrano nella zona
dove l’illuminazione è maggiore e quindi al disopra
dei 40 metri.
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Produttori e consumatori
I vegetali si accrescono con la fotosintesi, essi cioè
producono materia organica partendo da composti
semplici e sono perciò chiamati organismi produttori o
autotrofi (dal greco autòs = sé stesso e trofèin =
nutrirsi); gli animali invece che per alimentarsi hanno
bisogno di cibarsi di altro sono chiamati consumatori
o eterotrofi (dal greco eteròs = altro e trofèin = nutrirsi).
I produttori sono alla base delle reti alimentari ed in
mare la produzione primaria più importante è quella
delle alghe planctoniche. Le reti alimentari sono formate da innumerevoli intrecci alla base dei quali stanno sempre i vegetali: nei passaggi di energia da un
livello inferiore a quello superiore della catena vi è una
considerevole perdita di energia e più sono i passaggi
minore è la quantità di energia che giunge ai livelli più
alti della catena alimentare.
E' così che si spiegano le enormi dimensioni di molti
cetacei. Essi infatti sono in cima alla catena alimentare più corta che si conosca in cui i trasferimenti di energia sono solo due. Essi infatti si cibano di krill, cioè di
minuscoli gamberetti planctonici che a loro volta sono
erbivori, sono cioè consumatori di alghe planctoniche.
Dunque i cetacei dispongono di un'immensa risorsa alimentare e la perdita
di energia è molto bassa.
Normalmente le reti
alimentari sono molto più
complesse: gli animali
che stanno ai livelli più
alti sono in genere predatori specializzati. Ai livelli
superiori delle reti alimentari però si concentrano sostanze tossiche.
È il caso dei grandi
predatori pelagici che
accumulano tossine prodotte da micro-alghe
planctoniche, trasmesse
nei vari livelli di consumo, che in Atlantico ed in
Pacifico provocano la ciguatera.
È una malattia che nei casi più gravi colpisce i centri nervosi e può portare alla morte. Non esiste alcun
modo per individuare la tossicità di un pesce, poiché
essa dipende direttamente dalla dieta e non è evidenziabile con un esame sommario.
Esempio
di rete
alimentare:
le prede
variano con
le dimensioni
del predatore
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Prede e predatori
I crinoidi
sono
sospensivori
che
raccolgono
il cibo con
le lunghe
braccia
52
Gli ambienti marini non sono molto diversi da
una savana africana per quel che riguarda i rapporti tra i diversi organismi che li popolano. Anche qui
le piante sono piante; le mandrie di bufali e zebre
(erbivori o consumatori di primo livello) sono miriadi di gamberetti planctonici, ma anche molluschi,
pesci, dugonghi. I predatori (consumatori dal
secondo livello in su) li troviamo in tutti i gruppi
animali.
Anche per un altro aspetto poche sono le differenze: nei diversi stadi della vita un animale può essere
preda o predatore. Basta pensare alle larve o ai giovani che fino a quando non raggiungono lo stadio
adulto sono predati da organismi più grandi di loro.
La differenza fondamentale è che in acqua vi
sono modalità di raccolta del cibo che non troviamo
sulla terraferma, se non in casi eccezionali.
Nell'ambiente acquatico una grande quantità di
organismi raccoglie il proprio nutrimento direttamente dall'acqua che li circonda: sono i filtratori,
spugne, bivalvi e ascidie che con sistemi diversi
richiamano acqua all'interno del corpo e assumono
le sostanze organiche che essa trasporta.
Ci sono poi quelli che
"aspettano la manna dal
cielo": sono cnidari, spirografi, echinodermi che
attendono che il materiale in sospensione si posi
a portata dei loro tentacoli, ciuffi o braccia per
portarlo poi alla bocca.
Altri tessono reti di
muco, un po' come le
ragnatele dei ragni, per
raccogliere ciò che si
deposita e poi ritirano la
rete e si cibano di quello
che ha raccolto.
Insomma la vita nell'ambiente marino è
diversa anche perché
l'acqua è come una
grande minestra, ricca di ingredienti per soddisfare
la fame di miliardi di organismi.
Un'ultima categoria di consumatori è quella dei
detritivori: sono animali di gruppi diversi, molluschi, echinodermi e vermi soprattutto, che setacciano il sedimento, utilizzandone le particelle organi-
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che digeribili, ed espellono la parte inerte. Essi possono vivere infossati, oppure spostarsi su sabbie e
fanghi.
L'unione fa la forza
Le relazioni tra gli organismi che popolano i
diversi ambienti non sono solo quelle tra prede e
predatori. Un rapporto molto diffuso è il commensalismo, quando animali diversi vivono assieme
per sfruttare risorse alimentari.
Nel Mediterraneo è il caso delle margherite di
mare, chiamate Parazoanthus axinellae (foto 38),
perché spesso si insediano sulle spugne del genere
Axinella (foto 25): le margherite sono favorite nella
raccolta del cibo dal flusso di corrente generato
dalla spugna.
Situazione analoga troviamo tra le nacchere
(Pinna nobilis, foto 107) e altri organismi (ascidie,
spugne, ostriche, spirografi) dove non solo la nacchera genera una corrente, ma elevandosi dal fondo
avvicina alla risorsa alimentare gli ospiti della sua
conchiglia.
Un altro classico caso di commensalismo è quello delle remore (Echeneis naucrates, foto 375, e
Remora remora), che mediante la ventosa che portano sul capo si fissano a grossi pesci, cetacei e tartarughe cibandosi dei loro resti alimentari.
In altre situazioni la vita in comune è chiamata
inquilinismo: come nel caso di paguri o gamberi
che vivono nelle cavità di spugne o del già citato
pesce che vive nell'intestino delle oloturie.
Le associazioni più strette prendono il nome di
simbiosi ed in esse entrambi i partner traggono
vantaggio dal vivere insieme. Gli esempi sono innumerevoli: la più classica è quella tra pesci pagliaccio e attinie, dove il pesce tiene pulita l'attinia che
a sua volta difende l'ospite con i tentacoli urticanti
dai quali è immune.
Simile è la simbiosi tra paguri e attinie: in alcuni
casi è così stretta che difficilmente le due specie
vivono separate. L'esempio più classico è quello tra
Eupagurus prideauxi (foto 76) e l'attinia Adamsia
palliata (foto 46): la loro unione è strettissima e
l'attinia avvolge il paguro anche quando crescendo
la conchiglia diviene troppo piccola. Invece la simbiosi tra il paguro eremita, Dardanus calidus (foto
75) e l’attinia Calliactis parasitica (foto 43) continua anche quando il paguro crescendo cambia
conchiglia e trasferisce sulla nuova le anemoni che
portava la vecchia.
Tra le braccia
di un crinoide
mediterraneo
vive come
inquilino un
gamberetto,
Hyppolite
huntii
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Branco di
carangidi
nelle acque
del
Mar Rosso
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C'è poi la simbiosi dei pulitori, gamberi e pesci,
che hanno libero accesso alle branchie ed alle fauci
di grandi pesci in cambio dei loro favori. Lo scambio è alla pari infatti il pulitore si ciba di tessuti
morti o di parassiti, mentre il pesce che riceve i suoi
servigi ne guadagna in salute.
Prove sperimentali hanno dimostrato che l'assenza provocata di pulitori in ambienti di barriera
corallina ha come conseguenza un aumento vertiginoso di malattie nei pesci che li abitano.
