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Investire nella Qualità della vita
n n Musica Applausi a scena aperta per Les Troyens di McVicar e bacchetta di Pappano
Berlioz scalda La Scala
Ottimo Gregory Kunde (Enea). Da manuale la Cassandra di Antonacci
di Giuseppe Pennisi
P
rimo vero trionfo della stagione scaligera condiviso da
platea, palchi e loggione e suggellato da un quarto d’ora
d’ovazioni dopo circa sei ore in teatro. Les Troyens è
un vero colpo d’ala in una stagione in cui alcune riprese
piuttosto pallide sono state affiancate da nuove produzioni a
cui parte del pubblico ha reagito con proteste. È la quarta volta
che l’opera, completata da Hector Berlioz nel 1858 (ma di cui
esiste un’edizioni critica dal 1957) approda a Milano, dove si
replica fino al 30 aprile. Si tratta di un lavoro smisurato con
un’orchestra enorme di 22 solisti, corpo di ballo, mimi e partii
impervie per i tre protagonisti. Berlioz, appassionato dell’Italiaa
e lettore avido di Virgilio, aveva concepito il lavoro negli annii
del secondo Impero, come una tragédie lyrique da contrapporree
al melodramma verdiano, al grand opéra e soprattutto al musi-kdrama wagneriano che all’epoca acquistava sempre maggiorii
seguaci in Francia. La messa in scena richiede un complessoo
e costoso apparato scenico (l’ingresso del Cavallo nelle Muraa
di Troia, l’incendio della città, l’approdo delle navi troiane a
Cartagine, una caccia reale, una tempesta, partenza della flottaa
troiana verso l’Italia, olocausto di Didone con tanto di pira)..
Vennero messi in scena, con l’autore ancora vivente, solo i tree
ultimi atti in un’opera chiamata Les Troyens à Carthage. I
a
due primi atti furono pubblicati separatamente con il titolo La
Prise de Troye. Le due opere furono presentate in un unicoo
lavoro, soprattutto in Germania operando numerosi tagli e in-terpolazioni. Al Teatro alla Scala questa è solo la quarta voltaa
in cui Les Troyens va in scena. L’edizione attuale è anch’essaa
il frutto della collaborazione di vari importanti teatri (al fine dii
condividere e ammortizzare i costi): ha debuttato al Covent
Garden a Londra, e dopo la tappa di Milano andrà a Vienna e a
San Francisco. È, inoltre, il frutto di accordi con case televisive
e probabilmente si vedrà nelle sale cinematografiche in una
programmazione mondiale.
Il pubblico del Metropolitan e di San Francisco, nonché della
stessa Scala, non apprezza regie innovative. L’allestimento di
David McVicar (scene di Es Devlin, costumi di Moritz Junge, luci
di Wolfgang Goebble, coreografia di Lynne Page) non cade nel colossal hollywoodiano alla Quo Vadis: l’azione è spostata all’epoca
di Berlioz, con i primi due atti in un contesto che potrebbe essere
la guerra franco-prussiana, e gli ultimi tre in un Nord Africa che
ricorda quello dei primi imperi coloniali. Lo spettacolo utilizza
tutte le tecnologie sceniche disponibili. La drammaturgia è in
piena sintonia con la bacchetta di Antonio Pappano, fedelissimo
a una partitura basata sulle grandi ope
opere imperiali di Spontini.
Pappano e McV
McVicar hanno una grande
schiera di canta
cantanti-attori. Primeggiano
Gregory Kunde, un Enea eroico, innamorato ma consapevole
cons
del suo dovere
sociale. Kunde h
ha un ruolo difficile in cui
giunge al «Si na
naturale» e regala, oltre a
splendidi acut
acuti, magnifici legati. Anna
Caterina Antonacci
An
è una Cassandra da ma
manuale per i registri gravi a cui d
discende e la stupenda
recitazio
recitazione.
Impervia la parte
di Danie
Daniela Barcellona (Didone)
se
quasi sempre
in scena nei tre
atti a Cartagine; la affronta
con sicurezza entusiasmando il pubblico
sia nel grande duetto del quarto atto sia
nei drammaticissimi
secondo e terzo quad del quinto atto. (ridro
produ
produzione
riservata)
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