Le premesse contrattuali e la presupposizione cosa occorre sapere

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cosa occorre sapere per...
a cura dello Studio Legale Cocuzza & Associati di Milano
Le premesse contrattuali e la presupposizione
L
e premesse contrattuali non godono di grande popolarità, né tra i legali che le
devono predisporre né tra chi i contratti li deve negoziare. Nei testi standard
vengono spesso copiate e incollate; a volte risultano imprecise, altre volte gravemente carenti. Ma che funzione hanno esattamente le premesse contrattuali e
come mai in realtà è di centrale importanza che esse siano veritiere, puntuali e
complete? In primo luogo, come è ovvio, le premesse rivestono l’indispensabile
funzione di rappresentare il background in cui si inserisce il contratto. Esse “raccontano
la storia” che ha portato alla sottoscrizione di quel determinato accordo, a beneficio
delle parti stesse per guidarne l’esecuzione, oppure dei terzi, o del giudice qualora
ne scaturisse un contenzioso. Considerato che un buon contratto risulta relativamente
asciutto nelle sue disposizioni, non potendosi e non dovendosi far riferimento,
all’interno di ciascuna clausola, alla genesi di quella determinata pattuizione, le
premesse costituiscono a buon titolo l’unica occasione per farlo. Chiunque prenda in
mano quel determinato documento potrà pertanto, lette le premesse, meglio comprendere l’origine e il motivo di determinate pattuizioni. In sede di premesse si coglie
inoltre spesso l’occasione di fornire definizioni, così che una determinata parola,
ripresa poi in maiuscolo nel testo del contratto, rivesta esattamente quel significato
senza che vi sia la necessità di specificare nuovamente quale esso sia, con grande risparmio di inchiostro. Ma in aggiunta a quanto sopra vi è ancora un motivo ulteriore
per redigere diligentemente le premesse: si tratta di una teoria giuridica relegata un
po’ a margine dei manuali di diritto civile, ma di immediata utilità in determinate circostanze: la cosiddetta “presupposizione”. Nel contratto i motivi (cioè le ragioni
concrete per cui un soggetto decida di concludere un contratto) non rilevano,
sempre che, naturalmente, essi non entrino espressamente a far parte del tessuto
contrattuale. Ciò significa che le parti possono pretendere di trarre dal contratto solo
e unicamente le utilità che risultano dal testo, a nulla rilevando finalità ulteriori. Ciò
a vantaggio della certezza dei negozi giuridici, principio cardine del nostro ordinamento:
chiunque contragga deve poter fare affidamento su quanto sottoscritto, al riparo dal
rischio che la sua controparte faccia “saltare” il contratto adducendo il mancato
verificarsi di circostanze soggettivamente attese. In generale è opportuno pertanto
che se una parte si attende qualcosa di specifico che è per essa essenziale, lo
specifichi chiaramente nel testo. Per fare un esempio, nel mondo dei centri
commerciali, spesso i tenant chiedono l’inserimento nel contratto del subentro nella
licenza commerciale quale condizione contrattuale, così che in mancanza, il contratto rimarrebbe privo di effetti (o li perderebbe nel caso di
condizione risolutiva). In questo modo la motivazione soggettiva viene incorporata nel contratto.
Vi sono casi in cui tuttavia non è possibile od opportuno esplicitare in modo così netto i motivi,
eppure dottrina e giurisprudenza trovano il
modo, in certi casi, di farli riemergere. Si tratta
della teoria della presupposizione (su cui tuttavia esiste diversità di vedute sia in
dottrina sia in giurisprudenza) che conferisce rilevanza alla rappresentazione mentale
non esplicitata in contratto, accertabile in sede interpretativa, che costituisce tuttavia
chiaramente il fondamento contrattuale. È necessario che un determinato fatto, indipendente dalla volontà delle parti, sia sottinteso e deducibile dal contesto del
negozio. Possono così confluire nella presupposizione sia valutazioni comuni a
entrambi le parti, sia di uno solo dei contraenti, a patto però che esse siano
conosciute o conoscibili dalla controparte. Per riprendere l’esempio fatto sopra,
anche nel silenzio delle parti, una sentenza – piuttosto risalente – della corte di
appello di Milano ha concesso a un operatore di supermercati di svincolarsi da un
contratto di locazione per mancato ottenimento della licenza commerciale in quanto
tale fatto – a parere della Corte – ne costituiva evidentemente presupposizione.
Quanto detto ci riporta a quanto più sopra notato in tema di premesse. Infatti, esse
rappresentano, all’interno del contratto, il luogo naturale ove far confluire i
presupposti che, ove non realizzati, farebbero venir meno l’interesse all’esecuzione
del contratto. Ecco dunque che le premesse recuperano una funzione centrale nell’economia contrattuale, e frasi del tipo “Le premesse e gli allegati formano parte integrante e vincolante del presente contratto” non saranno solo clausole di stile, ma
veri e propri indici della volontà che quanto indicato in premessa regoli effettivamente
i rapporti tra i contraenti in seno a quel determinato accordo. In conclusione, è
importante non dimenticare che, ove possibile, l’esplicitazione della circostanza
fondante in condizione od obbligazione rimane certamente l’opzione preferibile in
quanto decisamente più sicura.
Avv. Alessandro Barzaghi
RETAILIZATION
SFIDE, SCENARI E STRATEGIE DEL RETAIL NEL LUSSO-MODA
La vera sfida del retail sarà sempre sugli aspetti hard, ma gli aspetti soft diventeranno sempre più importanti
da governare e saranno sempre più rilevanti per imporre una vera esclusività. Emanuele Sacerdote
descrive gli aspetti più rilevanti che contraddistinguono il retail nel lusso-moda partendo dalle sfide
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che vogliano formarsi una visione complessiva del mercato lusso-moda. I temi trattati spaziano dall'esperienza nel punto vendita alla cerimonia di vendita, alla multicanalità e all'omnichannel, al CRM
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alla gestione del personale.
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retail&food - gennaio/febbraio 2016
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