La forma indubbiamente più stretta di simbiosi è
quella delle cosiddette alghe endobionti: alghe unicellulari (zooclorelle e zooxantelle) che vivono nei
tessuti delle madrepore tropicali, di altri cnidari o in
quelli delle tridacne.
L'estensione e la rapidissima crescita delle barriere
coralline si deve essenzialmente a questa simbiosi
nella quale lo scambio è complesso, perché le madrepore assorbono nei tessuti sostanze emesse dalle
alghe come zuccheri, alcoli ed aminoacidi, mentre le
alghe non solo sono protette, ma sfruttano i sali
minerali prodotti dall'ospite per la loro crescita.
Per niente mutualistico è invece il parassitismo
e cioè quella forma di vita in comune nella quale
un organismo si ciba dei
tessuti o dei fluidi di un
altro, traendone beneficio, mentre l'ospite ne
trae un danno.
I parassiti più facili da
osservare sono piccoli
crostacei, chiamati pulci
di mare (foto 82), che
vivono attaccati ai pesci.
Tra individui della
stessa specie esistono
diverse forme di collaborazione: la più classica è il gregarismo che
si esplica nel branco o
meglio nel banco, quando gli individui sono
molto numerosi.
Il vantaggio del branco è di ridurre il rischio di predazione per il singolo individuo ed alcune tecniche, come il raggrupparsi in modo fitto, servono a impedire al predatore di individuare i singoli componenti o in alcuni
casi a spaventarlo, fingendo di essere un unico
grande organismo.
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Strategie riproduttive
L'acqua del mare, oltre a tutte le altre proprietà
che abbiamo fin qui elencato, è anche il tramite fondamentale attraverso il quale una straordinaria varietà di organismi che si riproduce per via sessuale
manda a buon fine la riproduzione.
Infatti la strategia riproduttiva più diffusa in tutti
i gruppi animali è quella che consiste nel produrre
un numero elevato, a volte enorme, di gameti
maschili e femminili, affidandoli all'incontro casuale nell'acqua.
Il numero di uova emesse è proporzionale alla
protezione che viene data dopo la deposizione: gli
animali che semplicemente le rilasciano nell'acqua
ne producono quantità impressionanti.
Un'ostrica in un anno può produrre 100 milioni di
uova, un mitilo 12 milioni, un merluzzo 4 milioni. Ci
si affida insomma alle leggi della probabilità, maggiore è il numero dei gameti emessi, maggiore è la
probabilità che si incontrino e che le uova vengano
fecondate.
I casi in cui invece la fecondazione è interna e si
basa sulla copulazione sono una minoranza ristretta
ad alcuni crostacei, a molluschi prosobranchi ed
opistobranchi, ai cefalopodi, ai pesci cartilaginei ed
ai mammiferi marini e in genere il numero di uova
è più basso e spesso le uova sono protette da teche
o involucri.
Molti organismi marini sono ermafroditi, posseggono cioè sia le gonadi maschili sia quelle femminili. I casi di autofecondazione negli ermafroditi
sono una rarità, mentre prevale la fecondazione
incrociata, con la certezza di incontrare un partner.
Ci sono poi gli ermafroditi sequenziali: sono
ad esempio alcuni pesci come i labridi, le donzelle,
le cernie: queste ultime sono prima femmine fino al
raggiungimento di un certo peso, quando avviene
l'inversione sessuale, per cui tutti gli esemplari più
grandi sono maschi.
Tra i
molluschi
tutti i
nudibranchi
sono
ermafroditi
Colori e mimetismo
La livrea dei diversi organismi marini è funzionale all'ambiente in cui essi vivono e nella maggioranza dei casi ha funzioni mimetiche sia per ridurre il
rischio di predazione, sia per aumentare la possibilità di predare, risultando poco visibili alle prede.
A volte anche i colori molto vivaci hanno funzione difensiva: sono le cosiddette colorazioni aposematiche, servono cioè ad indicare la propria pericolosità e ad evitare di essere mangiati.
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Granchio
mimetico
sulla sabbia:
i due ocelli
sulle zampe
posteriori
ingannano
i predatori
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Spesso, ed è il caso dei pesci della barriera corallina, la differenziazione delle specie in livree molto
sgargianti è legata proprio alla speciazione e all'esigenza di assumere caratteri somatici distintivi per
farsi riconoscere dai consimili.
In genere gli organismi che vivono sui fondi sabbiosi hanno colorazioni che tendono ad assimilarli
al sedimento. I pesci pelagici tendono ad essere
grigi o bluastri nella parte superiore del corpo e
chiari in quella inferiore in modo da essere meno
visibili sia osservati dall'alto, sia dal basso.
Anche i pesci argentei hanno una livrea che
tende a renderli meno visibili; infatti, le scaglie funzionano come uno specchio riflettendo la luce che
giunge da tutte le direzioni e rendendo meno individuabile la loro sagoma.
Gli organismi planctonici tendono ad essere trasparenti in modo da essere attraversati dalla luce ed
essere così poco visibili.
In altri organismi che vivono sul fondo la livrea
ha funzioni disruttive, serve cioè a impedire la
formazione di un'immagine precisa dei contorni dell'animale rendendolo meno individuabile.
Altri accorgimenti sono la presenza di ocelli sul
corpo: essi tendono ad apparire occhi di un organismo molto più grande del loro portatore e scoraggiano così i predatori.
Non è chiaro invece a cosa servano livree con
colori sgargianti in organismi che vivono nell'oscurità o con abitudini notturne, che date le caratteristiche della vista degli animali marini dovrebbero risultare invisibili e che a noi appaiono solo con l'aiuto
della luce artificiale.
Indigeni e alieni
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Sul pianeta tutti i mari comunicano tra loro e ciò
potrebbe far supporre una illimitata possibilità di
scambio di organismi tra i diversi bacini. E' così
invece solo per un ristretto numero di animali in
genere di grandi dimensioni che si spostano attivamente e che popolano tutte le acque del globo:
chiamati cosmopoliti, sono cetacei e pesci pelagici
soprattutto.
Altri organismi sono limitati da condizioni di temperatura e si trovano solo nella fascia tropicale, ma
da una parte all'altra del globo: è il caso di un gamberetto (Thor amboinensis foto 516) lungo al massimo un paio di centimetri che vive da ospite nelle
attinie dall'Indiano, al Pacifico, all'Atlantico.
Ma oltre ai fattori fisici limitanti come temperatu-
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ra, salinità e forma delle terre emerse, la distribuzione degli organismi è legata alle modalità riproduttive al punto che alcuni sono concentrati in aree
ristrettissime perché non c'è diffusione dei prodotti
sessuali.
Così ogni zona sia su scala oceanica sia su scale
inferiori ha i suoi endemismi, organismi cioè esclusivi e che non si ritrovano in nessun'altra parte del pianeta. Per fare qualche esempio: in Mediterraneo sono
endemici la vacchetta di mare (foto 99), comunissima,
e la posidonia. Solo in Mar Rosso vive il pesce farfalla mascherato (Chaetodon semilarvatus foto 408).
Ma forse la distribuzione dei pesci pagliaccio è
quella che rende meglio l'idea di come possano
essere ristretti gli areali di distribuzione. Innanzi
tutto le 27 specie di pesci pagliaccio del genere
Amphiprion si trovano solo nell'Indopacifico tra il
Mar Rosso e le Isole Marshall e quella con la diffusione più ampia è Amphiprion clarki (foto 427), con
un areale che va dalla penisola arabica all'arcipelago di Tonga e dal Giappone alle coste settentrionali dell'Australia. Altri invece sono limitati a piccole
aree come A. bicinctus che vive in Mar Rosso e alle
isole Chagos, dove però vive una specie endemica
A. chagosensis. Anche le
isole Mauritius e le
Seychelles hanno i loro
rispettivi pesci pagliaccio
(A. chrysogaster e A.
fuscocaudatus).
Solo alle Maldive e Sri
Lanka vive A. nigripes
(foto 425) ed anche le
coste dell'Oman hanno
la loro specie esclusiva
(A. omanensis).
A volte organismi
naturalmente distribuiti
in aree circoscritte si diffondono per opera dell'uomo. Le vicende del
Mediterraneo in questo
senso sono molto evidenti ed a volte problematiche. Da un lato c'è l'ingresso di specie nuove
dal Mar Rosso dopo l'apertura del canale di Suez e
sono più di 300 le specie aliene che stanno diffondendosi alcune in modo preoccupante, come l'alga
verde Caulerpa racemosa (foto 7) che sta ricoprendo larghissimi tratti di fondale in Sicilia. D'altro
A. akallopisos,
vive in Africa
orientale,
Madagascar,
Seychelles,
e dalle
Andamane
a Giava
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canto ci sono le specie portate dalle navi sulle carene oppure quelle immesse accidentalmente come
sembra essere il caso della Caulerpa taxifolia (foto
6), che, sfuggita all'acquario del Museo Oceanografico di Monaco (così almeno pare), ha ricoperto centinaia di ettari di fondale tra Francia e Italia di un
uniforme, ma alieno tappeto verde.
Attenzione, pericolo!
La murena
sembra
minacciosa,
ma tiene la
bocca aperta
solo per
ossigenare
le branchie
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L'uomo negli ambienti marini è un estraneo: infatti, li frequenta grazie ad apparati tecnologici oppure
per i tempi limitati consentiti dall'apnea. E' perciò
ovvio che non rientra nelle consuetudini alimentari
di nessun organismo marino, né è considerato automaticamente un pericolo. Lo diventa quando invade
il territorio di animali territoriali, oppure in fase
riproduttiva.
Può accadere così che la risposta di alcuni
animali sia aggressiva, ma è la conseguenza di
un comportamento scorretto o inconsapevole.
Molti subacquei hanno capito a loro spese cosa
significa entrare nel territorio del pesce balestra titano (Balistoides viridescens foto 469) quando ha
deposto le uova: in quella fase il pesce scaccia
chiunque si avvicini, indipendentemente dalle
dimensioni, e affibbia morsi dolorosi. Anche le
castagnole ed i pesci pagliaccio dimostrano aggressività quando ci si avvicina ai luoghi di deposizione.
Gli animali marini su cui si è sviluppata la fantasia ben oltre la reale pericolosità sono indubbiamente gli squali: che alcune specie attacchino l'uomo è un dato certo e documentato, ma gli attacchi
sono quasi sempre causati da comportamenti inadeguati o scorretti, che scatenano l'aggressività dello
squalo, oppure che lo inducono a scambiare l'uomo
per una delle sue prede abituali.
Vi sono molti posti al mondo dove gli incontri
con gli squali sono all'ordine del giorno e dove non
si registrano attacchi a subacquei: negli atolli del
Sudan, dove gli squali coda nera (Carcharhinus
wheeleri foto 321) si avvicinano a pochi centimetri
dai subacquei, non c'è a memoria d'uomo il ricordo
di attacchi a subacquei in immersione.
Lo stesso discorso vale per murene e barracuda,
altri mostri marini costruiti dalla fantasia: in particolare i casi di attacco di barracuda all'uomo, alcuni
con esiti letali, sono conseguenza di comportamenti
scorretti in condizioni limite. Essi avvengono quando
la visibilità è scarsa e la persona porta addosso pesci,
oppure oggetti luccicanti: il barracuda attacca quelli
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e non la persona che li ha addosso.
Ci sono poi le interazioni passive o accidentali:
molti organismi sono dotati di aculei o di cellule
urticanti e l'impatto casuale può causare danni a
volte gravi.
La gamma degli organismi urticanti va dai coralli
di fuoco, alla caravella portoghese: quest'ultima
ha tentacoli lunghissimi ed il loro contatto provoca
ustioni gravissime ed in alcuni casi può portare alla
morte. In molte spiagge caraibiche cartelli avvisano
i bagnanti del pericolo: in quel caso conviene prestare molta attenzione a nuotare in mare aperto.
Scorfani mediterranei e tropicali, pesci cobra
(Pterois sp. foto 347) e pesce pietra (Synanceia sp. foto
346) hanno spine velenifere che esibiscono in alcuni
casi in modo molto elegante: conviene tenerli a debita distanza, perché la puntura se può essere solo dolorosa per gli scorfani, è molto più pericolosa negli
Pterois e può essere mortale nel caso del pesce pietra.
Inaspettatamente pericolose sono alcune specie di
molluschi, i coni, che possono inoculare piccoli dardi
velenosi, che in alcuni casi hanno causato la morte. Infine
le spine dei ricci e di stelle marine (Acanthaster planci
foto 303) possono causare dolorose ferite, soprattutto
quando le spine rimangono infisse causando infezione.
In sintesi la pericolosità degli organismi
marini è in genere il
risultato di comportamenti sbagliati o inadeguati da parte dei subacquei: basta seguire alcune semplici regole, come
quelle di evitare il contatto con il fondo e
con gli organismi e di
tenersi lontano da
tutto ciò che non si
conosce e di coprirsi
con mute o altri indumenti protettivi.
Nel caso di ferite causate da coni, da pesci pietra
e scorpione, dal polpo dagli anelli blu o da serpenti
marini è necessario un immediato intervento medico.
In genere le punture da spine di altri pesci, come lo
scorfano (foto 168) o la tracina (foto 160), vanno trattate subito con acqua il più possibile calda, che quasi
sempre allevia rapidamente il dolore.
Pesce
cobra,
Pterois
volitans,
mostra
le vistose e
pericolose
pinne
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Suddivisione degli ambienti marini
L'ambiente marino viene suddiviso a scopi scientifici secondo molteplici criteri: essi sono la profondità, la vicinanza alla costa, la disponibilità di luce.
Semplificando possiamo distinguere due situazioni: l'ambiente pelagico e i fondali marini. Con il
primo si intende l'insieme delle acque non prossime
alla costa, con il secondo l'insieme del fondo marino e delle acque immediatamente adiacenti.
Gli organismi vengono a loro volta suddivisi in
base alla loro collocazione ed in base al loro rapporto con l'ambiente in plancton, necton e benthos.
Il plancton
0
-40
-200
-5.000
È l'insieme degli organismi che vivono in ambiente pelagico, senza contatto con il fondo e pur potendo possedere capacità proprie di movimento, non
Schema
sono in grado di contrastare i movimenti del mare.
semplificato
Gli organismi planctonici più noti sono le medudella
se, ma nel plancton vive la più grande risorsa prisuddivisione
maria del pianeta costituita da un'enorme biomassa
degli
di vegetali planctonici unicellulari. Sono alghe dei
ambienti
gruppi delle diatomee, dei dinoflagellati, dei coccomarini
litoforidei e di molteplici altri che stanno alla base
delle reti alimentari.
Sono il cosiddetto fitosopralitorale
plancton che garantisce
mesolitorale
la produzione primaria
alta marea
attraverso i processi di
fotosintesi e che si collobassa marea
platea
infralitorale
ca quindi nella fascia di
mare aperto dove la luce
è sufficiente, chiamata
circalitorale
zona fotica.
Formano il plancton
limite della piattaforma continentale
anche organismi animali,
le loro larve e uova: è lo
zooplancton. Una componente fondamentale
dello zooplancton è
costituita da crostacei
che vivono solo in mare
aperto: essi rappresentano il primo livello dei
consumatori ed acquistano energia consumando il
fitoplancton. Sono crostacei i componenti del krill,
la principale fonte di cibo delle balene.
Tutti gli organismi che vivono nel plancton hanno
un problema fondamentale: non cadere sul fondo.
Perciò essi hanno sviluppato adattamenti particolari
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che riducono la velocità di caduta: come l'ombrella
delle meduse che non è altro che un paracadute,
oppure essi hanno appendici che aumentano la
superficie.
Una caratteristica comune a tutti è quella di avere
un alto contenuto d'acqua nei tessuti del corpo in
modo da aver un peso specifico il più possibile pari
a quello dell'ambiente circostante e rallentare così la
caduta.
Gli organismi planctonici visibili ad occhio nudo
sono, oltre alle meduse, tunicati del gruppo dei
taliacei, cnidari coloniali e qualche mollusco dal
corpo trasparente.
Il necton
È l'insieme degli organismi che vivono in ambiente pelagico, capaci di contrastare con il proprio
movimento il moto del mare e quindi di spostarsi
liberamente nella massa d'acqua.
Sono organismi del necton animali marini come i
cetacei, vari gruppi di pesci, alcuni cefalopodi e in
modo non esclusivo i pinnipedi e le tartarughe.
Una caratteristica comune agli organismi nectonici è la forma affusolata ed idrodinamica del corpo:
essi mostrano infatti una notevole convergenza
adattativa al punto che la forma dei cetacei e dei
pesci è molto simile, fatte salve alcune differenze
strutturali ad esempio nell’orientamento della coda,
che nei pesci è disposta lungo l'asse verticale del
corpo, mentre nei cetacei è lungo l'asse orizzontale,
perché deriva dalla posizione delle ossa del bacino,
completamente regredite.
Un'altra caratteristica comune al necton sono le
migrazioni legate a necessità alimentari o riproduttive. Aringhe, sardine, acciughe si spostano periodicamente ed al loro seguito altri animali nectonici
predatori, come tonni, squali e pesci spada si spostano per cibarsi.
Lo squalo
balena,
Rhynchodon
typus,
è un tipico
animale
nectonico
Il benthos
È l'insieme degli organismi che vivono a contatto
con il fondo o nelle sue immediate vicinanze.
Anch'essi sono suddivisi secondo molteplici criteri:
ad esempio fito e zoobenthos, epibenthos e
endobenthos a seconda che gli organismi vivano
sul fondo o dentro il fondo, micro, meio e macrobenthos in base alle dimensioni. L'epifauna a sua
volta viene distinta in sessile quando è fissa per
tutta la vita al fondo, sedentaria quando vive sul
fondo, ma compie brevi spostamenti, vagile quan-
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Ripple
marks
su un
fondale
sabbioso
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do si sposta attivamente strisciando o camminando
sul fondo, natante quando nuota in prossimità del
fondo e da esso dipende per alimentazione, rifugio
o riproduzione.
Il benthos viene suddiviso in piani che comprendono le zone costiere immediatamente sopra il livello del mare fino alle fosse oceaniche.
L'attività dei subacquei si sviluppa quasi esclusivamente nel cosiddetto piano infralitorale, compreso tra il livello della bassa marea e la profondità
di 40 metri. In questa fascia si incontrano i fondi rocciosi mediterranei, le scogliere coralline, le foreste di
kelp, cioè tutti gli ambienti più frequentati ed in fin
dei conti interessanti e dove si concentra la maggioranza delle forme di vita conosciute.
Un aspetto importante del benthos infralitorale è
la struttura del fondo: infatti i fondi incoerenti,
cosiddetti mobili, come sabbie, detrito e fanghi consentono l'insediamento di comunità vegetali ed animali diverse da quelle che invece si insediano sui
fondi duri rocciosi o corallini.
Nel Mediterraneo e negli altri mari del mondo si
individuano alcune comunità o biocenosi caratteristiche, dove per biocenosi deve intendersi l'insieme
degli organismi che per composizione, numero di
specie ed individui corrisponde alle condizioni
medie di un determinato ambiente, legati tra loro da
dipendenza reciproca e che si riproducono in quel
determinato luogo in modo permanente.
Biocenosi dei fondi mobili infralitorali
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La caratteristica dei fondi mobili è quella di essere continuamente rimaneggiati dai movimenti del
mare ed i segni dell'idrodinamismo, maggiore o
minore, sono facilmente rilevabili.
Un idrodinamismo elevato provoca sulla sabbia
caratteristiche onde, chiamate ripple marks, mentre
un basso idrodinamismo è indicato dalla diffusa presenza di tracce di attività animale, come solchi,
accumuli di detriti, fori.
I fondi mobili, soprattutto quando l'idrodinamismo è elevato offrono un terreno ostile all'insediamento delle alghe e perciò la componente vegetale in genere è scarsa e prevalgono gli organismi
animali. Sono predatori che strisciano sulla sabbia,
ci nuotano sopra, vi si infossano oppure si nascondono sotto un sottile strato: essi sono pesci, molluschi, echinodermi, crostacei e tutti hanno colorazioni mimetiche.
L'altra componente fondamentale è quella degli
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endobionti, organismi cioè che vivono perennemente infossati: sono echinodermi, molluschi bivalvi, scafopodi, vermi e cnidari. Alcuni setacciano
sedimento scavando buchi, altri sporgono dalla sabbia con ciuffi di tentacoli. I bivalvi portano all'esterno le estremità dei loro sifoni per pompare acqua.
Solo quando l'idrodinamismo è sufficientemente
basso alcune alghe riescono a insediarsi sui fondi
mobili attraverso strutture specializzate del tallo che
consentono di immobilizzare il sedimento e quindi
l'accrescimento.
Le più facili da osservare nei mari del mondo
sono le caulerpe, che hanno un caratteristico accrescimento a stoloni con propaggini simili a radichette che si ancorano sul sedimento. In Mediterraneo la
specie più diffusa è Caulerpa prolifera (foto 5) dalle
caratteristiche fronde lanceolate verdi. Le zone con
moderato idrodinamismo sono favorevoli anche
all'insediamento delle fanerogame, come la talassia
(Thalassia testudinum) dei Caraibi, le varie specie di
Halophyla del Mar Rosso, la cimodocea (Cymodocea
nodosa, foto 20), simile a sottili fili d'erba, e la posidonia (Posidonia oceanica, foto 19) del
Mediterraneo e dell’Australia.
Prateria di
posidonia
insediata
su matte
Biocenosi delle praterie
di fanerogame marine
Le fanerogame marine colonizzano ambienti
detritici con moderato idrodinamismo, che esse
immobilizzano con le radici e fusti, chiamati rizomi,
che spesso hanno portamento prostrato a stoloni.
Praterie di fanerogame si incontrano in tutti i mari
del mondo e nella fascia tropicale sono in genere
distribuite in zone di basso fondale al margine delle
formazioni coralline.
Le praterie di posidonia del Mediterraneo
hanno una straordinaria rilevanza per la salute complessiva di questo mare. La posidonia cresce non
solo in orizzontale, ma anche in verticale per fuoriuscire dal sedimento che viene intrappolato dalle
foglie: si forma così la matte un insieme di rizomi e
radici morte di posidonia e di detrito: la crescita
della matte può essere di un metro ogni cento anni.
La posidonia per crescere ha bisogno di acque
pulite ed infatti nelle zone vicine allo sbocco di
fiumi viene sostituita da fanerogame più tolleranti,
come la cimodocea.
La posidonia svolge un'importante funzione di
freno all'erosione delle coste perché smorza l'idrodinamismo sui litorali sabbiosi ed impedisce il tra-
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sporto dei sedimenti; in questo senso anche i detriti di posidonia che vengono portati a riva e formano caratteristici accumuli, chiamati banquette, frenano l'erosione delle spiagge.
Nella prateria ogni strato rappresenta un
ecosistema con organismi caratteristici: le foglie
ospitano molti animali sessili come briozoi e idrozoi,
ma anche alghe; nella zona dei rizomi,
la luce attenuata favorisce l'insediamento di alghe ed animali sciafili,
molti dei quali fuoriescono di notte,
come ricci e crostacei.
Anche la matte ospita organismi
caratteristici che vivono infossati nel
sedimento. La ricchezza di forme di
vita ospitate nella prateria fa sì che
essa sia spesso paragonata alla foresta
amazzonica.
Biocenosi dei fondi duri ad
alghe fotofile
Tipico
ambiente
ad alghe
fotofile
mediterraneo
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Nelle zone temperate i fondi rocciosi esposti alla luce sono ricoperti
da alghe che formano a volte un semplice feltro alto qualche centimetro, a
volte come nel caso degli ambienti a
laminarie in Atlantico e nel Pacifico,
formano vere foreste sottomarine che ospitano
sulle fronde una flora ed una fauna molto ricche.
In Mediterraneo i popolamenti ad alghe fotofile sono formati da alghe brune, come le cistoseire, tipiche in zone con elevato idrodinamismo, da
alghe verdi come l'ombrellino di mare (Acetabularia mediterranea, foto 2) o le varie specie di
Codium: tra i molti animali che brucano le
alghe i più caratteristici sono i ricci maschi
(Arbacia lixula, foto 119) e femmina
(Paracentrotus lividus, foto 122) ed il riccio di
prateria (Sphaerechinus granularis, foto 120). I
pesci più comuni sono i tordi, le donzelle, le
castagnole e le salpe.
In questi ambienti si può ben vedere come l'intensità e la qualità della luce incide sulla natura dei
popolamenti. Infatti, nelle zone in ombra cala rapidamente la presenza delle alghe, mentre cresce
quella degli animali: risaltano così gli arancioni, i
gialli delle spugne, le margherite di mare e compaiono gorgonie e madrepore.
Nelle zone in ombra si nascondono pesci come
i re di triglie e le corvine.
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Biocenosi delle scogliere coralline
Nella fascia tropicale la biocenosi delle alghe
fotofile è sostituita dalle scogliere coralline. In
entrambi i casi infatti il popolamento è favorito dalla
luce che consente l'accrescimento delle macroalghe
nelle zone temperate e delle alghe simbionti, le zooxantelle, nelle scogliere coralline. Sono le madrepore, favorite dalla simbiosi con le zooxantelle, a formare straordinarie costruzioni di origine animale.
L'insieme della scogliera corallina è formato, oltre
che dalle madrepore, da altri antozoi come i coralli di
fuoco, da ottocoralli dotati di scheletro calcareo
(Tubipora foto 239), da molluschi bivalvi, come le
grandi tridacne, da anellidi tubicoli ed anche da alghe
calcaree.
Le scogliere coralline sono ambienti di straordinaria ricchezza che ospitano un numero strabiliante
di organismi diversi: esse sono comprese nella fascia
di latitudine tra 30° nord e 30° sud, all'interno della
quale la temperatura non scende mai al di sotto dei
20 gradi. La temperatura ideale per lo sviluppo
delle madrepore è di 23° con un massimo di
28°: recenti fenomeni di sbiancamento (bleaching),
cioè di morte di intere zone di barriera in varie parti
del mondo sono probabilmente da addebitare allo
sviluppo di popolazioni batteriche attivate da temperature per lunghi periodi superiori a 30°.
I coralli hanno bisogno di acque limpide per la
fotosintesi delle zooxantelle e di un idrodinamismo
che consenta adeguati apporti di materia organica e
una sedimentazione non eccessiva.
Le scogliere coralline hanno genesi diverse che
danno origine a strutture di vario tipo:
1) le barriere (barrier reefs) sono strutture nastriformi che si sviluppano lungo tratti di costa a notevole distanza dalla riva e separati da essa da zone
profonde tra 30 e 60 m. È di questo tipo la Grande
Barriera Corallina Australiana, la maggior formazione corallina del mondo composta da oltre 2500 reef
distribuiti su un fronte di 2000 km, con una larghezza massima di circa 250 km.
2) le barriere di frangenti (fringing reefs) sono
caratteristiche dal Mar Rosso e dei Caraibi e sono
formate da una struttura corallina parallela e vicina
alla costa, con un reef interno di solito pianeggiante ed uno esterno che degrada più rapidamente.
3) gli atolli dalla caratteristica forma circolare con
una laguna interna ed una o più aperture (pass) che
mettono in comunicazione con il mare esterno. Gli
atolli derivano da barriere di frangenti sviluppatesi
La laguna
interna
dell’atollo
di Sanganeb
in Sudan,
Mar Rosso
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Le zone scure
indicano la
distribuzione
delle barriere
coralline
nei mari
del mondo
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attorno a formazioni vulcaniche: nel tempo l'isola
vulcanica crolla su se stessa inabissandosi mentre le
barriere crescono irrobustendosi. In alcuni casi la
crescita della barriera e fenomeni di sedimentazione
legati all'azione di maree, correnti e venti porta alla
formazione di zone emerse che sono poi colonizzate da vegetazione terrestre.
4) le piattaforme coralline (erg in egiziano e
thila in maldiviano) sono strutture dalla sommità
piana che crescono verticali all'interno delle lagune
degli atolli oppure nei bassifondi tra i reefs.
Oltre agli organismi sessili che formano la struttura delle diverse formazioni coralline, esse ospitano una straordinaria varietà di organismi vagili e di
pesci legati alle madrepore.
La concentrazione di
forme di vita che gravita
sulle barriere è da addebitare curiosamente alla
povertà di plancton della
fascia tropicale.
Biocenosi del
coralligeno
66
In Mediterraneo nel
piano circalitorale, collocato tra 40 e 200 m di
profondità, si sviluppa
una biocenosi caratteristica dei fondi duri, chiamata coralligeno. Essa è
caratterizzata da una
importante presenza di
organismi sciafili: sono
alghe rosse a tallo calcareo ed animali, in particolare briozoi, spugne, antozoi, tra i quali dominano le gorgonie rosse e gli
alcionari e, alle quote più profonde, il corallo nero
mediterraneo (Gerardia savaglia, foto 39).
Sui fondi molli si forma invece il coralligeno di
piattaforma, generalmente tra i 50 ed i 140 m di
profondità, costituito da concrezionamenti di alghe
calcaree e di animali a scheletro calcareo come i
briozoi: sono anche queste formazioni che ospitano
una grande varietà di organismi, soprattutto animali, e sono conosciute anche con diversi nomi come
grotto, oppure macciotta.
Anche i popolamenti delle grotte oscure sono
considerati parte del coralligeno, nonostante spesso
siano collocate nel piano infralitorale. L'animale
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caratteristico di questo ambiente è il corallo rosso
(Corallium rubrum, foto 54) che si trova anche sul
coralligeno profondo, ma che qui ha il suo ambiente elettivo.
I popolamenti delle grotte hanno una rapida evoluzione mano a mano che si passa dall'avangrotta
alle zone interne, infatti con il calare della luce e dell'idrodinamismo, cala drasticamente la componente
vegetale ed anche quella animale diventa sempre più
sciafila fino a comprendere nelle zone più interne
soltanto poche spugne, briozoi e serpulidi.
Nelle zone più profonde delle grotte scompare
qualsiasi forma di vita sessile e si trovano solo invertebrati vagili e pesci.
I mangrovieti
Nella zona interessata all'escursione
di marea della fascia tropicale corrispondente a quella delle barriere
coralline si sviluppano le formazioni a
mangrovie.
Le mangrovie sono un insieme di
piante di diversi generi e specie che
hanno in comune l'ambiente in cui
vivono e strutture caratteristiche, come
le radici aeree. I mangrovieti sono distribuiti in Atlantico, lungo le coste
orientali dell'America tropicale e lungo
quelle occidentali dell'Africa e
nell'Indo-Pacifico.
La zona sommersa dei mangrovieti ospita una notevole varietà di
forme di vita tipicamente euriterme
ed eurialine.
Pesci caratteristici dei mangrovieti sono i perioftalmidi che
vivono gran parte del loro tempo
fuori dall'acqua sulle radici. Nei
canali delle mangrovie spesso crescono fanerogame tolleranti, come la
cimodocea e la talassia.
Nel Mar dei Caraibi spesso nei
canali delle mangrovie si trovano
notevoli concentrazioni di meduse
del genere Cassiopea, posate sul fondo con i tentacoli rivolti verso la superficie.
Le zone di fondale tra le mangrovie sono tranquille nursery per varie specie di squali e per una
gran quantità di altri organismi, vertebrati ed
invertebrati.
Mangrovie
in una
laguna del
Mar Rosso,
in primo
piano
le radici
aeree
I perioftalmidi vivono
a lungo
fuori dall’acqua
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L’incontro
con le cernie
in
Mediterraneo
è una grande
emozione
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Infine i mangrovieti sono importanti aree di nidificazione per gli uccelli marini e per molte specie di
aironi e cicogne.
Ad esempio nel mangrovieto dell'isola di Barbuda
vi è la più gran colonia di Fregata magnificens di
tutti i Caraibi.
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Vademecum per l’ambiente
Forse ci vuole un po' di tempo per rendersene
conto, ma non esistono altre situazioni che possono
metterci in contatto con la natura come l'immersione
subacquea. Sott'acqua possiamo nuotare con gli animali più grandi del mondo, con i predatori più feroci, ma soprattutto possiamo avvicinare una tale varietà d'organismi viventi come in nessun altro luogo del
pianeta. Quando si raggiunge questa consapevolezza ci si considera dei privilegiati. A questo privilegio
corrisponde anche la responsabilità di conoscere e di
conservare gli ambienti che possiamo visitare, evitando comportamenti, anche involontari, che possano creare danno a qualche organismo.
Senza estremizzare, consideriamo di nuotare sott'acqua come se stessimo camminando in un prato,
con la consapevolezza che se evitiamo qualunque
contatto il danno è ancora minore.
Alcune regole sono ormai divenute comportamenti naturali per molti subacquei esperti e per i
professionisti dell'immersione subacquea. Eccole:
1) In immersione mantieni un assetto neutro, evita
il contatto con il fondo e con gli organismi marini:
senza i guanti starai più attento a dove metti le mani.
2) In prossimità del fondo blocca ogni movimento di mani e pinne e, se devi posarti, controlla che le
tue ginocchia e le pinne non creino danni.
3) Evita di passare sotto le volte o nelle grotte,
potresti urtare e danneggiare gli organismi, inoltre
le bolle d’aria intrappolate sul soffitto causano gravi
danni all’ambiente.
4) Non attaccarti a tartarughe, grandi pesci, o
cetacei, ma nuota con loro, non inseguire gli animali se ti accorgi di recare disturbo.
5) Evita di toccare organismi che non conosci o
che potrebbero essere delicati; non accarezzare i
pesci ed altri organismi, potresti asportare il muco
protettivo che li ricopre e causare lesioni.
6) Non raccogliere dal fondo organismi vivi o
morti, reperti di valore storico o archeologico e oggetti coperti da alghe ed animali.
7) Non acquistare souvenir prodotti con materiali
provenienti dal mare, scoraggerai così la loro raccolta.
8) Non buttare niente in acqua (rifiuti, filtri di
sigaretta, batterie, bottiglie, carta, cibo, ecc): getta i
rifiuti negli appositi contenitori.
9) Continua la tua formazione ed approfondisci la
conoscenza degli ambienti marini, scoprirai che ogni
luogo merita un'immersione e che in ogni fondale c'è
una straordinaria varietà di organismi da scoprire.
Raccogli
solo
immagini
di ciò che
incontri
sott’acqua
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Pagina 70
hai un dubbio?
Vuoi sapere come si
chiama
l’animale che hai
fotografato?
scrivimi ad
[email protected]
ti risponderò
naviga su
www.esaweb.net
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think
the future,
protect
ocean life
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Piccolo glossario
alghe
organismi vegetali unicellulari o pluricellulari privi di vere radici, tronco e
foglie e che non producono nè semi,
nè fiori
anfipodi
ordine di crostacei con il corpo compresso lateralmente
anellidi
tipo di invertebrati al quale appartengono diversi gruppi di vermi
antozoi
cnidari per lo più coloniali con strutture a polipo
ascidie
organismi filtratori del tipo dei cordati
autotrofo organismo che genera sostanza organica mediante la fotosintesi
benthos
insieme degli organismi che vivono
sul fondo o in stretto contatto con esso
bisso
sostanza filamentosa prodotta da alcuni bivalvi, come la nacchera, che serve
per aderire al substrato
bivalvi
classe di molluschi con conchiglia in
due pezzi
briozoi
tipo di invertebrati coloniali
carapace
parte dorsale della corazza delle tartarughe
cefalopodi classe di molluschi alla quale appartengono polpi, seppie e calamari
chemiorecettori cellule o organi con funzione
sensoriale che percepiscono la presenza
di sostanze chimiche
cordati
organismi animali che almeno in uno
stadio della vita posseggono un cordone nervoso sostenuto da una struttura di supporto
cromatofori cellule pigmentate dalle quali dipende
la colorazione di un animale
cnidari
tipo di invertebrati che raggruppa
idrozoi, meduse e coralli, tutti con cellule urticanti nel corpo
echiuridi
tipo di invertebrati dal corpo vermiforme
endemismo specie che ha distribuzione geografica
solo in un'area ristretta e definita
ermafrodita organismo che possiede sia le gonadi
femminili, sia quelle maschili
eurialino
organismo che sopporta variazioni di
salinità
euritermo organismo che sopporta variazioni di
temperatura
falesia
tratto di costa con pareti ripide a strapiombo sul mare
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fanerogama pianta con gli organi riproduttivi visibili
fotofilo
organismo che vive in ambienti ben
illuminati
frangenti
onde che frangono sulla costa rocciosa o sabbiosa, producendo schiuma
gameti
cellule sessuali, maschili e femminili,
che si fondono nel processo di riproduzione sessuata in un'unica cellula,
che moltiplicandosi formerà un individuo
gastrotrichi tipo di invertebrati di piccolissime
dimensioni
gemmazione processo di riproduzione asessuata nel
quale sul corpo di un individuo si formano protuberanze che si accrescono
per poi staccarsi e formare nuovi individui
gonade
ghiandola della riproduzione sessuale
che produce i gameti maschili o femminili
idrodinamismo l'insieme dei movimenti del mare
invertebrati organismi animali, privi di scheletro
interno e che non appartengono al
gruppo dei cordati
madreporario animale coloniale o singolo del
gruppo dei coralli con lo scheletro calcareo rigido
nematocisti cellule urticanti tipiche del tipo degli
cnidari
Niño
perturbazione climatica dell’Oceano
Pacifico, così chiamata perché inizia
in genere nel periodo natalizio, che
inverte la direzione dei venti che normalmente soffiano da est (Alisei) e
che, con l’apporto di acque calde,
blocca l’upwelling lungo le coste
dell’America meridionale e interrompe
l’afflusso dei nutrienti che sostengono
le locali reti alimentari marine. El Niño
inverte anche il clima creando condizioni di aridità in Indonesia e Australia
e di precipitazioni anomale in America
meridionale
nicchia ecologica il posto fisico che un determinato organismo occupa in un ambiente, determinato dalle relazioni complesse che intercorrono con l'ambiente biologico e fisico circostante
nudibranchio mollusco privo di conchiglia, appartenente all'ordine dei nudibranchi
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omocromia forma di mimetismo tipica dei pesci
pelagici basata sulla somiglianza del
colore dell'animale a quella dell'ambiente
pelagico
si dice di organismo che vive in mare
aperto
piastrone parte ventrale della corazza delle tartarughe
platelminti gruppo di vermi dal corpo piatto a
forma di foglia
produzione primaria produzione di materia organica dei vegetali, tramite la sintesi
della clorofilla, sulla quale si basano le
reti alimentari
proterandro specie ermafrodita sequenziale che
sviluppa inizialmente le gonadi
maschili
proterogino specie ermafrodita sequenziale che
sviluppa inizialmente le gonadi femminili
radiazioni luminose l'insieme delle radiazioni che
compongono la luce visibile
reti alimentari l'insieme dei rapporti trofici attraverso i quali avvengono i passaggi di
energia tra gli organismi
rostro
sporgenza anteriore nella corazza dei
crostacei
salinità
quantità di sali minerali disciolti nel
l'acqua di mare, indicata in unità per
mille
sciafilo
organismo che predilige le zone con
illuminazione attenuata
scissione
processo di riproduzione asessuata in
cui l'individuo si divide semplicemente in due
secca
rilevo sottomarino che giunge in prossimità della superficie
sedimento l'insieme delle sostanze solide, di origine organica ed inorganica, che si
deposita per gravità sul fondo del
mare
solco di battente scanalatura orizzontale nelle
pareti rocciose verticali formata dall'erosione delle onde al livello del mare
stenoalino organismo che non sopporta variazioni di salinità
stenotermo organismo che non sopporta variazioni di temperatura
substrato
ogni superficie sulla quale si fissano
piante o animali sessili
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INDICE ANALITICO
74
Acanthaster planci 42-59
Acetabularia
64
Adamsia palliata
53
Aipysurus laevis
46
alghe
16-21-29-49-64-66
alghe brune
22
alghe planctoniche 50-51-60
alghe rosse
23
alghe verdi
22
Allogalathea elegans
41
Amblyrhynchus cristatus 46
Amphiprion
57
anellidi
32-62
anfiossi
43
Anilocra
39
animali
25
anomuri
39
antipatari
29
antozoi
29-65
Apogon
45
aragoste
37-39
Arbacia lixula
64
Argonauta argo
36
artropodi
37
ascidie
43-52-53
ascon
26
assorbimento della luce 49
atolli
17-65
attinie
29-53
autotrofi
51
Axinella
53
balene
46-50
balenottere
46
Balistoides viridescens
58
banquette
64
barracuda
58
barrier reefs
65
becco corneo
37
benthos
61-62
biocenosi
62
bisso
35
bivalvi
35
bleaching
65
Bonellia viridis
31
brachiopodi
40
calamaro
36
calciosponge
26
Calliactis parasitica
53
canocchie
38
capodoglio
47
Carapus acus
43
Carcharhinus wheeleri 58
Caretta caretta
46
Cassiopea
67
Caulerpa prolifera
63
Caulerpa racemosa
57
Caulerpa taxifolia
58
cefalopodi
35
cerianto
29
Chaetodon semilarvatus 57
Chelonia mydas
46
chemiorecettrici
39
chitoni
33
ciguatera
51
cirripedi
38
cistoseire
64
ciuffo branchiale
32
classificazione
19
cnidari
27
Codium
64
commensali
26
commensalismo
53
concentricicloidi
41
conchiglia
34
condroitti
44
copepodi
37
copulazione
55
coralli
29-62
coralligeno
66
coralliomorfari
29
Corallium rubrum
67
correnti
14
crinoidi
41-52
Crocodylus porosus
46
cromatofori
36
crostacei
37
cteni
30
ctenofori
30
Cymodocea nodosa 24-63
Dardanus calidus
53
Darwin
19
decapodi
39
delfini
47
denti di cane
38
Dermochelys coriacea
46
detritivori
52
dimorfismo sessuale
31
Dugong dugong
48
Echeneis naucrates
53
echiuridi
31
elasmobranchi
44
elefanti di mare
48
endobenthos
61
Enhydra ludris
47
entoprocti
61
epibenthos
61
Eretmochelys embricata 46
erg
66
ermafroditi
55
ermafroditi sequenziali 55
esacoralli
29
estinzioni
18
eterotrofi
51
Eupagurus prideauxi
53
eurialini
8
euriterme
11
fanerogame
21-23-48-63
filtratori
52
fiordi
17
fitobenthos
61
foche
48
foronidi
40
fotosintesi
49-50-60-65
frangenti
13
Fregata magnificens
68
fringing reefs
65
funghi
20
gamberi
39
gasteropodi
34
gemmazione
40
Gerardia savaglia
66
gladio
36
gorgonocefali
42
granchi
39
gregarismo
54
grotte
66
Halophila stipulacea
24
Hapalochlaena
37
Hermodice carunculata 32
Holoturia forskali
42
idrocarburi
9
idrodinamismo
21-62
idrozoi
26
inquilinismo
53
inversione sessuale
55
isopodi
39
kelp
22-47-62
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krill
51
laminarie
64
Laticauda colubrina
46
legami idrogeno
3
lepadi
38
Lepidochelys kempi
46
leucon
26
Ligia italica
39
Linckia
41
Linneo
19
lofoforati
40
luce
49
luminescenza
30
lunghezze d'onda
49
Macrocystis pyrifera
23
madrepore
29-54-65
malacostraci
39
mangrovieti
67
mantello
33
maree
16
matte
63
medusa
27
megattere
48
migrazioni
61
Millepora
28
Miniacina miniacea
24
misidacei
39
misticeti
47
Monachus monachus
48
Monachus schauinslandi 48
Monachus tropicalis
48
monere
20
Montalcini Levi Rita 19-37
muta
38
necton
61
Niño
16
nudibranchi
34
Octopus vulgaris
36
odontoceti
47
ofiure
42
oloturie
42
onde
13
opercolo
45
opistobranchi
34
orca
47
osculi
25
osso di seppia
36
osteitti
45
otarie
48
ottocoralli
29
Pagina 75
paguri
39
Pangea
5
Panthalassa
5
Paracentrotus lividus
64
parassitismo
54
Parazoanthus axinellae 53
Pelagia noctiluca
28
Periclimenes
43
perinoto
33
perioftalmidi
67
pesce pietra
59
pesci pagliaccio
57
Phalacrocorax aristotelis 47
Physalia physalis
28
Physeter catodon
47
piani
62
piattaforme coralline
66
piede
33
Pinna nobilis
53
plancton
50
platelminti
18-30
policheti
32
polipo
27
polmonati
34
polpo
36
pori inalanti
25
Posidonia oceanica 24-63
preda
52
predatore
52
prosobranchi
34
protisti
24
Pterois
59
pulci marine
39
pulitori
54
radici aeree
67
radula
35
Remora remora
53
reti alimentari
49
ricci
40
rigenerazione
42
ripple marks
62
riproduzione sessuale
55
salinità
7
scafopodi
33
scaglie
45
scifozoi
28
scogliere coralline
65
seppia
36
sifone atriale
43
sifone branchiale
43
sifoni
35-63
sirenidi
48
specie
19
Sphaerechinus granularis 64
spicole
26
spugne
25
squali
44
stato del mare
12
stelle canestro
42
stelle marine
41
stelle serpentine
42
stenelle
47
stenoalini
8
stenotermi
11
stoloni
29
stomatopodi
39
sycon
26
Synanceia
59
taliacei
43
tartarughe
46
tassonomia
19
temperatura
9
termoclino
12
Tetide
5
Thalassia testudinum
63
thila
66
Thor amboinensis
56
trichechi
48
Trichechus manatus
48
tridacne
35
tsunami
14
tubuli di Cuvier
43
tunicati
43
Tursiops truncatus
47
uccelli
46
upwelling
16
vacchetta di mare
57
vegetali
21
Velella velella
28
ventose
36
vermi
30
vescica natatoria
45
zoantidei
28
zoeci
40
zoidi
40
zoobenthos
61
zooclorelle
54
zooxantelle
29-50-54-65
Zostera marina
24
Zostera noltii
24
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Letture consigliate
Balene e delfini - WÜRZ, REPETTO - Edizioni White
Star, Vercelli
Barriere Coralline - FERRARI - Mondadori, Milano
Biologia Marina - COGNETTI, SARÀ, MAGAZZÙ Edizioni Calderini, Bologna
Conchiglie - GABBI - Edizioni White Star, Vercelli
Coral Reef Animals of the Indopacific - GOSLINER,
BEHRENS, WILLIAMS - Sea Challengers, Monterey
Coral Reef Fishes: Indo-Pacific & Caribbean - LIESKE,
MYERS - Collins Pocket Guide
Crustacea: Guide of the World Shrimps-CrabsLobsters-Mantis shrimps-Amphipods - DEBELIUS Ikan, Frankfurt
Field Guide to Anemonefishes and their Host Sea
Anemones - FAUTIN, ALLEN - Western Australian
Museum, Perth
Guida all'Ambiente Marino della Sardegna TRAINITO - Edizioni il Maestrale, Nuoro
Guida del Subacqueo Naturalista - BIANCHI, MORRI,
DORE - Editrice Archivio Fotografcio Sardo, Nuoro
Indian Ocean Tropical Fish Guide - DEBELIUS - Ikan,
Frankfurt
Indopacific Coral Reef Field Guide - ALLEN, STEENE Tropical Reef Research, Singapore
Invertebrati viventi - PEARSE, PEARSE, BUCHSBAUM,
BUCHSBAUM - Edizioni Zanichelli, Bologna
Inverterbrati: una nuova sintesi - BARNES, CALOW,
OLIVE - Edizioni Zanichelli, Bologna
La Barriera Corallina - MOJETTA - Edizioni White
Star, Vercelli
Le migliori immersioni del mondo - a cura di
E.TRAINITO - Edizioni White Star, Vercelli
Mar Mediterraneo - MOJETTA - Edizioni White Star,
Vercelli
Mediterranean and Atlantic Ocean Fish Guide DEBELIUS - Ikan, Frankfurt
Nudibranchs and sea Snails: Indopacific Field
Guide - DEBELIUS - Ikan, Frankfurt
Reef Coral Identification - HUMANN - New World
Publications, Jacksonville
Reef Creature Identification - HUMANN - New World
Publications, Jacksonville
Reef Fish Identification - HUMANN - New World
Publications, Jacksonville
Squali - MOJETTA - Edizioni White Star, Vercelli
Zoologia: gli invertebrati - R.D.BARNES - Edizioni
Piccin, Padova
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Indice
Acqua, oceani e mari
Un mondo che cambia
Mari chiusi
Fattori che condizionano la vita
Il mare è salato
Un mare tiepido
In perenne movimento
Mare vivo e mare morto
Il mare in discesa
L’andirivieni delle maree
La vita nel mare
Un gioco di scatole cinesi:
la classificazione
Il regno vegetale: alghe e fanerogame
Il regno dei protisti: un piccolo gigante
Il regno animale
Semplice efficienza: le spugne
Le ortiche del mare: i cnidari
Gli idrozoi
Gli scifozoi
Animali come fiori: gli antozoi
Fatti d’acqua: gli ctenofori
Diversi ma comunque vermi
Antenati a sorpresa: i platelminti
Questioni di sesso: gli echiuridi
Veri vermi: gli anellidi
Architetti, arlecchini e trasformisti:
i molluschi
I chitoni
Gli scafopodi
I gasteropodi
I bivalvi
I cefalopodi
Invertebrati di successo:
gli artropodi ed i crostacei
Crostacei sedentari: i cirripedi
Straordinaria diversità: i malacostraci
Animali muschio
La vita sulle spine: gli echinodermi
I gigli di mare
Le stelle marine
Le ofiure
I ricci
Le oloturie
Crescente complessità: i cordati
I tunicati
I vertebrati marini
I pesci cartilaginei
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I pesci ossei
I rettili
Gli uccelli
I mammiferi
I cetacei
I pinnipedi
I sirenidi
Gli ambienti marini
La luce
Produttori e consumatori
Prede e predatori
L’unione fa la forza
Strategie riproduttive
Colori e mimetismo
Indigeni e alieni
Attenzione pericolo!
Suddivisione degli ambienti marini
Il plancton
Il necton
Il benthos
Biocenosi dei fondi mobili infralitorali
Biocenosi delle praterie
di fanerogame marine
Biocenosi dei fondi duri
ad alghe fotofile
Biocenosi delle scogliere coralline
Biocenosi del coralligeno
I mangrovieti
Vademecum per l’ambiente
Piccolo glossario
Indice analitico
Letture consigliate
Indice
Guida di riconoscimento
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